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 Home page > Tribuna Libera > Marchionne, il lavoro e l’Italia da ripensare

Marchionne, il lavoro e l’Italia da ripensare

Marchionne, costretto da una sentenza, ha dovuto reintegrare diciannove lavoratori ingiustamente licenziati dalla Fiat, allontanati dalla fonte di sostentamento che probabilmente, sola, regge i rispettivi nuclei famigliari.

In questa vicenda la quantità di temi toccati ed esplorabili sono miriadi: parliamo del problema della sindacalizzazione dei lavoratori mai digerita dai padroni; parliamo della precarietà di un sud che stringe con le unghie e con i denti situazioni lavorative assurde pur di non sprofondare (o continuare a precipitare) nel disastro più disperato; parliamo dell’apertura dei confini del lavoro, di quella che metaforicamente ho spesso rinominato “legge dei vasi comunicanti”, milioni di persone spingono verso i diritti, e questo nella testa di qualcuno dovrebbe comportare la perdita degli stessi da chi ha lottato alacremente e infine li ha ottenuti.

Sono stata di recente ad un incontro organizzato dai Giovani Democratici di Milano città incentrato sui temi del lavoro. Contemporaneamente Renzi, nella stessa città, emozionava la platea annunciando il ritornello inconsistente del “mandiamoli tutti a casa”, che funziona sempre sulla pancia degli italiani. Perché troppo spesso usiamo solo quella per pilotare la res pubblica.

Dall’incontro di cui vi accennavo, sono uscita entusiasta. Non tanto per la profondità di contenuti, perché finalmente da qualche parte tra i democratici si parla di contenuti e si cerca di farlo consapevoli dei limiti che abbiamo, ma senza per questo trattenerci dal discutere; piuttosto, sono rimasta colpita dalla varietà di argomenti coinvolti.

Si è parlato di sistema giudiziario: perché senza una sentenza certa in tempi ragionevoli questo Paese legittima e autorizza implicitamente l’illegalità; si è parlato del classico dilemma della formazione: l’università aperta a tutti cosa deve insegnare? Chi deve formare, uomini o lavoratori? Si è parlato di guerra di prezzo sul costo del lavoro, della necessità di uscirne differenziando il nostro prodotto interno, renderlo caratterizzato da un elevatissimo valore aggiunto; costruire un piano industriale, mai davvero ideato da nessuno, neppure dalla DC che tanto se ne vantò. E i giovani? Esiste futuro per questa generazione allo sbando, incerta su tutto, sicura solo di una mediocrità diffusa e pronosticata con troppo anticipo per non costituire un deterrente all’azione? Infine, ma non per questo meno importante, anzi: il costo sociale legato alle mafie che strozzano una qualunque attività economica profittevole ormai in tutta italia, avvelenandola con la violenza e il ricatto.



Marchionne ha compiuto un altro colpo, duro, durissimo all’intera categoria dei lavoratori, ma qui c’è da ripensare l’intero sistema lavoro.

Le città non hanno bisogno di auto, hanno bisogno di verde e di mezzi pubblici. Produciamo prodotti paragonabili per prestazioni e qualità a quelli fatti con la metà dei costi, come pensiamo di competere con nel mondo? Cosa ci distingue? Perché, ad esempio, non ragioniamo sul fatto che il settore del fashion o del cibo, ritenuti ovunque nel mondo segni distintivi di una qualità tutta italiana, e quindi ricercatissimi, quelle categorie di prodotti non conoscono la stessa crisi dei mobilifici brianzoli?

C’è da ripensare l’Italia, le sue stesse fondamenta, e di questi temi non parla nessuno.

Ho letto da poco "Sostiene Pereira", in ritardo fortissimo rispetto a quando avrei dovuto, rispetto a quando la mia insegnante di italiano tentò di obbligarmi a farlo. Non rimpiango però di aver rimandato: ho letto oggi quel libro con quella che credo sia la giusta maturità per approcciarne il senso profondo. Quell'urgenza di coscienza sociale che è propria dei vent'anni e mi consente forse di portare a casa un qualcosa in più di quanto avrei potuto una decina d'anni fa. Posso restare incantata e ammirare la banalità della scelta giusta, che come l'acqua si insinua e non puoi farci nulla. Una volta compresa, la cosa giusta è l'unica strada percorribile.

Oggi c’è bisogno di quella rinascita fatta di grinta ed energia, quella voglia di alzare la testa e dire con tutta la semplicità di questo mondo: no. Io no.

C’è da ripensare la politica, chiunque abbia testa e braccia e voglia adoperarle faccia qualcosa.

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