• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca > Un bazooka per il procuratore Pignatone, paura a Reggio Calabria

Un bazooka per il procuratore Pignatone, paura a Reggio Calabria

Il 3 gennaio esplose un ordigno davanti alla procura di Reggio Calabria. Ora, a distanza di 10 mesi, una telefonata anonima consente il ritrovamento di un bazooka. Presumibilmente atti intimidatori diretti al procuratore capo Giuseppe Pignatone.

Il ministro della difesa La Russa: "invieremo i militari o emaneremo un provvedimento governativo". E questa politica miope continua a gestire le emergenze senza programmare un piano concreto per arginare il fenomeno delle mafie. 

“Possiamo colpire quando vogliamo”. La ‘ndrangheta come sempre non la manda a dire.

Anzi, molto concretamente si rivolge al procuratore di Reggio CalabriaGiuseppe Pignatone, destinandogli in un pacco dono preannunciato da una inquietante telefonata un bel bazooka. Scarico, sì, ma solo perché già usato.

Sono in corso gli esami balistici, si sta valutando quando e dove possa essere stato testato, e soprattutto si ricercano tracce che guidino gli inquirenti dritti ai fautori dell’atto intimidatorio.

Ma l’angoscia resta. 

La ‘ndrangheta è oggi una delle organizzazioni criminali più potenti sul territorio nazionale, e che gestisce la maggior parte dei traffici al nord Italia.

Non c’è impresa che si occupi di edilizia che, in qualche modo, non abbia a che fare con società calabresi operanti nel settore del movimento terra. Dove c’è cemento, c’è business, denaro, fondi pubblici. Ci sono affari che consentono di ripulire il denaro che deriva dal traffico di stupefacenti, dallo sfruttamento della prostituzione, dal traffico di armi e lavoratori in nero.

Ma il procuratore capo calabrese questo lo sa bene, e il suo operato in questi anni si è concentrato nel disegnare il piano di investimenti delle cosche. Seguire il denaro, profilare gli interessi delle famiglie, che secondo il rapporto Eurispes 2008 gestiscono un giro d'affari di 44 miliardi di euro contando su 6000 affiliati facenti riferimento ai 155 clan operanti sul territorio. Quasi tutti imparentati, quindi ci sono pochissimi pentiti che possano aiutare le forze dell’ordine nello sgominare con prontezza gli illeciti compiuti: infatti, solo 97 persone sono ad oggi sotto protezione poiché collaboratori di giustizia.

Il ministro della difesa Ignazio La Russa nel salotto prediletto della Rai, “Porta a porta”, ha dichiarato che l’invio dell’esercito possa essere una soluzione: “O si utilizzano i militari dell'operazione 'Strade Sicure', e quella è una decisione del comitato dell'ordine e della sicurezza", si impegnerà in "un nuovo provvedimento del governo".

Si ritorna alla politica fatta di muscoli. Come s’era pensato di fare in Campania: militarizzare la città e l’entroterra, così da rendere più difficile la vita alla camorra. 

Certo. Con un’armata fatta di ben 900 militari inviati, soli, ad arginare il fenomeno criminale che primeggia sopra ogni altro per profitti, numerosità di affiliati e violenza adoperata.

Utilissimo intervento governativo che, come per l’emergenza rifiuti, non vuole vedere l’entità del problema; tant’è che nonostante i militari avessero un presidio nella piazza principale di Casal di Principe, la camorra non s’è fatta problemi ad assassinare Stanislao Cantelli sotto i loro occhi.

La politica ha un compito preciso di questi tempi, che esula dalle chiacchiere salottiere e dovrebbe invece rivolgersi alla gente che popola le terre del nostro Sud. A chi sceglie di rischiare la vita e, nel migliore dei casi, la galera per “la mesata” bisognerebbe offrire un’alternativa seria, concreta, che riporti la legalità su un terreno di convenienza per i cittadini.

Quello che occorrerebbe ora, sarebbe fornire alle forze dell’ordine, agli organi giudiziari, gli strumenti per operare efficacemente senza richiedere loro sacrifici personali per “la causa”.

Il procuratore di Reggio Calabria ha bisogno della benzina nelle gazzelle dei carabinieri, ha bisogno di risme di carta nelle fotocopiatrici, di tranquillità nell’uso delle intercettazioni. Ha bisogno di una parola di conforto e solidarietà da parte del Presidente del Consiglio che, però, ancora si fa attendere.

C’è bisogno di istituzioni unite e forti in questo Paese, di poche chiacchiere, pochi militari, e rivisitazione della giurisprudenza in materia di appalti pubblici.

E’ il secondo attentato dell’anno, il 3 gennaio un ordigno era esploso davanti agli edifici della procura che si occupano di confisca e sequestro dei beni, nonché dei processi di appello contro le cosche.

L’attenzione resti alta, e il Procuratore continui a lavorare, è evidentemente sulla strada giusta. Il nostro sostegno è verso il suo operato è assolutamente incondizionato. Speriamo sia, nei fatti, dello stesso parere anche il Governo.


LEGGI: Belpietro in prima pagina, Pignatone (e la Calabria) no
 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.210) 6 ottobre 2010 16:05

    METTETE LA PENA DIMORTE COSI SI FERMERANNO FORSE

  • Di Silvia De Marino (---.---.---.67) 6 ottobre 2010 17:48
    Silvia De Marino

    Caro anonimo,

    per quanto io provi la più totale insofferenza per il sistema mafioso...suggerirei, invece della pena di morte (verso la quale sono assolutamente contraria), l’abolizione del segreto bancario.
    Allora sì che le mafie riceverebbero un colpo durissimo!
    Pecunia olet e come, ed è sono i soldi che bisogna seguire! Come fanno 44 miliardi generati da gli illeciti della ’ndrangheta a drenare il sistema imprenditoriale, anche "sano", del nostro Paese?
    Cherchez l’argent. Altro che politica muscolare, pena di morte, ed esercito.
    Un abbraccio e grazie comunque per il tuo contributo,
    SdM

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares