M5S e LEGA
stanno dimostrando di avere il disperato bisogno di restare al centro del
palcoscenico. RIUSCIRE a far presagire il decollo di un “contratto” pattuito di
governo è il solo modo che hanno di salvare il cospicuo “bottino” di voti testé
raccolti.
Ecco allora che LEGA e M5S si scambiano sia degli ultimatum che segnali
di apprezzamento e di fiducia.
Peccato che i rispettivi numeri (seggi) traccino
un rapporto a due del tutto sbilanciato a favore dei 5Stelle. Con tali premesse
la LEGA ha ben poche possibilità di assurgere a guida e bandiera dell’intero centrodestra.
Tanto più che i ”grillini”, visto un analogo surplus di seggi, hanno anche la
proficua alternativa di un rapporto diretto con un PD che verrebbe così “assimilato”
a voce minoritaria del centrosinistra.
Sta di fatto che finora non c’è traccia dei
contenuti di una effettiva "condivisa" agenda di governo.
Ergo. Il Presidente della
Repubblica non può assolvere alle sue prerogative sulla scorta dei “balletti” sin
qui eseguiti.
Tutti
possono constatare che la differenza (v. sopra) tra detenere il 35% o il 55%
dei seggi di una coalizione è finora l’unico “argomento tabù”.
Così come appare
prematuro (?) dissertare sui potenziali “sviluppi” legati all’avvento di un ‘governo
del Presidente’ (con tanto di “oculato” programma).
Da un lato è scontato che
M5S non potrebbe aderire, per sua coerenza, a siffatta formula di governo.
Dall’altro
il centrodestra ed il centrosinistra potrebbero ritrovare, per diversi mesi, le
ragioni di una convergenza funzionale ad una semplificazione dell’offerta
politica.
In questo quadro la LEGA avrebbe tempo e modo per consolidare il suo ruolo
trainante nel centrodestra, mentre il PD potrebbe ricucire le lacerazioni e compensare
le “perdite” subite.
Per contro M5S, in forza dei tanto declamati sacri principi di onestà e
trasparenza, dovrebbe convincere2 milioni di suoi attuali elettori a rinviare aspettative
e bisogni. E continuare a scommettere di varcare in futuro la soglia del 50% di
voti +1.
Una “sublime” gestione del percorso politico che ha la parvenza di un
cul-de-sac.
Di “realtà virtuale” si nutre la PESCITUDINE di chi …
Per individuare le reali motivazioni delle diatribe tra LEGA e M5S bastano
quattro numeri.
Un Governo per essere stabile e fattivo deve poter contare
sulla maggioranza dei seggi in Parlamento. Se detta maggioranza è frutto del
concorso di più gruppi politici, a quello che detiene il maggior numero di
seggi viene accordato un ruolo prioritario sulle scelte e sulle azioni da
promuovere.
Ciò premesso.
In un Governo allargato all’intero Centrodestra il
contributo di M5S “peserebbe” solo il 35% dei seggi in comune.
Mentre in una
coalizione diretta con M5S sarebbe la LEGA (o il PD) a detenere il 35% dei
seggi.
In altri termini.
CHI ha il 55% dei seggi complessivi detta in Aula i tempi
ed i passaggi anche di un programma “sottoscritto” e quindi assume di fatto la “titolarità”
(merito) dei provvedimenti varati.
BEN diverso è il caso del cosiddetto ‘governo del
Presidente’.
Una volta accertato che i più consistenti gruppi politici non
riescono e/o non intendono costituire una possibile maggioranza parlamentare il
Presidente della Repubblica, memore di quanto emerso dalle consultazioni, può procedere
ad incaricare un soggetto “terzo” della costituzione di un Governo che, con
tanto di programma, vada ad ottenere la fiducia del Parlamento.
E’ pur vero che
i gruppi favorevoli potranno introdurre degli “aggiustamenti”, ma il
sostanziale presupposto dirimente è che, se mancherà la doverosa fiducia, l’ulteriore
alternativa sarà lo scioglimento anticipato delle Camere.
Questo a prescindere
dai reciproci rapporti di forza (seggi) tra i gruppi presenti.
Sintesi.
Seguire
la miriade di deduzioni ed interpretazioni è fatica sprecata.
Non basta la “faccia” e l’appeal del leader
carismatico di turno a evitare di finire in un vicolo.
La “nobiltà” di una proposta
politica si misura dai risultati concreti.
Pungolare i referenti politici già
noti e testati è andare Avanti con Metodo e …