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Sangue artificiale e cellule embrionali

La notizia è di quelle che suonano prestigiose e nello stesso tempo meravigliose. Meravigliosa per il cumulo di speranze cui si appresta a dare risposta.

Sì, chiunque abbia necessità urgente di sangue non dovrà più aspettare e sperare in un donatore (che, si sa, sono rari per pigrizia e per taccagneria). Oggi il sangue sarà prodotto artificialmente, in dosi industriali, buone per tutti e a costo minimo.

Sangue prodotto in laboratorio grazie alla ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali dalle quali esso deriva. Perché questo tipo di cellule può svilupparsi in tutte le direzioni che il corpo umano richiede e quindi attivare anche la produzione di sangue umano. Il tecnico di laboratorio dà il via e quelle, come tanti operai giapponesi, piccolini e industriosi, si mettono al lavoro e non si fermano più.

O meglio, non si fermerebbero se non ci fossero i soloni della parola divina, quelli a cui Dio stesso ha parlato, suggerendo loro - nelle orecchie e in gran segreto - la Sua volontà precisa e inoppugnabile che consisterebbe nel divieto assoluto di toccare quelle stesse cellule embrionali. E se non ci si lavora non si può produrre quel sangue così utile a salvare tante vite umane.

Perché non si potrebbero toccare le cellule embrionali, secondo loro ?

Una visita sul sito del Vaticano ci permette di mettere a fuoco la problematica:

“Sulla base di una corretta e completa analisi biologica, l’embrione umano vivente è - a partire dalla fusione dei gameti - un soggetto umano con una ben definita identità, il quale incomincia da quel punto il suo proprio coordinato,continuo e graduale sviluppo, tale che in nessuno stadio ulteriore può essere considerato come un semplice accumulo di cellule”

da cui si deduce che “come individuo umano ha diritto alla sua propria vita; e, perciò, ogni intervento che non sia a favore dello stesso embrione, si costituisce come atto lesivo di tale diritto”.

Pertanto:

“L’ablazione della massa cellulare interna (ICM) della blastociste, che lede gravemente e irreparabilmente l’embrione umano, troncandone lo sviluppo, è un atto gravemente immorale e, quindi, gravemente illecito”. 

L’embrione umano - dicono - è vivente ed ha una sua precisa identità, quindi non si può toccare la massa cellulare interna da cui estrarre le cellule staminali embrionali necessarie alla procedure di laboratorio, fra cui la produzione di sangue umano.

Nessun fine, per quanto buono - prosegue la voce vaticana – può “giustificare tale intervento”, perché “un fine buono non rende buona un’azione in se stessa cattiva”.

Nemmeno salvare un numero imprecisato di vite a fronte della “morte” di un conglomerato di cellule che potrebbero (ma non è detto) svilupparsi un domani (più o meno dopo nove mesi) in un essere umano vivente.

Potrebbero, ma non è detto. Siamo cioè di fronte ad una potenzialità di quelle cellule di svilupparsi verso una vita, anche se la Chiesa si ostina a definire “vivente” anche l’embrione.

La differenza fra “potenzialità” che accada un fatto e “realtà”, cioè realizzazione dell’avvenimento di quello stesso fatto, non è cosa trascurabile.

Se io dico che andrò in America esprimo una “potenzialità” che diventerà “realtà” solo al verificarsi di determinate circostanze: devo avere il passaporto e il visto (se me lo danno), comprare il biglietto, salire su un aereo, sperare che l’aereo non cada (da qui si capisce che odio volare), lasciando che scorra il tempo necessario e sperare che atterri proprio in America. Alla fine, se non scivolo sulla scaletta, potrebbe accadere che quella “potenzialità” diventi “realtà”.

Lo stesso avviene per uno spermatozoo umano inserito (complimenti e auguri) in una vagina. Se si verificano una serie di circostanze, uno spermatozoo che si dà da fare e un ovulo accogliente e generoso in primis, un buon impianto nell’utero e non, ad esempio, una gravidanza extrauterina, né un aborto spontaneo; se tutto va bene e scorrono via non meno - non meno - di un sei mesi senza intoppi e se al momento del parto non ci sono problemi allora, ma solo allora, quella “potenzialità” di vita diventerà “realtà” di un nuovo nato. Benvenuto e auguri anche a lui/lei.

Se no, niente. Potenzialità era e potenzialità sfumata è diventata. Volevo andare in America, ma non ci sono arrivato. Poteva nascere un bambino, ma non è nato. Nessuno è morto per il semplice fatto che nessuno era nato. Nessuno è morto, smettetela di parlare delle donne che abortiscono come delle assassine !

