• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Salute > Alzheimer: in Italia 800 mila vittime di questa malattia incurabile

Alzheimer: in Italia 800 mila vittime di questa malattia incurabile

800 mila persone in Italia sono vittime del morbo d’Alzheimer, malattia per la quale ancora non si conoscono rimedi e della quale si ha paura di parlare, sui giornali, in tv e al cinema.

Dopo il progetto proposto dal Museum of Modern Art di New York, anche la Galleria d'Arte Moderna presenta i risultati de "La memoria del bello": per i malati e le famiglie.

Parlare d’Alzheimer fa paura. C’è chi pensa sia contagioso, c’è chi se ne vergogna, c'è chi lo tiene a distanza, c’è chi fa finta di ignorarne l’esistenza.

Eppure c’è, esiste ed è tra noi. Spesso lo incontriamo in uno sguardo lontano, nell’incertezza di una manovra, nello smarrimento di un anziano. Ma lo attribuiamo ad altro, lo "attacchiamo", lo maltrattiamo, lo ingiuriamo. Perché ci fa paura pensare che un giorno, quel male oscuro, possa venirci a trovare.

Solo in Italia sono 800 mila le persone colpite da questa patologia. E 800 mila persone significa che sono coinvolte 800 mila famiglie. E 800 mila famiglie significa che sono milioni gli italiani che vivono quotidianamente a contatto con questo ospite sconosciuto.

Io e l' Alzheimer

Quando ti dicono che tuo padre un giorno non ti riconoscerà più, non capisci. Non credi sia possibile. Un giorno tornerai a casa e, guardandoti con aria indifferente, ti di dirà: "scusi, lei chi è?". E' un giorno che sembra lontano. E, allora, continui a comportarti normalmente; ad "arrabbiarti" se vedi che inizia a dimenticare le cose, a far pasticci, a confondere gli oggetti, a non sapersi allacciare le scarpe, a non sapersi vestire, a non riconoscere i sanitari.

A volte ti sorride, quando si rende conto che qualcosa non va. A volte si "ribella" inutilmente a questo enorme buco nero che cresce sempre di più nella sua testa, perché non può accettare che ora dipende da altre persone. Ha solo 60 anni e tutti i suoi giorni si ripetono uguali. A volte mi viene in mente quando vivevamo insieme: eravamo in 4, felici, una famiglia serena.

Eravamo solo noi 4 al mondo, tutto cominciava e finiva nella nostra casa. E poi mi viene in mente quel 31 dicembre del 1997 quando mia madre, di ritorno da una visita neurologica, ci disse che papà aveva l'Alzheimer. Allora non sapevo neanche cosa significasse. Poi l'ho imparato. Giorno per giorno. Fino a quel giovedì sera: in attesa di mangiare mi domandò: "Come va? tutto bene?", ed io ricordo che gli risposi un po' sostenuta: ero stanca, io e mia madre non riuscivamo più a raccapezzarci, a stare dietro all'evolversi della malattia.

Il giorno dopo, quando mi sono svegliata, non mi riconosceva più. Ma poi negli anni ho imparato a ballare e a correre con lui, a ridere insieme, ad amarlo anche così, nella sua assenza. A volte, non rideva, ma si girava e se ne andava lontano, nel suo mondo, dove io non potevo raggiungerlo.

Si parla sempre più di demenza senile, una malattia che è facilmente individuabile - basta solo un test psicologico -, ma che spesso viene confusa, anche dai medici, con la depressione o con l'arteriosclerosi. Eppure proprio una diagnosi precoce significherebbe regalare un giorno in più di coscienza.

I medicinali, infatti, non fanno guarire, ma possono rallentare la malattia. Molte le sperimentazioni in atto che, tuttavia, non hanno portato alla scoperta di un farmaco miracoloso. Se qualcosa è stato fatto negli ultimi anni, questo è dipeso anche dall'interessamento dimostrato da alcuni personaggi famosi colpiti in prima persona. Come l'ex Presidente americano Ronald Reagan o, più recentemente, Peter Falk, il Tenente Colombo. Ma molto di più si potrebbe fare, parlando, raccontando, condividendo.

Abbiamo bisogno di...

