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Carcere Verità

Carcere Verità

Io sono una persona cattiva.
Almeno da quando ho deciso di assumere il nome che sta scritto a sinistra della pagina: Carcere Verità.
Ma non lo sono sempre stata. Nasco come una persona normale: estratta a sorte dalla schiera di persone “perbene”; brava ragazza; cittadina italiana tipo; una laurea con 110 e lode; un master e un posto fisso; tasse pagate; due multe in sedici anni di patente.
Non posso invece dire lo stesso per mio marito. E’ evidente che ci siamo scelti secondo la legge degli opposti che si attraggono: marocchino; immigrato irregolare; scolarizzato quanto basta; pessimo carattere; lavori precari o inesistenti; master in vita di strada. “Malik al-mulk”: il re del regno e il suo regno erano due dei posti più “shic” di Milano: via Padova e piazzale Corvetto (chi li conosce, mi ha già capita).
Finale della bella favola d’amore? Un giorno davanti a un giudice: condanna a nove anni, svariati mesi e qualche giorno… e vissero felici e contenti… lei a casa e lui in galera.
Più che il finale, questo è l’inizio della storia.
Che io fossi la buona e lui il cattivo, è stato chiaro fino al sesto anno di carcere, quando per voglia o per forza, sono stata costretta a guardare in faccia una realtà, che di solito le persone “perbene” come me, non conoscono: la realtà di violenza, sottomissione e omertà, che passa davanti dagli occhi di chi il carcere lo guarda da dentro a fuori.
Da quel momento ho capito che non potevo restare a guardare, incastonata nel mio ruolo di persona buona: era necessario diventare cattiva.
Era necessario abbandonare quelle miniere di silenzio accumulate e cominciare a parlare. Così ho deciso di crearmi un piccolo orto di parole.
Questo blog è il mio orto.
 
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  • Primo articolo mercoledì 07 Luglio 2015
  • Moderatore da lunedì 08 Agosto 2015
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Ultimi commenti

  • Di Carcere Verità (---.---.---.10) 23 agosto 2015 23:19
    Carcere Verità

    Il carcere non redime: non è una regola generale. Ma la "redenzione" dipende più da un’attitudine personale e soggettiva, che da un sistema ben organizzato.

    Le iniziative encomiabili del carcere esistono e hanno già il loro spazio nell’informazione pubblica. Non si può dire altrettanto delle violazioni (sovraffollamento a parte). Vale la pena parlarne, perché il silenzio le copre e incoraggia.

    Mi è molto piaciuta la sua ultima frase:

    "Questa società più mette regole e paletti per scongiurare il male, più diviene disumana"

    Perché nel continuare a costruire regole, si dimentica dell’ideale umano, che dovrebbe ispirarle!

  • Di Carcere Verità (---.---.---.10) 20 agosto 2015 16:26
    Carcere Verità

    Buongiorno, sono l’autrice dell’articolo. La ringrazio per aver dissentito in maniera così educata: mi soddisfa di più, quando desto critiche, perché stimolano la discussione.

    Nell’articolo dico tra cose:

    1. nessuna forza ha il diritto di strappare un figlio alla propria madre (anche con pretesi "fin di bene")

    2. non mi interessa stabilire se loro due possano o meno fare i genitori

    3. la più importante: lo Stato è il primo a credere di non essere in grado di migliorare le persone che arresta e condanna.

    Il mio blog nasce proprio per denunciare l’inutilità del carcere e questo fatto di cronaca dimostra come gli stessi magistrati siano i primi a non credere nel ruolo sociale del carcere (la Costituzione affida alla pena il compito di rieducare...non dimentichiamolo).

    Ma invece che dirlo apertamente, celano il loro pensiero dietro questi provvedimenti, che tra le righe dicono: anche se rimarranno 14 anni sotto la tutela dello Stato, questi due non miglioreranno di certo, come persone.

    Per finire, "buonista", per me è come "perbenista", sono due aggettivi che non mi si addicono: sono convinta e lo ripeto: nessuna forza ha il diritto di strappare un figlio alla madre. E’ semplice umanità e non buonismo.

    La ringrazio ancora per il commento e spero di leggerne altri, in futuro.

    Emanuela


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