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Carcere: detenuto denuncia violente percosse! Picchiato con una stampella, e non siamo in Egitto!

Il senso di impotenza è forte e ogni volta che ricevo una telefonata come questa, un pezzetto di forza, va a farsi benedire e mi pare che la fine di tutto sia lontana e inarrivabile! Ma dove sbagliamo? Cosa non riusciamo a fare come si deve? Perché ci dimeniamo tanto e non riusciamo ad ottenere niente?

Perché ancora mi deve arrivare la notizia che delle persone in divisa sono entrate nella cella di Rachid e si sono sfogate, con stampella e idranti, a malmenarlo? E ancora devo allertare l’avvocato e ancora devo sperare che la Procura si interessi e ancora, e ancora…?

Sbaglia Rachid? Sicuramente, perché dovrebbe ammettere di essere il debole, invece che ostinarsi a imporre la sua verità, come se parlasse all’istituzione, da pari a pari.

Sbaglio io? Forse si, perché dopo aver tentato tutte le strade “canoniche”, dovrei intraprendere percorsi più spettacolari, come uno sciopero della fame, documentato sui social, con scatti che mostrino il mio graduale deperimento. O incatenarmi davanti al ministero della Giustizia, insieme ai miei gatti (che farebbero più effetto di me).

Sbaglia l’avvocato? E’ facile dare la colpa all’avvocato, perché si sa, che anche se fanno tanto, gli avvocati potrebbero fare di più. Ma dopo essersi dedicati alle udienze; ad aver compilato istanze; dopo aver presentato memoriali; informato la stampa e aver fatto indagini al posto della Procura, non mi sento di incolparli.

Da una anno e mezzo il contenuto delle intercettazioni è noto.

Da sei mesi la procura di Parma, che pur chiede l’archiviazione, non ne ha messo in dubbio l’originalità.

Da tre mesi che il M5S ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro Orlando, su quanto raccolto da Rachid.

E cosa è stato fatto dallo Stato?

Niente.

Quello che si è ottenuto, è stato solo per la nostra (di Rachid, dell’avvocato e mia) ostinazione ad andare avanti.

E’ stato chiesto di attuare delle misure di sicurezza per Rachid e nessuno ha risposto, a partire dallo stesso portavoce del ministro, che ha ignorato questo punto dell’interrogazione, non ritenendolo degno di risposta.

E’ stato richiesto il trasferimento in un istituto capace di attuare un vero percorso rieducativo e di reinserimento. E di tutta risposta è stato trasferito da un reparto di isolamento all’altro. Per non dare l’idea che dopo tutto il “casino”, Assarag veniva “premiato”.

E quando a Piacenza è stato richiesto l’intervento degli educatori, si è fatto avanti un medico, che ha prescritto a Rachid un farmaco, impiegato nella gestione delle crisi d’astinenza nei tossicodipendenti, per stenderlo e togliersi il problema.

Quando sono stati chiesti i domiciliari, i giudici li hanno rigettati, perché otto anni fa, in occasione di un’udienza a Como, Rachid tentò la fuga. Non importa che siano passati più di cinque anni e un numero incalcolabile di altre udienze, in cui MAI Rachid ha tentato di scappare.

La colpa non è né di Rachid, né mia, né dell’avvocato. Se non per il fatto che andiamo avanti a denunciare, senza cedere all’IPOCRISIA e alle adulazioni, per garantirci un protettore.

La colpa è dello Stato, che sta solo aspettando che Rachid muoia, per magari ergerlo a paladino di una giustizia, che arriva sempre post-mortem! Ovvero, quando una persona scomoda, smette una volta per tutte di dare fastidio e si presta meglio a diventare un’icona!

Pare che abbiano già preparato il set: a un detenuto “scrivano”, è stato chiesto di scrivere un biglietto di commiato, da parte di Rachid, in cui annuncerebbe la sua intenzione di togliersi la vita…

Sempre in prima linea. Sempre in trincea. Ma fino a quando? E non siamo in Egitto…

Questo articolo è stato pubblicato qui

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