Moltissime sono le famiglie colpite direttamente o indirettamente da questo tipo di male. E ognuno la affronta come può. Chi con coraggio, chi con paura, chi senza speranza, chi con vergogna, chi con fede, chi con rabbia. Ma tutte hanno un elemento che le accomuna: la solitudine. Siamo soli all'inizio. Siamo soli al momento della diagnosi. Siamo soli in ospedale durante i ricoveri sempre più frequenti. Siamo soli davanti ai medici. Soli nel silenzio delle nostre case. Ciò che manca è il sostegno psicologico ed anche economico, l'attenzione maggiore verso delle persone che perdono coscienza di sé.

Le associazioni di volontariato, le strutture diurne presenti in Italia poco possono fare per alleviare da un dramma che condiziona ogni singolo momento della giornata. Sarebbe necessaria la fisioterapia, la musicoterapia (solo la musica sembra avere la capacità di parlare alla memoria più antica che è presente dentro di noi), qualcuno che li faccia ballare e sorridere e non soffrire più di quanto già soffrono.

Una malattia che cresce nel 2050 un nuovo caso ogni 33 secondi

Invecchia la popolazione e aumenta l'esercito delle persone affette da demenza di vario tipo: ad oggi sono 800 mila e il loro numero raddoppierà entro il 2050, un nuovo caso ogni 33 secondi. Secondo lo Studio Axept, importante progetto europeo promosso da Novartis, che ha coinvolto oltre 2.000 pazienti e relativi assistenti, metà dei quali italiani, le famiglie si trovano ad affrontare da sole questo peso sociale, psicologico ed economico, anche per gli aspetti più critici come la gestione della terapia.

In Italia ai malati corrispondono almeno altrettanti caregiver, coinvolti nel 70% della gestione dell'attività terapeutica, in prima analisi quella farmacologica. In oltre il 95% dei casi a svolgere questo ruolo è un familiare del malato e in un caso su due un figlio o più spesso una figlia: il 72% dei caregiver è di sesso femminile. I dati statistici della Linea Verde Alzheimer (800 679679) dell’AIMA offrono uno spaccato drammatico della vita delle famiglie sulle quali, senza competenze e senza strumenti, è riversata tutta la responsabilità della cura del paziente.

L’unico dato che chi assiste può rilevare è quello relativo al benessere del paziente, ma al di là di questo, che la terapia sia efficace o meno, il caregiver non ha nessuno a cui rivolgersi, essendo le UVA (Unità di Valutazione Alzheimer) oberate di lavoro.

Il progetto "La memoria del bello"

La bellezza come valore assoluto, in grado di accendere in qualsiasi persona emozioni antiche, dimenticate, perdute, forse, per sempre. Partendo dall'idea che essa è capace di andare al di là dello spazio e del tempo, 5 anni fa, il MoMA, Museum of Modern Art di New York, ha avviato un progetto per migliorare la vita non solo dei malati di Alzheimer, ma anche dei familiari.

Dopo i risultati positivi ottenuti oltre oceano, anche l'Italia ci ha provato con la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. E venerdì 14 ottobre saranno presentati i risultati di un lavoro avviato in collaborazione con il Museo di New York e che ha avuto luogo tra marzo e maggio 2011.

Si tratta di un progetto di tipo sperimentale, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e col Policlinico Gemelli, intitolato "La memoria del bello". Il progetto si è articolato in due cicli di visite, di tre incontri ciascuno, durante i quali i gruppi di pazienti, con i relativi accompagnatori, sono stati sollecitati ad instaurare un rapporto diretto con l’opera d’arte, richiamando il ricordo del proprio vissuto, attraverso l’osservazione dei soggetti rappresentati e lo scambio di idee.

La verifica dei risultati è stata effettuata presso la struttura ospedaliera del Policlinico A. Gemelli, dove i pazienti sono stati sottoposti a test valutativi di tipo neuropsicologico e psico-comportamentale.

La valutazione del progetto, curata dall'Osservatorio sui visitatori della GNAM, è finalizzata a valutare l'impatto emotivo dei visitatori malati di Alzheimer in relazione all'esperienza museale e alla ricezione delle opere d'arte figurativa (Info: www.gnam.beniculturali.it/).

 


 

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares