Pd: tutto cambia, niente cambia. Anzi, peggiora
Le vicende politico-giudiziarie di quest’estate segnano un ulteriore passo verso l’implosione del PD e la più profonda separazione, che mai la Storia di quel partito ha segnato, fra la base elettorale e la classe dirigente. L’assenza di valori concretamente riconducibili ad un progetto e programma politico ha trasformato l’azione del partito in una serie di scelte “gattopardesche” che lasciano immutato il quadro e le conseguenze della crisi economica.
Via l’IMU si partirà, dal 2014, con la Service Tax ad uso e consumo dei Comuni. La decisione del Governo Letta ha così definitivamente archiviato il primo timido tentativo di un sistema di tassazione patrimoniale che in realtà andava solo rimodulato in funzione del reddito e delle condizioni economiche dei proprietari di beni immobili.
Magari prevedendo una diversa ed equa imposizione in tema di transazioni finanziarie, oggi sostanzialmente inesistente. È grave che la componente governativa del Partito democratico non sia riuscita a gestire la vicenda IMU (ma l’osservazione è analoga per l’IVA) cercando di recuperare il gettito perso attraverso il mantenimento dell’imposta nei confronti di soggetti sicuramente abbienti e la predisposizione di strumenti di tassazione per le transazioni finanziarie.
Rispetto agli altri Paesi Europei vantiamo il più leggero peso fiscale in materia di scambi speculativi di Borsa. Secondo i medesimi criteri ben si poteva aumentare l’onere tributario nel gioco d’azzardo; si è invece optato per un condono che di fatto favorisce i concessionari del sistema che dopo una prima contestazione dell’Amministrazione e successivi riconteggi erano stati condannati al pagamento di circa 2 miliardi e mezzo di euro.
Il decreto del governo chiude definitivamente la partita prevedendo solo il pagamento di una somma pari al 30% e cioè una cifra oscillante tra i 600 e gli 800 milioni. Rimane la c.d. tassa di servizio che a conti fatti peggiora – e non di poco – la situazione dei cittadini italiani, atteso che il gettito assicurato dall’IMU è sostituito da una misura che grava anche sugli inquilini non proprietari.
Naturalmente con buona pace dei principi costituzionali (tanto cari in questo ultimo periodo alla politica intensamente larga) di proporzionalità degli obblighi tributari.
Non meno equivoche le scelte dei dirigenti sulla vicenda politico giudiziaria di Berlusconi. Durante il mese di agosto – nell’approssimarsi del voto della Giunta insieme a pressioni cripto estorsive del PDL sulla tenuta del Governo – i vertici del PD e buona parte della sua classe dirigente hanno operato una dubbia riflessione sulla costituzionalità della legge Severino e sul diritto di difesa del Sig. B. (in prima linea il senatore Luciano Violante).
Altri si sono semplicemente arroccati al principio giuridico della decadenza senza nemmeno porre in seria discussione il contenuto politico dell'agibilità pretesa dal leader del PDL. L’epilogo di questo confuso “avvitamento” giuridico è stato l’incontro organizzato nella sede del PD di Torino con il senatore Violante per chiarire i suoi intendimenti.
Illuminante è stato l’intervento del Senatore GianPaolo Zancan. “La discussione è sull’opportunità politico-giuridica della tua intervista ed io la reputo grave… la questione della retroattività è una sciocchezza: se non fosse retroattiva la legge, entrata in vigore il 31 dicembre, si applicherebbe solo per i reati commessi nel 2013 e giudicati anni dopo, rendendola inapplicabile se non dopo quattro o cinque anni, il che è una sciocchezza”.
Al di là delle interpretazioni più varie che si sono potute leggere su questi comportamenti è indubbio lo sconcerto ed il disorientamento della base elettorale del PD. La convinzione è quella di un intervento dei vertici funzionale a mantenere, ad ogni costo, il Governo delle larghe intese, sciogliendo nel tempo (e magari in lunghi tempi) la decadenza di Berlusconi.
Altrettanto incomprensibile è l’atteggiamento dilatorio sulla modifica della legge elettorale e sui tempi necessari. L’affossamento del tentativo Giachetti è risultato illogico. In precedenza (per non dire da sempre) la legge elettorale è stata modificata senza alcuna necessità di procedere a radicali riforme istituzionali, ma il Governo Letta procede con incomprensibile cautela; quasi inconsapevole che mutamenti così profondi della Carta Costituzionale sono comunque oggettivamente impossibili. Almeno se si considera il tempo che è stato necessario per intervenire (e male) su un tema infinitamente meno complesso come quello dell’IMU: oltre sei mesi e senza avere ancora ben chiaro il contenuto della Service Tax.
