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Scuola: la riforma infinita

Prima di fare il preside, Claudio Cremaschi ha fatto l’insegnante di matematica. E si vede: il suo libro (“Malascuola”, Piemme, 2009) è pieno di numeri. Conosce bene la “macchina” di cui parla, e con spregiudicatezza ne racconta distorsioni, sprechi, piccole furbizie, qualche divertente amenità. I numeri si mescolano agli aneddoti.
 
L’autore immagina di essere il Ministro dell’Istruzione e di avere in mente una sua riforma della scuola secondaria; il gioco si spinge sino alla stesura di un formale “articolato” in quattro punti.
 
L’asse portante della riforma Cremaschi si può così riassumere: settimana corta (dal lunedì al venerdì), anno scolastico lungo (dal 1° settembre al 30 giugno). Uno spostamento delle quantità, a saldo finale immutato: 200 giorni di lezione per 1000 ore “medie” passate in classe dagli alunni; il tutto distribuito su 40 settimane anziché sulle attuali 33.
 
Docenti a scuola per complessive 25 h (lo stesso tempo degli studenti), di cui 18 in classe, il resto a disposizione. Vantaggi sicuri: 1) tempi di apprendimento meno congestionati; 2) docenti utilizzabili per supplenze (nelle loro classi) e utilità didattiche varie; 3) snellimento del carico delle discipline a seguito soppressione del sabato a scuola (“studiare meno, studiare meglio”); 4) fine della maldicenza: “lavorano solo 18 h”; 5) fine delle epiche contese per il “giorno libero”.
 
Svantaggio certo: perdita del 17% dei posti di lavoro (82000 esuberi), causa eliminazione delle 5 h del sabato; danno convertibile in immediato beneficio: i 5 miliardi risparmiati tornano nel sistema come aumento degli stipendi dei docenti (con altri “aggiustamenti” si va vicini al raddoppio). 

Come si vede, una scuola rigirata come un calzino. A parte il “dettaglio” esuberi, funzionerebbe la cura Cremaschi? Forse. A patto di ricordarsi che accanto ai numeri esistono i “santi andazzi”.
 
Ottimizzare lo schema senza introdurre regole chiare sul “vissuto quotidiano”, servirebbe a poco. Inutile razionalizzare il contenitore se poi ognuno ci continua a mettere quello che vuole. Un solo esempio (potrei farne 101): estemporanei pullman davanti ai muri di un Liceo, scolaresche in ansimante imbarco; attesissima conferenza, illustre ospite, evento unico, opportunità imperdibile. Carlo Rubbia? No. Vittorio Sgarbi.

 

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