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Siria, le curde combattenti: la speranza nelle mani delle donne e nelle loro borse

Se l'Isis attacca la Siria, perché la Turchia bombarda i curdi siriani, comprese le donne curde che hanno vinto la loro battaglia contro i terroristi Isis nella città di Kobane? Nessuno risponde a questa domanda, se non certi analisti politici di nicchia.

Le donne occidentali non capiscono cosa stia accadendo, stordite dalla paura di perdere il lavoro e magari l'amore, o la vita come è accaduto a Parigi, per mano di un manipolo di vigliacchi. Ogni tanto ci hanno fatto vedere immagini di donne belle senza un filo di trucco, che imbracciano il fucile e ci dicono che l'8 marzo hanno cantato slogan come: "La donna la vita la libertà", nel paese di Nusaybin ad esempio, le donne combattenti per Ypj.

 

Eppure è dal 2013 che girano documentari che ci spiegano di queste donne combattenti curde di Siria...e non se ne parla già più, quasi che non esistessero.

 
Esistono donne come la ex sindaca, Ayse Gökkan che aveva dichiarato a marzo del 2014 ”Il mondo è un villaggio piccolo e tutto può essere avvicinato”. Ayşe Gökkan ha combattuto contro il governo Erdogan che aveva iniziato la costruzione di una rete per dividere la Turchia dal Kurdistan occidentale. La recinzione, che doveva essere lunga 7 km, per ora è ferma a 1,3. "Dietro il filo spinato ci sono le nostre famiglie e i nostri amici, e noi dobbiamo fare qualcosa. Il confine degli Stati non coincide con quello dei popoli. Molte donne che hanno attraversato il confine alla ricerca di medicine per salvare i loro figli, sono morte sui campi minati o sono state uccise dai soldati. Altre aspettano anche giorni, settimane, sedute vicino al confine in attesa che il prefetto conceda loro l’ingresso per poter portare i figli, gravemente malati, negli ospedali. Nei loro villaggi rischiano la vita, nei campi profughi subiscono violenze".
 
Ayşe si appella alle organizzazioni internazionali che devono prendere una decisione e intervenire al più presto nel Rojava. La convenzione di Ginevra disegna le linee guida per il comportamento che gli Stati devono tenere in caso di conflitto: “È stata firmata da tutti quegli Stati che si definiscono democratici. Ma dove sono adesso? Perché non intervengono? Il mondo, è un grande territorio comune dove tutti dovremmo collaborare, ha perso l’umanità: continuiamo a voler disegnare confini e costruire muri”.
 
Che ne è stato di lei e la lotta che l' ha vista con tutto il suo paese opporsi così tenacemente?
 
Mi incontro nel web con foto di donne, sembra siano una decina, nella città di Cizre, sotto assedio da parte delle forze dello stato turco, che portano bandiere bianche in un edificio in cui i cittadini feriti restano intrappolati.
 
 
Scrive la giovane amica curda residente a Milano, Ozlem Onder: "Cizre, si trova in Turchia al confine con la Siria. Dopo 59 giorni di coprifuoco ne esce così. 59 giorni in cui è stato vietato di uscire dalle proprie case. In cui sono morti civili tra cui bambini, anziani e donne anche incinte. Qui sono state violate tutte le dichiarazioni universali, dai diritti del fanciullo ai diritti umani. Sono state distrutte case, scuole e luoghi di lavoro. Centinaia di migliaia di persone hanno abbandonato la città. Durante il coprifuoco che durava 24 ore su 24 è stato impedito l'accesso alle cure sanitarie. I feriti da arma o schegge non potevano recarsi all'ospedale. I corpi dei bambini morti sono stati conservati nei frigoriferi. I dottori e gli insegnati hanno ricevuto l'ordine di abbandonare la città. L'11 febbraio il ministro dell'Interno, Efkan Ala, ha dichiarato che le operazioni sono terminate, ma che il coprifuoco continuerà. Perché durante i coprifuochi, i parlamentari, le organizzazioni dei diritti umani e della società civile non sono autorizzati a entrare nella città. Questo vuol dire che l'operazione non è finita.Intanto di Cizre rimangono solo macerie e sogni infranti". 

https://www.youtube.com/watch?v=5A9aqxkCr_E

Ed è poi sfogliando una vecchia rivista "per donne" che mi imbatto in immagini di altre donne nel Rojava, una regione nella quale confluiscono i curdi d'Iraq, Siria e Turchia e dove il BDP, il partito della pace e della democrazia, si batte per il riconoscimento di diritti basilari come quello di parlare la propria lingua: il curdo.
 
E sono scatti meravigliosi di una fotografa iraniana Newsha Tavakolian, che a settembre del 2014 aveva rifiutato il prestigioso Carmignac Gestion di fotogiornalismo Award e ha respinto i 50mila dollari al mittente, che è il banchiere privato Monsieur Edouard Carmignac, perché aveva insistito per modificare personalmente le sue fotografie e alterare i suoi testi di accompagnamento. Newsha Tavakolian (nata nel 1981 a Teheran) è una fotoreporter documentarista iraniana che ora vive e lavora a Teheran ed è sposata con il giornalista olandese, Thomas Erdbrink.

Potrei continuare molto a lungo ma temo che poi non ci sarebbe attenzione, perché noi donne abbiamo sempre tanta fretta, anche se non siamo profughe, anche se non scappiamo, anche se nessuno ci insegue e minaccia...
Come dice la canzone di Noemi: "La borsa di una donna pesa come se ci fosse la mia vita dentro"
Doriana Goracci
 

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