Il Vaticano invece rende inesistente questa piccola differenza tra “potenzialità” e “realtà”. Per loro è - cervelloticamente - la stessa cosa.

Quindi, seguitemi nel ragionamento, se io annullo la differenza tra “potenzialità” e “realtà” - come fanno loro - potrei tranquillamente affermare di essere un morto che parla (47 secondo la Smorfia, mi pare) perché a rigor di logica prima o poi morirò e, quindi, potenzialmente sono un morto. E’ indiscutibile.

E se voglio anch’io annullare la differenza tra “potenzialità” e “realtà”, esattamente come fanno loro, ho tutti i diritti di dire che sono un morto che parla (e scrive) così come loro affermano che un ammasso di cellule è un bambino vivo. Se lo dicono loro (e tutti si inginocchiano ossequiosi alla Parola) lo dico anch’io (solo che a me mi prenderebbero per matto).

A me pare che se uno annulla questa benedetta differenza tra “potenzialità” e “realtà” fa un discorso da matto, comunque; che si rivolga alla fase finale del processo biologico o alla parte iniziale. Però loro, in base al loro discorso strampalato, poi agiscono per impedire la ricerca scientifica sulle cellule embrionali e, ad esempio, la produzione di sangue artificiale che salverebbe vite umane reali (per cui - per coerenza - che rinuncino al sangue così prodotto, nel caso ne avessero bisogno).

Io invece, nel frattempo, non farei danni. Mi limiterei a girare con il cappello di Napoleone in testa, insistendo a dire a tutti che sono un morto che cammina, pretendendo di essere creduto.

Soprattutto dall’agente delle tasse che ha appena suonato alla porta, mannaggia.

Commenti all'articolo

  • Di Deandrade (---.---.---.170) 31 ottobre 2011 03:06

    Per quanto io sia in contrasto con la Chiesa Cattolica (C.C.) su molti fronti, concordo con la definizione data nell’articolo: anche secondo me un uomo è definito nel momento successivo all’unione dei gameti, processo che permette la formazione di un nuovo corredo genetico derivante da quello dei genitori. Questa però è puramente una questione di vocabolario, su cui poi tutti devono convenire: in quale momento possiamo dire di trovarci di fronte ad un essere umano? Quali sono le posizioni in merito?

    La questione "aristotelica" fra essere in "atto" ed essere in "potenza", sempre la mia modestissima opinione, non regge (sicuramente pensatori ben più abili di me avranno contestato questa rigida separazione fra l’ente presente e quello in divenire, sempre che abbia senso di "presente" in un sistema in cui tutto scorre e si trasforma), nè tantomeno calza con la tesi propugnata dall’autore.

    Sempre assumendo per valida la definizione della C.C., potrei enunciare un macabro esempio: qualora degli adulti, sviluppati e nel pieno delle proprie vite, si trovassero nell’assurda situazione di poter sopravvivere solo cibandosi dei propri figli, sarebbe lecito sfruttare tale "materiale biologico" per il proprio sostentamento? Per quanto possa sembrare assurdo e fuori luogo, il paragone è relativamente azzeccato: un uomo può sfruttare un embrione/bambino per la propria esistenza?

    Francamente non so rispondere: l’educazione cattolica che purtroppo ha ricevuto e continua a ricevere la maggior parte dei bambini italiani mi impedisce di ragionare in maniera totalmente distaccata. Da un punto di vista concettuale però credo che il caso non sia tanto diverso da quello dello scannare un animale da macello per poi nutrirsene.

    E la dignità umana? Be’, ho buone ragioni per credere che in fondo l’uomo non sia nemmeno tanto "degno", ma questo è un altro discorso.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 31 ottobre 2011 10:08
      Fabio Della Pergola

      Lei dice, molto cortesemente, che la "questione aristotelica" da me riproposta nella provocatoria versione dell’uomo vivo-potenzialmente morto-quindi_morto_che_parla non regge. Ma non spiega i motivi per cui non reggerebbe.
      Al contrario nella domanda che pone subito dopo (i genitori costretti a cibarsi dei propri figli fanno un atto legittimo ?) parla dei figli come di "materiale biologico" annullando - anche lei - la differenza fra embrione e bambino. Questo annullamento che lei dà per scontato - ma che scontato non è - deriva unicamente dalla sua concordanza con l’opinione della Chiesa.

