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Persio Flacco

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Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.100) 13 marzo 2017 01:29

    Il nostro problema è che abbiamo sulle spalle una classe politica "di governo" che si mantiene al potere grazie ad una sterminata rete di clientele, fatta pagare ai cittadini, che i cittadini continuano a votare. Come pecore che pagano per essere tosate.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 1 marzo 2017 12:30
    Il bravo marinaio fiuta il vento, scruta il cielo, conosce le correnti e le maree. Così deve fare se vuole navigare sicuro e raggiungere il porto. La metafora marinara mi serve per caratterizzare ciò che a mio avviso manca oggi alla sinistra e che vedo latitare anche nel tuo articolo: l’arte di ben interpretare la realtà e di adeguare di conseguenza il proprio comportamento al fine di raggiungere la meta.
    Questo nel vecchio PCI lo si sapeva fare: c’erano sia il metodo del realismo "scientifico" sia l’arte di interpretare correttamente i suoi risultati per trasformarli in politica e in cultura. Oggi sembra che queste qualità siano state annacquate se non disperse, e mancando queste è venuta meno l’arte del navigare, tanto per riprendere la metafora iniziale.
    Bene, partiamo dal realismo e diciamo subito che questo approccio metodologico alla conoscenza, per essere veramente tale e non una mera finzione, non può avere precondizioni limitanti. O si è disposti a considerare la realtà in ogni suo aspetto oppure non si può parlare di realismo. Lo sguardo deve essere completamente libero, e deve esservi la disponibilità a seguire l’analisi fino alle sue ultime conseguenze, anche quando la ragione politica consiglia di temperarne i risultati.
    Se questo è vero allora la realtà va indagata fino alle cose ultime e l’analisi deve prenderne atto, anche quando le circostanze consigliano di non conformare pedissequamente le sue conseguenze all’azione.
    E’ accaduto invece che la scelta dettata dall’opportunità contingente di aderire all’ordine sociale liberale e al metodo di produzione capitalista si sia trasformata nel corso del tempo in una scelta aprioristica definitiva. Cosa questa che ha letteralmente accecato e straniato la sinistra relegandola in una dimensione nella quale alle sue chiavi di lettura originali sono state sostituite chiavi di lettura di altra matrice, proprie di visioni conformi all’ordine liberale e capitalista. Così che oggi, anche spremendo al massimo le risorse intellettuali di certi circoli di sinistra, non si va oltre il buonismo solidaristico di tipo cattolico (quello alla Vendola, per intenderci), il romanticismo dineyano alla Veltroni, il pauperismo fordista dalemiano, il cooperativismo manageriale e affaristico emiliano romagnolo, l’altruismo keynesiano falsamente scientifico di certi economisti ed altre amenità similari. Dovrebbe essere evidente che in questo modo non si va oltre una frustrante subalternità politica e culturale.
    Per quanto mi riguarda, essendo rimasto fedele alla coerenza del realismo marxista, ritengo che non si possa prescindere dalla presa d’atto che il motore principale che disegna la realtà contemporanea è rimasto il sistema capitalistico.
    Nonostante le sue metamorfosi è il capitalismo che tuttora impone l’ordine sociale, economico, politico a gran parte del mondo contemporaneo, e la sinistra che rifiuta di vedere questa realtà non è sinistra: è altro, per quanto faccia e dica da questa gabbia non può uscire.
    Ma esiste ancora una sinistra anticapitalista al mondo, non è scomparsa del tutto, peccato sia resa afona (e pure un po’ ridicola) dal conformismo ideologico che fa degli strumenti teorici che ha a disposizione altrettanti dogmi fissati per sempre nei canoni dei suoi maestri di pensiero.
    Così che se ieri l’analisi dei maestri prendeva le mosse dalla condizione della classe lavoratrice oggi essa ignora sdegnosamente la condizione di ogni altra categoria di persone, anche quando è duramente colpita dallo stesso agente che colpisce i lavoratori. In questo modo la sinistra perde la sua qualità migliore: l’universalismo delle analisi, dunque la loro efficacia e la capacità di creare consenso e obiettivi condivisi, rimanendo in tal modo marginale.
    Eppure la realtà attuale rappresenta con evidenza drammatica che il malessere generato dall’ordine capitalista, nella sua declinazione contemporanea globalista e finanziaria, riguarda diverse classi sociali, non soltanto i lavoratori dipendenti. Riguarda probabilmente anche parte della classe che definiremmo capitalista. Riguarda in generale il senso della vita e il futuro dell’umanità su un pianeta le cui risorse naturali (ormai è diventato senso comune) sono limitate. 
    Ma siccome nei testi sacri l’oggetto è la classe lavoratrice allora li si ignora, lasciandone la rappresentanza in altre ben più sporche mani.
    Come dicevo gli strumenti teorici, quelli che mettono in grado di indagare ogni possibile realtà, sono trasformati in dogmi di fede.
    Io credo che se la sinistra non è in grado di rielaborare il suo pensiero ampliandolo, adattandolo alla realtà del presente, rendendolo universale, continuerà ad essere irrilevante.
  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 13 febbraio 2017 19:07