Oltre 400.000 cittadini (probabilmente tutti potenziali elettori di centro sinistra) hanno, poi, sottoscritto la petizione di salvaguardia e tutela della Costituzione promossa dal Fatto Quotidiano rispetto all’attuale iter del Governo. Su questa tema la distanza sui valori e sui principi propri della sinistra è abissale. Un sistema Presidenziale o semipresidenziale si regge su meccanismi di controllo del potere affatto diversi da quelli attuali ed è estranea alla cultura della sinistra la figura del leader che, per molti versi, sostituisce la centralità del valore e del suo progetto politico. Le regole della Costituzione vigente non sono obsolete e nemmeno impediscono un efficace funzionamento dello Stato e degli organi politici. Molto più banalmente è l’uso strumentale di quelle regole, la loro manipolazione per scopi non conformi a quanto previsto dalla stessa Costituzione ad aver ingenerato l’insostenibilità della situazione attuale.
Rimangono sul tappeto tutti gli altri temi, importanti e fondamentali per il paese, sui quali l’orientamento del PD è ondivago, dilatorio e ben poco chiaro. Sul tema della TAV in Val di Susa, ad esempio, si registra una frattura con la base molto netta e per evitare dissensi in seno alla classe dirigente, i vertici hanno scelto un atteggiamento quasi “talebano”: favorevoli alla TAV senza se senza ma.
Per evitare poi, il confronto politico l’intero tema è univocamente trattato sul versante giudiziario e dell’ordine pubblico. Ciò fino al punto di mantenere un assordante silenzio sui presunti coinvolgimenti di Gianni Vattimo e di Erri De Luca nell’organizzazione di azioni eversive dei NO TAV.
Ma al di là di simili sciocchezze ad uso mediatico, sorprende – e molto di più – che i vertici del PD non abbiano saputo considerare (e riflettere) sul fatto che un opera come la TAV copre il fabbisogno di interventi strutturali del Paese (definiti come indispensabili per l’economia) in una misura minima.
Secondo uno Studio della Bocconi (non propriamente organo fiancheggiatore dei NO TAV) l’alta velocità in Val di Susa incide per una percentuale minima sul danno che i mancati interventi strutturali creerebbero al paese, individuando quali priorità l’energia, le autostrade, l’ammodernamento della rete ferroviaria esistente e così via. Pur non volendo aderire o condividere i rischi ambientali connessi all’opera, ben poteva il PD avere una importante leva economica per opporsi ad un intervento che con molta probabilità (se non certezza) risulterà del tutto inutile.
Completamente spariti (se mai esistiti) tutte gli altri temi fondamentali per l’Italia. Quale politica o quale programma è previsto per la questione giustizia e la situazione delle carceri? Il problema è sempre più grave e le condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo rimangono e pesano come macigni.
Nemmeno su argomenti che pure dovrebbero essere parte del DNA di un partito di sinistra – il rispetto dei diritti umani – manca unanimità di vedute e di intervento. Ogni problema è valutato secondo l’esigenza e la strumentalità del momento politico oppure su un autoreferenziale convenienza.
L’esempio più drammatico è l’abbandono programmatico della regolamentazione dei diritti civili: dal testamento biologico alle coppie di fatto fino alla legge sull’omofobia. Quest’ultima promossa occasionalmente in un contesto dove era palese la volontà di non apparire troppo “succubi” alle richieste del PDL.
E probabilmente nemmeno questo governo procederà alla ratifica della convenzione internazionale sul reato di tortura. Per intervenire sul femminicidio è stata necessaria una lunga ed orrida sequela di brutali episodi di cronaca nera.
L’implosione del PD è proprio in questo scenario: l’inesistenza di un terreno politico comune. Le correnti non sono la causa, ma la conseguenza e la soluzione non è affatto nel ricambio della classe dirigente che, al di là delle evidenti incapacità, ha dimostrato povertà di contenuti.
Il successo che riscuote Renzi non è dovuto alle sue doti carismatiche (che indubbiamente esistono), ma ai contenuti ed alla volontà di presentare una proposta politica a tutto tondo. Molte “offerte” politiche potranno non essere condivisibili, ma sono concrete e reali.
Ma se questa è l’unica linea politica che è in grado di esprimere il PD il futuro del partito non ha orizzonti: è destinato a dissolversi in astratti veti incrociati. Proprio come nel romanzo di Sciascia: tutto cambia, niente cambia. Solo che nel caso del PD tutto rischia di sparire
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