      E’ noto invece che la maggioranza degli italiani (tramite referendum) e degli Stati la pensa diversamente, altrimenti non avrebbe mai autorizzato l’aborto. Da ciò si deduce che l’idea maggioritaria è che l’embrione sia "materiale biologico" (che può essere eliminato) mentre che il bambino nato non sia puro "materiale biologico": è un essere umano vivente ed "eliminarlo" significa commettere un omicidio. Evidentemente il momento della "nascita" costituisce uno spartiacque sostanziale e ritenuto tale anche nel codice penale.

      Consiglio un’ottima recensione di un testo complesso, ma esaustivo sulle implicazioni di una corretta teoria della nascita. Qui http://www.dazebaonews.it/il-libro/...

    • Di Deandrade (---.---.---.185) 2 novembre 2011 23:41

      Con il "non regge" intendevo contrastare il dualismo "realtà" vs "potenzialità", semplicemente perchè sono dell’idea che tutto sia un divenire e per questo abbia poco senso confrontare un’immagine, un istante, come può essere il presente (la realtà), con un insieme di infinite vie e possibilità che è il futuro (ripeto che non sono granché esperto di filosofia, sicuramente qualcun altro avrà espresso la mia stessa opinione e qualcun altro ne avrà confutato i fondamenti).

      Resta il fatto che rimaniamo ancorati ad un problema di definizione: io ribadisco che sono dell’idea che la vera e propria nascita si abbia con la formazione di un nuovo corredo genetico. Altri reputano che la nascita sia l’atto di "espulsione" (mi passi il termine un po’ cacofonico) di un bambino completamente formato. E’ questione di punti di vista. Io vedo più critica la transizione tra "spermatozoo+ovulo" ad "embrione" rispetto a quella tra "dentro" e "fuori" dal grembo. Sempre secondo me, embrione e neonato sono solo due stadi di un intero processo che termina solo con la morte dell’individuo.

      Io personalmente sono pro aborto per altri motivi; sono però cosciente che in tal caso si distrugge una vita, si interrompe un’evoluzione che va dalla singola cellula fecondata all’essere pienamente sviluppato.

      Infine, il fatto che un’idea sia maggioritaria non significa automaticamente che sia la "più corretta".

  • Di (---.---.---.38) 3 novembre 2011 10:27

    Che tutto sia "in divenire" è indiscutibile, ma ciò non toglie che se io oggi sono "qui" non posso affermare di essere anche "là" anche se, magari domani, sarò proprio "là".

    La questione della nascita non mi sembra un problema di definizione; che un nuovo complesso corredo genetico si sia formato non significa che si sia formata una vita, ma che sia iniziato un processo biologico che "può" (ma non è detto che ci riesca) portare ad una vita.
    La nascita non è solo un atto di espulsione dall’ambiente intrauterino, ma l’attivazione di un sistema che prima non era attivo. La testa del nascituro, durante la fase del parto viene compressa in modo che il dolore del bambino sarebbe insopportabile. Evidentemente, come affermano molti neonatologi, i collegamenti neurologici - benché presenti e biologicamente maturi - non sono attivati.
    Questa attivazione - che lo psichiatra Fagioli imputa alla luce che colpisce la rètina (cioè alla sostanza cerebrale) - che è anche il momento in cui attivandosi il cervello inizia anche il pensiero umano per quanto non verbale, è il momento in cui il feto nasce, cioè diventa bambino vivente.
    Insisto perciò su una differenza "sostanziale" tra embrione-feto e neonato per la "qualità" della differenza che fa della nascita un momento diverso - di rottura - dal continuo processo di maturazione. Questo momento che rappresenta il passaggio da "non attivo" ad "attivo" è, per me, il punto focale della discussione e la visione più corretta. Il fatto che la maggioranza abbia, più o meno consapevolmente, accettato questo punto di vista non è automatica garanzia della validità di questo pensiero, ma semplice conferma che - anche intuitivamente - il momento della nascita è valutato come momento dirimente del processo biologico stesso.

    Il fatto poi che l’aborto, anziché essere visto come la semplice interruzione di un processo biologico, venga interpretato come l’uccisione di una vita - oltre che profondamente sbagliato per i motivi di cui sopra - è anche un pensiero estremamente colpevolizzante per le donne che intendono abortire. Colpa e condanna morale vanno a braccetto, ma si basano solo su presupposti ideologici di origine unicamente cristiana. Nelle altre religioni non mi risulta che sussista la stessa visione delle cose. Se le può interessare veda qui http://video.associazioneamorepsich...

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