    Si, lo so: da fastidio sentir liquidare i propri sforzi intellettivi con una parolina il cui valore è dato unicamente da un impegno concorde dei mass media mainstream.

    Ma non si preoccupi: ci si abitua. smiley
  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 13 febbraio 2017 17:36

    Un po’ viene da sorridere nel vedere tanti, lei compreso, che fino a ieri erano intransigenti anticomplottisti esercitarsi oggi nello sforzo di svelare trame occulte e la presenza di associazioni più o meno segrete per darsi ragione di fenomeni altrimenti incomprensibili. Ma io sono magnanimo e mi asterrò dal definirla cospirazionista.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 13 febbraio 2017 16:58
    Il Parlamento è un organo che deve garantire al tempo stesso la rappresentatività democratica e l’operatività delle sue funzioni. 
    La fedele rappresentatività di un corpo elettorale frammentato trasferisce nel Parlamento la sua stessa frammentarietà, ed essendo il Parlamento un organo collegiale che delibera per lo più a maggioranza, questo va a detrimento alla sua capacità decisionale ed operativa.

    La Corte ha ritenuto legittimo alterarne entro certi limiti la rappresentatività per migliorarne l’efficienza. Io personalmente non sono d’accordo perché, a mio avviso, la parte di gran lunga più rilevante dell’attività parlamentare consiste nella produzione legislativa.

    Infatti, salvo eventi eccezionali: elezione del Presidente della Repubblica, fiducia al Governo, decreti del Governo motivati da eccezionalità e urgenza, il lavoro del Parlamento non richiede particolare rapidità, richiede, al contrario, ponderazione, confronto ampio di idee, massima rappresentatività nella produzione delle leggi.

    E’ il Governo l’organo che deve garantire prontezza decisionale, non il Parlamento. Il Parlamento deve produrre poche e buone leggi, non più e non meno di quelle che occorrono, cercando di comprendere in esse il massimo delle istanze provenienti dal Paese, in modo che siano il più possibile comprese e condivise dai cittadini. Questo lo si ottiene con il confronto politico, e il Parlamento è il luogo deputato al suo esercizio.

    Invece sembra che la Corte abbia implicitamente ceduto ad una visione incostituzionale dettata dalla prassi secondo la quale è il Governo che legifera, per lo più abusando dello strumento della decretazione, e il Parlamento deve avallare con la massima celerità le sue proposte. 

    In altri termini viene considerata dalla Corte come motivazione legittima l’esigenza di migliorare operatività del Parlamento quale "notaio" promulgatore della produzione legislativa del Governo, alla quale vale la pena sacrificare anche la sua rappresentatività.

    Che dire? Della Costituzione è rimasto ben poco. E se i suoi massimi custodi: il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale, non hanno nulla da eccepire verso il suo stravolgimento, allora siamo messi davvero male.

    Riguardo al tuo "consenso surrogato" per il momento preferisco non esprimermi.

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