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Coronavirus | L’invisibile visibile

Una delle molte definizioni di "invisibile" suggerite dalla Treccani  è "Di cose che, per la loro distanza e piccolezza o per loro intrinseca natura, non si riesce a percepire con la vista, ma possono per lo più essere percepite con l’aiuto di strumenti. La definizione calza a pennello al COVID-19. Il contrario è "visibile", dove ogni precisazione del termine diventa superflua.

Questi due aggettivi, visibile ed invisibile, se utilizzati insieme a due sostantivi in questo periodo di coronavirus, assumono un significato più ampio, che trascende dall'attualità del momento.

La visibilità empatica.
Sono coloro che hanno visto, e senza il microscopio, il virus nelle immagini delle bare caricate sui camion militari e trasportate di notte fuori Bergamo, nei video degli anziani dimenticati nelle RSA, nell'infermiera dormiente sulla tastiera, nelle corsie degli ospedali con i medici protetti da sacchi per l'immondizia o grembiuli da macellaio, nelle lacrime di coloro che non hanno potuto dare alla persona cara l'ultimo saluto. Coscienti del particolare momento che stiamo attraversando, cercano di applicare con cura le indicazioni fornite per limitare il contagio, spesso più per non rischiare di contagiare altri più che di essere contagiati.

L'invisibilità apatica


Protetti nel loro guscio dagli scudi apatici, nulla li scalfisce.
La pandemia? Un'esagerazione. I contagiati? Cosa vuoi che siano due linee di febbre. I numeri dei ricoverati, contagiati, in terapia intensiva, deceduti? Numeri, appunto. La mascherina? Pronta all'uso in caso di possibile sanzione. Guanti? Ma lascia perdere. La distanza di sicurezza? nessun problema: la applicavo già prima dell'epidemia.
Solo in pochi casi gli scudi apatici allentano la loro resistenza, lasciando penetrare le emozioni. Si tratta di casi riscontrati su pochissime persone, solitamente familiari (solo i più stretti) e gli amici (quei pochi definibili tali).
Le barriere apatiche si richiudono rapidamente e solo in pochissimi casi fra i pochi ammessi scatta la richiesta di aggiornamenti sul decorso della malattia, solitamente una volta nell'arco di due o tre giorni.

Queste categorie esistevano già prima dell'arrivo del virus, la pandemia ha solo accentuato queste diverse percezioni, rendendo l'empatia/apatia delle persone più chiara e netta.

Forse l'unico vero vantaggio della pandemia: sapere con chi abbiamo a che fare.

Foto di fernando zhiminaicela da Pixabay 

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