Perché non votare Grillo (e perché votare i 5 stelle)
Qualcuno, lassù, si sta prendendo gioco di noi. Ditemi voi se questa coincidenza non è uno scherzo della storia e del destino: la fatalità ha voluto che il giovane Aristotele, intenzionato a scrivere un dialogo contro Isocrate sul modello del Gorgia platonico, non abbia trovato titolo migliore di questo: Il Grillo, o sulla retorica. Perché Grillo? Grillo era un soldato morto con onore che aveva dato prova di grande eroismo; alla sua morte si sprecarono gli elogi e gli epitaffi, evidentemente contraddistinti da quella ipocrisia sdolcinata che noi oggi sperimentiamo quando un soldato muore in Iraq; la cosa infastidì a tal punto Aristotele che egli scelse di utilizzare il nome di quel soldato per intitolare il suo scritto contro la retorica. Ma ciò che a noi soprattutto interessa, e ciò che in concreto costituisce la burla di cui siamo vittime, è proprio il fatto che lo scritto aristotelico diretto contro la retorica, cioè contro quella vuota oratoria che punta a convincere gli ascoltatori suscitando facili emozioni prescindendo da qualsiasi contenuto di verità, si intitoli appunto, incontrovertibilmente, Grillo.
E come non aggiungere all’ironia anche l’amarezza, se pensiamo che il buon vecchio De André, al termine de La domenica delle salme, profetizzò che le piazze d’Italia, “da Palermo ad Aosta”, sarebbero state invase da un frinire di insetti così alto da formare un “coro di vibrante protesta”. È la previsione perfetta dello Tsunami Tour, con l’unica differenza che quei fastidiosi insetti non sono cicale ma grilli o, ancor peggio, grillini. Sarebbe troppo facile, per aggiungere ancora un po’ di colore finale al paradigmatico cognome del Nostro, gettare nel calderone anche il collodiano grillo parlante, così da restituire l’immagine del petulante moralizzatore.
Anche se in modo meno raffinato e colto, alla suddetta conclusione sono arrivate tutte le migliori intelligenze che amano definirsi “di sinistra”. Grillo, quindi, è un demagogo qualunquista e populista. Bene. Fin qui ci siamo, siamo d’accordo. Ciò che tali invidiabili intelligenze però non considerano, è che una volta definito Grillo ci resta da definire il Movimento 5 Stelle, che è un’altra cosa.
Il non lasciarsi trascinare dalle urla del comico genovese è sicuramente un segno di indipendenza intellettuale, ma non basta, perché con altrettanta indipendenza quelle stesse persone dovrebbero giudicare il M5S senza la semplicistica equazione, ahimè piuttosto televisiva, Grillo=M5S.
Che proprio coloro che resistono al fascino demagogico di Grillo non abbiano resistito al fascino demagogico della televisione (e della stampa)? Non voglio pensarlo. Mi limito a consigliare a queste persone di non votare Grillo, se proprio ci tengono (le aiuta il fatto che non si è candidato), e di votare il M5S, di cui elencherò pregi e difetti secondo la mia modestissima opinione, giungendo alla conclusione che perfino chi si considera di “estrema sinistra” può ragionevolmente votare il M5S, pur turandosi il naso.
Naturalmente tralascio le accuse di “antipolitica” e “fascismo”, talmente stupide che mi creerebbero un certo imbarazzo nel confutarle.
PREGI
1) Il M5S ha avuto la capacità di riunire quel 20% di elettorato estraneo al bipolarismo PD-PDL, essenzialmente attingendo dal bacino della sinistra radicale e dell’astensionismo (ma non solo). È da tempo che in Italia si avvertiva l’esigenza di rompere l’ordine bipolare per far riemergere le vecchie istanze di sinistra, congelate ormai da quel sistema che finge di opporre centrodestra e centrosinistra e che in realtà oppone destra (PDL) e centrodestra (PD), spingendo la sinistra fuori dal Parlamento. Ci aveva provato il nobile Asor Rosa, ci avevano provato in tanti. Ci siamo riusciti nel modo peggiore: con il Movimento 5 Stelle. Ma almeno ci siamo riusciti.
2) In Parlamento riusciremo ad avere più di un centinaio di parlamentari estranei alle logiche partitocratiche, gente che viene dal basso, dalla “società civile”, dalle professioni, libera dal voto di scambio e da qualsivoglia (almeno per adesso) condizionamento. Spargeranno il caos, il panico, saranno un sasso gettato nello stagno della politica italiana, come attesta il terrore bipartisan e soprattutto estero, europeo, tedesco, francese. In effetti è proprio questa una prova della novità sistemica del M5S: esso suscita paura. Nessuno si spaventa del partito di Ingroia. Chi dovrebbero temere, l’IDV? Che nel Parlamento Italiano si siede a sinistra e in quello europeo si siede a destra? Rifondazione, che non ha mai fatto concreta opposizione? È abbastanza probabile che Berlusconi sia stato spinto a ricandidarsi (lui che poco prima si era ritirato) per aiutare il PD contenendo il M5S, in quanto senza la “minaccia Berlusconi” e la tiritera del “voto utile”, con una destra frazionata, almeno la metà degli elettori del PD avrebbe votato Grillo o Ingroia, con la conseguenza che il M5S sarebbe diventato il primo partito, e che con l’attuale premio di maggioranza avrebbe addirittura governato.
3) Il M5S deve servire da lezione a tutta la sinistra radicale, sempre sorda agli accorati appelli per l’unità della sinistra. Ma c’è di più. Prima un piccolo ripasso. Noi oggi non siamo in democrazia. Viviamo in quella che Dahl ha definito poliarchia, cioè in quel sistema basato sul “mercato elettorale” (Macpherson) in cui i competitori politici vendono i loro “prodotti simbolici” coinvolgendo l’elettorato solo nella forma della legittimazione passiva, affidando le decisioni politiche all’alternanza di élites selezionate dall’alto. Come dice Sartori: noi non governiamo, scegliamo l’élite che ci governa. Per opporsi a questa situazione è insufficiente il Partito così come è stato inteso da Lenin e poi da Gramsci. Bisogna ripensare e attualizzare la conformazione di un soggetto politico “di sinistra”. Per fare ciò può essere utile rivolgersi a certa letteratura americana (Chomsky, Albert, Bookchin, Holloway), che essenzialmente propone un movimento politico con queste caratteristiche:
- democrazia diretta interna
- partire dal basso e dal territorio per poi salire gradualmente (comune-provincia-regione-nazione)
- revocabilità costante delle cariche
- ogni organo eletto dipende da quello immediatamente inferiore (il contrario del centralismo democratico di Lenin)
- recupero della nozione di “cittadino” in luogo di quella esclusiva di “proletario” o “operaio” o “lavoratore”
- maggiore apertura teorica sui principi generali, trovandoci oggi in una fase di ripensamento e di studio della principale alternativa di sistema, il marxismo, ormai insufficiente a rappresentare l’anticapitalismo
- centralità del mezzo Internet per opporsi allo strumento indispensabile al mantenimento della poliarchia: la televisione.
Con onestà intellettuale dobbiamo riconoscere che, eccettuato l’anticapitalismo radicale, tutto ciò, con alti e bassi, è stato tradotto in realtà dal M5S (che non a caso ha ricevuto il beneplacito di Chomsky), e che di conseguenza stiamo assistendo a qualcosa di epocale, ma ovviamente “senza eroi”, nel classico stile italico, comico per l’appunto.
4) Il programma. Solo con una forte presenza del M5S possiamo sperare in un’abolizione della Porcellum, in più scongiurando qualsiasi rischio di bicamerali, con quelle “riforme condivise della Costituzione” che tanto ci hanno fatto tremare in questi anni, per l’inquietante ambiguità con cui ci venivano presentate. In più avremo la garanzia di una maggiore attenzione per le leggi di iniziativa popolare. Notevole il loro programma riguardo a energia, trasporti, salute, internet. Inoltre dobbiamo considerare che, per legge, il M5S avrà una discreta influenza sulla RAI, e che quindi determinate questioni (come la NO-TAV o eventuali referendum) avranno la loro insperata cassa di risonanza.
DIFETTI
1) Ovviamente la democrazia. Il M5S ha un funzionamento interno essenzialmente plebiscitario, in completa contraddizione con gli intenti originari. Grillo si è giustificato dicendo che non c’è stato il tempo di organizzare per queste elezioni la lenta e faticosa procedura democratica, quindi si spera nel futuro, nel senso che si spera negli attivisti più che in Grillo o in Casaleggio. Anche le parlamentarie non sono state trasparenti.
2) Daniele Luttazzi, nel numero di Micromega dedicato all’analisi del grillismo, ha scritto che le persone che applaudivano Grillo quando spaccava un computer sono le stesse che oggi applaudono Grillo quando proclama che il computer è la cosa più importante che c’è. Solo così si spiega, in effetti, l’adesione unanime ed entusiasta dei grillini a quella che, in linguaggio politologico, si definisce un’emerita cazzata: l’abolizione del finanziamento pubblico per giornali e partiti. Allora. Ricordate che prima abbiamo citato il Macpherson riguardo al “mercato elettorale”? Ebbene, il finanziamento pubblico ha proprio lo scopo di limitare tale fenomeno. La regola della poliarchia è questa: più soldi investi nella pubblicità elettorale, più voti ottieni. Con il finanziamento pubblico anche i partiti con meno o senza finanziatori possono concorrere in campagna elettorale. Di solito a questo punto Grillo (quindi il grillino con lui) risponde: “noi siamo la dimostrazione che anche un partito senza soldi può avere molti voti senza usufruire del finanziamento pubblico, quindi questo discorso è falso!”. Non è vero. Il M5S non è solamente autofinanziato. Esiste, è conosciuto e prende voti grazie al sostegno economico della Casaleggio Associati; inoltre si avvale della notorietà di un personaggio dello spettacolo, il famoso comico Beppe Grillo, che facilmente può veicolarne il messaggio. Quindi il M5S può permettersi di rifiutare il finanziamento pubblico. Un movimento simile a questo, ma veramente senza soldi, esiste da anni e si chiama Movimento per la Democrazia Diretta (MDD) e, infatti, non lo conosce nessuno. Grillo dovrebbe capire che ciò che c’è di sbagliato nell’attuale sistema è la sproporzione nell’erogazione dei finanziamenti, basata sul principio antidemocratico per il quale più voti hai più finanziamenti ottieni, che unito all’altro principio (più finanziamenti hai più voti ottieni) genera quel circolo vizioso che perpetua all’infinito gli equilibri poliarchici. Si dovrebbe invece erogare lo stesso finanziamento per tutte le liste che presentano la candidatura, indipendentemente dalla loro “importanza” (stabilita da chi?), vietando i finanziamenti privati.
3) La baggianata dei due mandati, oltre che stupida (Pertini e Berlinguer sarebbero stati “mandati a casa”) è aria fritta, e non si realizzerà mai. Innanzitutto perché è una riforma costituzionale, quindi suppone una maggioranza perlomeno ordinaria, e poi perché anche dovesse realizzarsi la Corte Costituzionale la boccerebbe in quanto palesemente incostituzionale, riguardando una limitazione piuttosto arbitraria di un diritto politico fondamentale, soprattutto per quanto riguarda i condannati. Sulla politica economica, poi, stendiamo un velo. E’ praticamente inesistente.
In conclusione, il voto al M5S è giustificabile come un sasso nello stagno, per rompere le acque. Nella peggiore delle ipotesi, il risultato sarà l’ingovernabilità e un nuovo governo tecnico, che magari provvederà con qualche legge ad evitare che il fenomeno Grillo si ripeta (e ciò è preoccupante); un’altra ipotesi è che il M5S contribuirà alla formazione di un bipolarismo accettabile, con un vero centrosinistra a fronteggiare il centrodestra; e nella migliore delle ipotesi, vicina alla fantapolitica, a sinistra si imparerà la lezione e si proverà a costruire un simile “movimento di rottura dal basso” sul modello chomskyano per superare la fase del bipolarismo.
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