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Come capire i media e le teorie dei media

Il professor Ruggero Eugeni dell'Università Cattolica di Milano ha coordinato una serie di contributi mediatici di vario genere di alcuni studiosi che operano nel campo della Sociologia della comunicazione e non solo. Nel saggio "Il primo libro di teoria dei media" vengono formulate una serie di considerazioni più o meno condivisibili (autori vari, Einaudi, 2023, 260 pagine, euro 23).

In questo saggio polifonico possiamo capire meglio come mai "nei media siamo tutti così immersi da darne per scontati la presenza e il funzionamento... il più delle volte viviamo "dentro" i media senza problematizzare troppo quello che facciamo e gli oggetti che utilizziamo" (introduzione). Ma come è possibile contrastare questo stato di cose? Risulta possibile comprendere i media in maniera "tridimensionale"? Quanto può risultare utile un approccio diretto di filosofia dei media?

Fondamentalmente il libro è "focalizzato sui media intesi come strumenti di una comunicazione mediata tecnologicamente, che si svolge all'interno di un quadro istituzionale riconoscibile mediante testi, discorsi e pratiche specifiche, e che è rivolta a pubblici relativamente ampi" (introduzione). Quindi si tratta di valutare l'attività dei media moderni, "che nascono con la diffusione di massa della stampa verso la metà dell'Ottocento".

Solitamente le teorie che prediligono gli efferti "forti" dei media, vengono pensate e comprese valutando gli effetti "indiretti e comulativi nel tempo", come quelli indotti dalla televisione, dalla pubblicità e dalla propaganda politica. Nella nostra società è quindi aumentato enormemente il potere di chi seleziona le notizie (gatekeepers), cioè di chi determina "il valore di "notiziabilità" di un fatto, promuovendone o scoraggiandone la messa in vetrina", oggigiorno soprattutto a livello televisivo.

Il concetto di cultura è essenziale per quel che riguarda tutti i principali fenomeni dei media: sono "i principali strumenti di una industrializzazione e una meccanizzazione della cultura, capaci di renderla strumento di oppressione e di controllo al pari di e in accordo con i capitali economici e i regimi totalitari, piuttosto che strumento di "coltivazione" e di emancipazione individuale e collettiva" (secondo la filosofia critica di Theodore Adorno e Max Horkheimer, citati nell'introduzione).

Oggi il potere del cinema condiziona il vissuto di innumerevoli persone. Già nel 1916 lo psicologo Hugo Munsterberg considerava il cinema una grande "psicotecnica" in grado "di mettere a nudo i processi mentali e portare sullo schermo l'attività della coscienza, rendendo visibile la memoria con il Flashback, la fantasia con il flashforward o il movimento dell'attenzione con l'alternarsi dei campi lunghi e dei primi piani" (Dalmasso, p. 218). Oggi cinema e televisione rendono la vita dei giovani molto teatralizzata e molto programmata. E l'Italia è diventata oggi un'intera nazione dipendente dalla televisione.

Per fortuna il Web partecipativo ha preso una forma stabilizzata con le nuove generazioni. I suoi tratti salienti sono questi: 1) la comunicazione avviene sia dall'alto in basso, con le persone famose, sia alla pari tra tutti i partecipanti; 2) gli utenti possono caricare direttamente e gratuitamente i loro contributi, e il giornalismo partecipativo delle persone comuni riesce a controbattere alle pilotazioni mediatiche più potenti; 3) gli utenti condividono le informazioni migliori e anche quelle personali; 4) la community e il networking possono superare i limiti di spazio e di tempo delle comunità offline con le comunità virtuali; 5) viene favorita l'azione collettiva coordinata dei movimenti (ad esempio le Primavere arabe); 6) viene favorita la collaborazione, come avviene nelle varie piattaforme di crowdfunding" in grado di raccogliere denaro a favore di alcune battaglie civili (Christian Fuchs, da p. 23). 

Comunque secondo la pista indicata dal famoso Marshall McLuhan, "i media costituiscono protesi o estensioni dell'uomo e della sua capacità di sensazione e di azione". Comunque non si tratta di un pieno "determinismo tecnologico": le mediazioni ecologiche non sono "interamente guidate dagli sviluppi tecnologici" (introduzione). Come indicato dal professor Peppino Ortoleva, lo sviluppo di un media "è sempre a un tempo un processo tecnico e sociale e qualsiasi interpretazione che pretenda di separare rigidamente i due aspetti rischia di occultare la dinamica stessa che intende spiegare" (Anna Caterina Dalmasso, p. 215).

In definitiva il potenziale democratico dei nuovi media consente l'indipendenza di ogni utente trasformandolo "in un produttore di contenuti; la produzione viene così decentralizzata così come il consumo dei contenuti; aumenta l'interattività dei processi di apprendimento; migliora la qualita, la quantità e l'accessibilità dei dati (Derrick De Kerckhove, da p. 24). Ma Internet aumenta veramente la qualità del dibattito pubblico? (Fausto Colombo, p. 27).

In ogni caso gli attuali media si "rimediano" continuamente, "ovvero si riproducono l'uno nell'altro" (Jay David Buolter e Richard Grusin) , e "la televisione, uccidendo la realtà e sostituendola con un suo più convincente simulacro, avrebbe commesso Il delitto perfetto" (Jean Baudrillard, filosofo francese, verso la fine dell'introduzione).

 

Ruggero Eugeni insegna Semiotica dei media all'Università Cattolica di Milano e di Brescia. Nel 2021 ha scritto "Capitale algoritmico. Cinque dispositivi postmediali (più uno)". Per trovare alcuni approfondimenti sul suo sito: www.ruggeroeugeni.com

 

Nota ambientale - Possiamo approfondire l'idea di atmosfera, "intesa come la spazializzazione di uno stato emozionale soggettivo, che in tal modo può essere fatto immediatamente proprio da chiunque si trova ad abitare tale spazio" (riferito alle Atmosfere di proiezione di Giuliana Bruno di Harvard, citata alla fine dell'introduzione).

Nota situazionista - Per approfondire la conoscenza di Guy Debord e del situazionismo consiglio questo sito italiano: www.situazionismo.it. Oggi comunque il computer è diventato un "meta-medium", "capace di rimediare tutti i media precedenti, e di adottarne ma anche di adattarne i differenti linguaggi" (come indicato da Lev Manovich nel saggio I linguaggi dei nuovi media). E la mia situazione si può sintetizzare nel mio lontano esame complementare di Sociologia dei media sostenuto e scelto durante i miei lontani anni universitari.

Nota finale - "In una società in cui l'informazione è massicciamente veicolata dai media, questi detengono il potere di confermare i pregiudizi operanti nella Opinione pubblica" (titolo del suo libro di Walter Lippman del 1922, che faceva riferimento alla stampa; introduzione). E poi non dimentichiamoci del famoso concetto di "egemonia culturale" di Antonio Gramsci (www.menelique.com/gramsci-eg...).

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