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USA: il vero pericolo si chiama Bannon

Negli Stati Uniti c’è chi dice che Trump sia preoccupante per essere del tutto «ignorante in merito alla capacità di governo, ignorante di storia, di scienza, di filosofia, di arte, incapace di esprimere o riconoscere qualsiasi sottigliezza o sfumatura, privo di ogni decenza e con un vocabolario di settantasette parole» come ha scritto tempo fa il premio Nobel Philip Roth.

C’è chi evidenzia le difficoltà che pone ai traduttori perché «parla un inglese molto sgrammaticato, con frasi brevi e senza subordinate», al punto che «molto spesso sembra che stia dicendo solo cose senza senso», come dice il professor Paul Breen, della Westminster University.

E c’è chi addirittura arriva ad affermare che «il comportamento di Trump non è normale» e che «in privato alcuni senatori repubblicani dicono di essere preoccupati per la sua salute mentale», come ha sostenuto il senatore democratico Al Franken intervistato dalla CNN.

Può darsi che tutto ciò sia realmente pericoloso per la democrazia americana - magari un po’ di più per il resto del mondo - ma dopotutto è lecito dubitarne.

I fondamenti di una democrazia moderna, i noti pesi e contrappesi che la caratterizzano, la separazione dei poteri, la forza della magistratura, quella di stampa e televisione, l’attenzione e la cultura diffusa nella popolazione, il senso civico unitamente a quello giuridico rendono poco plausibile che un ignorante, per quanto arrogante e rissoso, possa davvero arrecare danni gravi al “sistema”.

Soprattutto gli interessi delle élite bancarie, finanziarie, industriali e così via - siamo in un campo eticamente più opaco, è chiaro - rendono poco probabile che il Commander-in-chief causi danni irreparabili a quello che, alla fin fine, è il loro ambiente di sviluppo privilegiato.

Infatti il suo primo atto in campo economico è stato quello di cancellare il Dodd-Frank Act che cercava di imbrigliare la speculazione finanziaria dopo la catastrofe del 2008. Un grande favore ai big di Wall Street.

Il “sistema” è politicamente democratico, negli States, ma allo stesso tempo economicamente liberista e ideologicamente liberale. Le cose stanno insieme e danneggiarne una porta a danneggiare anche le altre. Difficile che un “ignorante squinternato” arrivi davvero a elaborare una strategia coerente e, soprattutto, vincente.

I problemi veri vengono, o possono venire, quando c’è qualcuno in grado invece di elaborare idee forti, sistematizzate in una teoria sofisticata, che coscientemente si ponga l’obiettivo di radere al suolo “quel” sistema nel suo complesso, avendo ben chiaro l’obiettivo da raggiungere.

E lo fa con la sottigliezza culturale necessaria, credendo in una battaglia elettorale che tutti davano per persa in partenza e avendo raggiunto i massimi livelli di potere istituzionale da dove può, o potrebbe, trovare agganci, connivenze, accordi, complicità e sostegno in quegli ambienti - militari e di intelligence - necessari per farlo davvero.

Cioè quando la “vera” mente è nella possibilità di trovare il "vero" braccio.

È il caso - o potrebbe esserlo - di Steve Bannon che vuole "abbattere lo stato" senza fare distinzioni fra Democratici e Repubblicani. 

Sulla sua salute psico-fisica qualcuno potrebbe forse obiettare (di lui è stato detto che in privato sia un violento filonazista alcoolizzato), ma sulla sottigliezza politico-culturale forse è opportuno guardare senza supponente superficialità.

Il New York Times qualche giorno fa ha pubblicato, a firma di Jason Horowitz, un giornalista investigativo passato dal Washington Post alla testata più prestigiosa d’America, un resoconto di un intervento del 2014 di Bannon in videoconferenza alla Third International Conference on Human Dignity organizzata in Vaticano dal Dignitatis Humanae Institute, l’ambito della Chiesa più tradizionalista fondato nel 2008 da Benjamin Harnwell, a seguito, pare, del siluramento di Rocco Buttiglione in corsa per la carica di Vice-Presidente della Commissione Europea viste le sue posizioni pubbliche anti-gay. L’Istituto si fa carico di promuovere la presenza cristiana nella vita pubblica, con particolare riferimento all’agone politico, ma è stato esplicitamente accusato di essere una lobby segreta laico-cattolica capace di influenzare pesantemente le politiche europee.

Nel suo intervento Bannon ha fatto esplicito riferimento - una conoscenza decisamente rara fra i politici - a Julius Evola, il filosofo esoterico siciliano, di cui si dice che fu un “pacato” ammiratore di Mussolini e un convinto estimatore della superiorità del nazismo. Oltre che un razzista antisemita; di un razzismo “spirituale”, non necessariamente biologico, decisamente più vicino a quello “metafisico” di Martin Heidegger che a quello rozzo dei gerarchi nazisti.

Non che cambi molto, in realtà; l’uno rende facilmente possibile l’altro, e l'altro si giustifica con l'uno, come la storia insegna.

Non tutti sono d’accordo sull'influenza evoliana sul fascismo, soprattutto a destra dove si punta più in alto verso le vette del Tradizionalismo o della Rivoluzione Conservatrice degli anni '20, ma che il suo pensiero spiritualista abbia dato forte impulso al neofascismo italiano degli anni ’60 e ’70 pare essere indiscutibile.

E questo ambiente era attraversato, lo sappiamo, da tendenze golpiste che non avevano alcuna remora nel collaborare con ambienti deviati delle istituzioni. Così come non era esente, fino a prova contraria, da tendenze stragiste finalizzate, creando disordine, a far vincere il partito dell’ordine.

È quella che è stata chiamata “strategia della tensione” (e chi l’ha vissuta non se l’è dimenticata) il cui obiettivo finale era instaurare un altro sistema politico al posto di quello, ritenuto inetto e pericoloso, della democrazia parlamentare.

Un po’ come Hitler aveva fatto con l’incendio del Reichstag o come è accaduto in Turchia l’anno scorso con quell’incomprensibile, balordo e dilettantesco tentativo di golpe che ha portato Erdogan - questa la conseguenza - al massimo potere possibile. Se vale il cui prodest abbiamo anche la risposta sui veri mandanti (e sulle galere stracolme).

Basta un attentato, dei disordini di tipo etnico per far precipitare il paese nel caos (e se cacci con la forza dal paese una donna messicana irregolare, che però ci vive da vent'anni, mentre i figli - cittadini statunitensi - tentato disperatamente di fermare la deportazione, vuol dire che i disordini te li stai proprio cercando).

Già molti sostenitori di Trump non esitavano a dire che una pallottola è in grado di fermare qualsiasi dimostrazione. Riferendosi alle manifestazioni che contestavano l'elezione, cioè qualcosa che in ogni democrazia è assolutamente legittimo (e che i repubblicani stessi avevano a loro volta fatto quando fu eletto Obama).

Questi sono i rischi reali che gli Stati Uniti stanno correndo. E scusate se è poco.

 

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