• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca Locale > Ufficiali giudiziari a Torino: solo notifiche urgenti per il mese di (...)

Ufficiali giudiziari a Torino: solo notifiche urgenti per il mese di agosto

Il Tribunale di Torino – noto in tutta Italia per i suoi “tempi record” nell’Amministrare Giustizia – non è certo immune da quei mali da “inefficienza” che ormai sono diventati espressione di un più generale declino dell’etica

L’episodio che è stimolo di questa riflessione può sembrare banale: gli Ufficiali Giudiziari addetti alle Notifiche presso la Corte di Appello di Torino hanno comunicato di non poter ricevere gli atti per carenza di personale, ad eccezione di quelli che per ragioni processuali sono in scadenza. Volendo utilizzare una metafora alimentare è come dire che l’Ufficio tratta solo gli atti che se non notificati “fanno andare a male i processi civili”.

Non sono affatto banali le conseguenze di una simile decisione che nel concreto ricadono, economicamente e moralmente, sugli utenti della Giustizia (fra i quali si annoverano, oltre ai cittadini, anche le imprese). Quando i grandi media della comunicazione segnalano che i tempi lunghi della Giustizia sono di ostacolo agli investimenti è proprio a fatti come questi che occorre fare riferimento. Un granello di sabbia che inceppa il meccanismo.

Non sono certo gli Ufficiali Giudiziari di Torino i responsabili di tutti i mali della Giustizia (in altri distretti giudiziari la situazione è ben peggiore), ma l’esempio è significativo se si considera che i granelli di sabbia sono molti e prima o poi dovranno essere drenati.

Sarebbe fin troppo facile (e certamente sbagliato) puntare il dito accusatore nei confronti del singolo, atteso che il problema è della dirigenza e dell’organizzazione. E’ necessario “mollare la presa” dei pregiudizi e comprendere che il non funzionamento è espressione di una mala organizzazione o di una mala gestione.

Al di là delle opinioni più o meno autorevoli pare davvero difficile comprendere le lamentate carenze di personale e mezzi se si osservano gli studi e le ricerche sviluppate a livello europeo. Per esempio, le elaborazioni del CEPEJ, basate sui dati forniti, relativamente al 2006, da 45 Stati membri del Consiglio e non, denunciano che l’Italia dispone di 1292 Tribunali. Molti più dei 595 dell’Inghilterra, dei 703 della Spagna, dei 773 della Francia e anche dei 1136 della Germania. Il nostro sistema giudiziario può contare su 13,7 giudici professionali per ogni 100.000 abitanti. La Francia ne ha 11,9, la Spagna 10,1 e l’Inghilterra addirittura 7. Gli addetti alla Giustizia in Italia erano nel 2006 ben 27.067: poco meno del doppio di quelli francesi e cinque volte di più di quelli olandesi. Il risultato è che in Italia per ogni magistrato vi sono 4,2 addetti.

In questo quadro diventa inaccettabile pensare che il recupero dei tempi della giustizia debba passare attraverso “filtri” per l’appello, abolizione di gradi di giudizio, sommarietà dei processi ed aumento degli oneri per gli utenti. Prima occorrerebbe chiedersi le ragioni per le quali un così elevato numero di magistrati ed addetti non sono in grado di amministrare, celermente, un processo. Magari iniziando a considerare che gli avanzamenti di carriera “a prescindere”, come avrebbe detto Totò, non sono certo garanzia di professionalità e competenza.

Non è, per altro verso, ammissibile che l’Amministrazione e l’Organizzazione di un Distretto di Corte di Appello o di un Tribunale vengano affidati a dei Magistrati che – pur profondi conoscitori del diritto – hanno scarsissima competenza nella gestione delle risorse umane, nella organizzazione di strutture produttive complesse, nei criteri di razionalizzazione dei mezzi e degli strumenti operativi. Un know how che si acquisisce dopo un curriculum di studi completamente diverso da quello giuridico ed una esperienza pluriennale di livello elevato. Né può essere citato, ad esempio contrario, l’esperienza positiva del foro sabaudo. Certamente un lavoro apprezzabile ma che è andato a migliorare una media nazionale, in termini di durata, che vede piazzata l’Italia al 151° posto nei tempi del processo dietro a paesi come il Congo. Insomma, viene in mente quella nota pubblicità che termina con lo slogan “Ti piace vincere facile!”.

Il processo – forse questo è da molti dimenticato – non è una gara a cronometro. La rapidità è solo uno degli elementi che concorrono a realizzare il più alto concetto di Giustizia. Equità, garanzia e verità non sono valori di secondo ordine e, quindi, non può certo definirsi un risultato esaltante raggiungere il Congo nella classifica dei tempi.

Se è difficile comprendere le carenze di personale, da più parti lamentato, è altrettanto arduo trovare ragione alla sempre eccepite mancanze di fondi. Le tabelle allegate al bilancio del ministero della giustizia dicono che le spese finali sono passate dai 5 miliardi 182 milioni di euro del 1997 ai 7 miliardi 608 milioni di euro nel 2008. In undici anni c’è stato un aumento degli stanziamenti del 46,8%. Il dato se raffrontato agli anni novanta evidenzia un aumento del 140%. Ci sarebbe da domandarsi cosa debbano andare a coprire queste spese, atteso che frequentemente le notizie di cronaca narrano di carta per fotocopiatrice e penne che mancano. Nuovamente il tema della organizzazione bussa violentemente alla porta dell’efficienza. Sicuramente molto di questo denaro è stato destinato a rilevanti aumenti di stipendi per i Magistrati ed il dato emerge da uno Studio elaborato dalla Corte dei Conti intitolato il costo del lavoro pubblico negli anni 2003, 2004 e 2005. A fronte di un dato medio di aumento tra tutte le categorie del 12,8%, la percentuale maggiore spetta ai Magistrati: 26,2%. Numero ancora più irrazionale se si pensa agli avanzamenti di carriera indipendenti dal merito.

Una più ampia riflessione sui freddi numeri impone di ragionare sul declino etico della nostra società e sul significato di parole come ruolo e responsabilità dove entra in considerazione la lesione cagionata ad una legittima aspettativa. Non poter notificare un atto, magari giuridicamente non urgente, può voler dire ritardare l’incasso di un credito di una impresa in crisi che attende quel denaro per pagare dei dipendenti. Così come in un ospedale la mala organizzazione determina lunghi tempi di attesa per esami diagnostici che potrebbero salvare una vita umana se eseguiti tempestivamente.

La Giustizia, insieme alla Sanità, costituisce l’unità di misura di civiltà di uno Stato e, quindi, di un popolo. Voltaire, in visita in Italia, disse al suo accompagnatore che magnificava l’arte italiana: non dirmi degli archi, parlami delle tue galere. Ma questa è un'altra storia nella storia.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.219) 7 agosto 2012 07:57

    Da utente della Giustizia non posso che evidenziare che la situazione di Torino rispecchia tematiche che si riscontrano in tutti o quasi i Tribunali d’Italia. Purtroppo una notifica compiuta in ritardo o una esecuzione rimasta ineseguita vanificano anni di processi e ledono gravemente i diritti dei cittadini, privati o imprese che siano. Una semplice soluzione? Dimenticare un attimo i sempre troppo incensati signori Magistrati e professionalizzare gli Ufficiali Giudiziari, liberalizzandoli come, appunto, in Francia e in Olanda. Si risparmierebbero tempi, risorse, strutture ( uffici, ecc.) e pure un bel po’ di denari... Ma i signori della politica continuano a non pensarci.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares