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Spunti criminologici e investigativi sul caso Manca

Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.

 È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative a livello europeo.

Professore, per quanto possibile, ci illustra, per sommi capi, il “Caso Manca”?
Ho potuto leggere solo alcuni stralci del processo per cui ho una visione parziale e di questo è bene fare subito dichiarazione spontanea. Posso però provare a ricostruire il fulcro della storia. Il 12 febbraio del 2004 a Viterbo nella sua abitazione è rinvenuto il cadavere di giovane medico chirurgo. Nello stabile sarebbero state ritrovate due siringhe per iniettarsi droga via endovenosa. Gli inquirenti pensano subito al suicidio: overdose di eroina. Sullo scenario restano però dubbi su un incontro tra Bernardo Provenzano e Attilio Manca durante il quale l’urologo palermitano avrebbe operato il capo di Cosa Nostra. 

Sembrerebbe che le indagini siano state superficiali. Può dirci qualcosa in merito?
Avrei voluto leggere tutto l’incartamento per esprimere un giudizio compiuto. Posso però affermare, sempre in base a quello che ho potuto esaminare, che ci siano state alcune evidenti lacune investigative, inadeguate ad appurare evidenze probatorie inconfutabili. Una su tutte che credo sia già nota a molti è il foro della siringa sul braccio sinistro. Attilio Manca, fatto noto, era mancino, neppure ambidestro. Faceva proprio tutto con la sinistra. Come può essere accaduto che i fori delle siringhe furono rinvenuti sul braccio sinistro? Nella siringa con cui si sarebbe ucciso inoltre, sembra non ci fossero impronte, né sue, né di altri. Se comprovati, sono fatti di non poco conto. C’è stato un confronto tra periti su questi fatti? Si sono approfondite queste circostanze così rilevanti in fase d’indagini preliminari e in dibattimento? 

La Relazione della Commissione Parlamentare Antimafia definì lacunosa perfino l’autopsia. Come mai questa superficialità?
Io non sono un medico legale, tuttavia, il primo fatto che l’autopsia avrebbe dovuto accertare con una perizia inconfutabile sarebbe dovuto essere quello di stabilire se la causa della morte fosse attribuibile alla tossicodipendenza oppure a una forzata overdose violenta, come dimostrerebbero anche i segni sul volto di Manca. Guardando il suo corpo, la tesi dell’overdose traballa ma non crollerebbe del tutto. Un volto pieno di sangue, il setto nasale deviato, le labbra tumefatte, i testicoli ingrossati, una visibile ecchimosi sullo scroto, lividi ai polsi e alle caviglie. Qualcosa non è del tutto chiaro. Questi fatti avrebbero meritato maggiori approfondimenti di natura medico legale e investigativo giudiziaria.

Nel 2003 Attilio Manca andò a Marsiglia per operare Provenzano. Quest’incontro se è realmente avvenuto gli è stato fatale?
Non ho materiale che mi dica se l’incontro ci sia stato e se l’urologo siciliano sapesse o no chi fosse il paziente da operare. Se per qualsiasi ragione lo avesse scoperto o lo sapesse prima. È chiaro che questo fatto se realmente accaduto avrebbe potuto procurare un grave pericolo per la sua incolumità personale. Un segreto così inconfessabile, magari unito ad altri che non possiamo conoscere, raramente ammette testimoni che non siano “uomini d’onore”. Più pentiti, inoltre, confermerebbero l’assunto che la morte di Manca fosse connessa con il coinvolgimento dell’urologo nelle cure dell’allora latitante Bernando Provenzano, capo di Cosa Nostra. Anche questa circostanza avrebbe meritato maggiori approfondimenti investigativi e giudiziari che non so se ci siano stati e che comunque io non conosco.

C’è chi dice che Attilio Manca sia stato ucciso all’interno della trattativa Stato-mafia. Secondo lei può essere plausibile?
L’ex procuratore di Messina, Marcello Minasi, a suo tempo, sembra abbia dichiarato che la verità sul caso Manca non sarebbe venuta mai fuori in quanto si trattava propriamente di un episodio della trattativa Stato-mafia. Io ovviamente non ho prove per affermare questa tesi, se le avessi, correrei subito a denunciare. Sul fatto che vi possa essere un legame teleologico tra la latitanza di Provenzano e la morte di Manca i dubbi restano. Se il medico sapesse chi stava operando o chi avesse operato, da quel momento, ripeto, era da considerare un uomo in pericolo di vita.

È possibile che nella conduzione delle indagini ci siano stati anche depistaggi?
Se le attività d’indagine o durante le stesse ci siano stati occultamenti, per intero o in modo parziale, della verità, sviandola o intorbidando i fatti come realmente sono accaduti, saremmo certamente in presenza di depistaggi. Nel caso Manca a quanto ho potuto appurare d’incongruenze ve ne sono alcune evidenti. Non so se si possa parlare di veri e propri depistaggi. Da studioso evidenzio comunque un grande errore investigativo. Le indagini a senso unico solo per la morte del medico dovuta a eroina. Io avrei indagato anche sulla latitanza di Provenzano e suoi contatti con il medico siciliano. La morte di Manca è sicuramente avvenuta in circostanze molto dubbie, allora, perché non approfondire anche la pista mafiosa?

Perché non approfondire la pista mafiosa?
A questa domanda ovviamente dovrebbero rispondere gli inquirenti. La recente assoluzione della donna, condannata in primo grado per la cessione della droga che avrebbe ucciso Manca, oggi rinvigorisce la pista mafiosa e la riporta in campo. Si ritorna al punto di partenza. Due scenari: l’omicidio di mafia e la morte per overdose. 

 

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