Un po’ di luce - documentario
"Un po’ di luce", vuole essere un omaggio alle voci, quelle dei nostri genitori e dei nostri nonni, che hanno cercato di trasmetterci le loro drammatiche esperienze del dopoguerra nel Mezzogiorno, ma che hanno trovato solo interlocutori sordi e distratti.
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Il film documentario "Un po’ di luce" di Pietro Annicchiarico, della durata di un’ora, prodotto dall’I.I.S Don Milani- Pertini, dall’Associazione La Banna e finanziato dall’Assessorato alla P.I. della Provincia di Taranto, ci porta a compiere un salto in un passato recente ma inimmaginabile oggi nel 2009. Gli anni tra il 1950 e il 1960 a Grottaglie in provincia di Taranto, sono stati tempi in cui non c’erano le fognature e niente era scontato, nemmeno che il pane fosse presente in ogni casa.
Intanto il patriarcato conservava la sua tradizione millenaria e solo a partire dal1968 gli studenti, gli operai e le femministe, con una durissima lotta, riuscirono a spazzarlo via, mettendo in discussione finalmente l’autoritarismo che lo animava.
I padri, allora, imperavano con le maniere forti sulla testa dei figli. Nascere poveri contadini non aiutava a sognare un futuro diverso da quello per cui si era stati programmati. I pochi sognatori che osavano cambiare le proprie sorti, anche se autorizzati dai genitori, dovevano combattere i pregiudizi e le ostilità di chi proprio non voleva che anche il contadino avesse il figlio dottore.
Le differenze sociali ed economiche erano evidenti e accettate come fatto naturale proprio nel luogo dove, in teoria, si dovevano far sviluppare le coscienze civiche: la scuola. Quest’ultima era usata dalla classe politica e intellettuale, per replicare le discriminazioni già presenti nella società, che vedeva nettamente distinti i percorsi di emancipazione pensati per figli dei professionisti o comunque di chi aveva uno stipendio statale, con quelli di pura sussistenza riservati ai poveri, figli di contadini e operai a cui non era consigliato proseguire gli studi. Erano le classi differenziali, proprio come quelle che la Lega ripropone per i figli dei migranti.
La nascita del sindacato e la forte spinta del movimento contadino e proletario permise ai braccianti grottagliesi e di tutto il meridione, di raggiungere una chiara consapevolezza dei propri diritti fondamentali: il diritto alla pensione, a un orario di lavoro umano e, non ultimo, a un salario dignitoso.
Nel film non mancano momenti di riflessione sulla pervasività del bigottismo sessuale, che imponeva distanze prossemiche per niente intime ai fidanzati e un iper-controllo genitoriale che sfiorava l’ossessione paranoica.
Né mancano gli accenni a fatti storici che hanno rivelato una eccezionale religiosità popolare, sfociata in una rivolta nel 1961, allorquando le alte cariche ecclesiastiche decisero di cambiare il luogo di deposito della statua di San Ciro, il santo patrono di Grottaglie. Per riparare al danno si dovette cedere a una processione penitenziale, che vide protagonista di una brutta avventura, il senatore Gaspare Pignatelli.
Il film si conclude con il doppio sogno, quello abortito dei pochi goliardi universitari grottagliesi, che dovettero indebitarsi per aver organizzato una festa danzante andata male e quello semplice e immediato delle giovani contadine, che al riparo dalle cattive condizioni atmosferiche, che non permettevano di proseguire il lavoro, danzavano al suono del vecchio grammofono a manovella. A pioggia cessata, ci dirà nel documentario una testimone del tempo, alle contadine toccava fare ritorno dalla campagna alle proprie case, rigorosamente a piedi.
"Un po’ di luce", infine, vuole essere un omaggio alle voci, quelle dei nostri genitori e dei nostri nonni, che hanno cercato di trasmetterci le loro drammatiche esperienze del dopoguerra nel Mezzogiorno, ma che hanno trovato solo interlocutori sordi e distratti.
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