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Referendum Costituzionale | Perché ha senso votare SI anche se non si è renziani

Poiché si avvicina il referendum e inevitabilmente c’è un po’ di confusione, elenco 10 punti in cui cerco di chiarire un po’ di equivoci che in questi giorni inquinano le informazioni e non fanno capire nulla. Si tratta di 10 affermazioni che vengono costantemente ripetute e che, testo della riforma alla mano, si rivelano come 10 bugie.
 

Per chi è indeciso su cosa votare, la cosa può tornare utile.

1) “I senatori non saranno più eletti ma nominati dai partiti” 

No. I senatori non saranno “nominati” ma eletti proporzionalmente dai consigli regionali tra consiglieri e sindaci

«in ragione dei voti espressi» dai cittadini (art. 57 comma 5) e «in conformità alle scelte degli elettori» (comma 4). Ad esempio la Puglia potrà eleggere 6 senatori; 5 saranno consiglieri, 1 sindaco (in tutto 100 senatori = 5 scelti dal Presidente della Repubblica, 74 consiglieri e 21 sindaci). Quindi, ad esempio, mettiamo che la proporzione risultante dalle elezioni regionali sia questa: 3 senatori al PD, 2 al M5S, 1 a FI. Per ogni partito i consiglieri più votati dai cittadini diventano senatori, mentre per i sindaci non si può usare lo stesso sistema, perché hanno tutti vinto elezioni diverse. Sarà quindi il consiglio (risultante dalle elezioni) a votare il sindaco tra tutti i sindaci pugliesi (rispettando però la proporzione che deve esserci tra i 6). 
Sarà una legge costituzionale ad attuare con precisione queste disposizioni in relazione ai diversi statuti regionali, ma tale legge non potrà non rispettare le direttive costituzionali (proporzione e legame tra voti espressi ed elezione a senatore).
Quindi, ricapitolando, 74 senatori saranno eletti direttamente dai cittadini, che nel momento in cui votano i consiglieri alle elezioni regionali sanno che li stanno votando anche come senatori, mentre 21 senatori verranno eletti con “elezione di secondo grado” (eletti votano altri eletti), che non c’entra nulla con la “nomina” da parte del partito di riferimento.

 

2) “La riforma non risolve i problemi del bicameralismo, delle maggioranze diverse tra camera e senato, e del possibile blocco istituzionale”

Sbagliato. Con questa riforma non ci sarà più il rimbalzo inutile (inutile perché avviene tra maggioranze dello stesso colore, quindi un’inutile doppione di uno stesso processo) delle leggi da una camera all’altra, semplicemente perché la Camera, dopo il primo esame in Senato, avrà l’ultima parola (la Camera, non il Governo). Quindi ci sarà comunque uno scambio tra Camera e Senato (ma uno solo) per permettere eventuali modifiche o correzioni di errori. Ma, si dice, per un numero di leggi importanti (elettorali – costituzionali – trattati internazionali) la riforma prevede di nuovo il bicameralismo paritario e quindi il problema non è risolto, aggravato dal fatto che in questa riforma sarà molto probabile che Camera e Senato abbiano maggioranze diverse, bloccando il sistema. Ma proprio qui sta il suo pregio! Vediamo più nel dettaglio.
La riforma prevede (anche con una delimitazione precisa delle tempistiche) che l’iter legislativo venga abbreviato e semplificato, così da rendere più probabile che il Governo riesca a fare semplicemente quello per cui è stato eletto, nel tempo che ha a disposizione (non c’è sotteso nulla di “autoritario” in questo, tranquilli). E se il Governo vuole abusare della sua maggioranza per garantirsi più potere a scapito della democrazia? Lo farà appunto (come è sempre stato) con leggi elettorali e costituzionali. Ecco perché per queste leggi torna il bicameralismo paritario. Ciò è finalizzato a mantenere i pregi del bicameralismo (maggiore garanzia) eliminandone i difetti (eccessiva lentezza). Se un Governo propone una legge elettorale sostanzialmente antidemocratica (come accade quasi sempre), ha un’alta probabilità nel nuovo sistema di incontrare una maggioranza diversa al Senato (ricordo che il Senato diventerà un organo con un ricambio continuo, e anche ciò contribuisce ad aumentarne la democraticità). Tale maggioranza potrà bloccare la legge del Governo e – qui sta il punto fondamentale – questo blocco non implica la caduta del Governo, perché il Senato non ha più il rapporto di fiducia con il Governo. Finora, invece, i Governi hanno sempre ricattato il Parlamento con la questione di fiducia: se mi bloccate, cade il Governo, si sciolgono le camere e tutti a casa. In questi anni non abbiamo fatto altro che alternare autoritarismo governativo e instabilità. In questo modo, invece, non cadranno continuamente i Governi (ciò dipenderà comunque dalla legge elettorale) ma i Governi non potranno più fare quello che vogliono indiscriminatamente, perché ci sarà una camera (il Senato) in grado di bloccare il Governo su leggi sistemiche e fondamentali, senza poter subire il ricatto dello scioglimento delle camere. Se tali leggi verranno bloccate, allora il Governo dovrà modificarle o lasciar perdere, occupandosi di altro.

 

3) “I Governi finora hanno sempre legiferato con velocità, quindi non esiste un problema di governabilità”

Appunto. Per aggirare i limiti oggettivi alla governabilità imposti dal bicameralismo paritario, nel corso del tempo si sono consolidati regolamenti e prassi parlamentari lesivi dei diritti delle opposizioni, rendendo il Parlamento un organo di ratifica passiva del Governo. Ma se tali limiti verranno eliminati non sarà più necessario sacrificare la democraticità dei regolamenti. Non si tratta quindi di passare da una situazione di ingovernabilità ad una di governabilità, ma da una situazione di governabilità indiscriminata ad una di governabilità regolamentata. Infatti la riforma prevede (art. 64 comma 2) la costituzionalizzazione dei diritti delle minoranze parlamentari. Ciò ha un’importanza fondamentale perché potrebbe costringere la Corte Costituzionale a rivedere la giurisprudenza in materia e a sottoporre al vaglio della legittimità gli attuali regolamenti (infatti per ora una sentenza del 1985 stabilisce che la Corte non può pronunciarsi sui regolamenti parlamentari).

 

4) “Ma questi diritti delle minoranze verranno comunque scritti dalle maggioranze”

Questa è una perla rara, detta da Zagrebelsky e spesso ripetuta. Ci si stupisce che a scrivere tali regolamenti siano le maggioranze. E chi dovrebbe scriverli, le minoranze? C’è solo un piccolo dettaglio: in democrazia le minoranze non legiferano. Allora come si fa? Entra in gioco qui il cosiddetto “principio di alternanza”: se l’assetto costituzionale è equilibrato e garantisce l’alternanza dei Governi (e il nostro è tale, anche con la riforma), le maggioranze sanno che potranno diventare minoranze, quindi ad esse non conviene abusare del loro momento di potere. Questo è un “rischio” del sistema democratico in generale, non di questa riforma, ed è proprio per limitare questo rischio che esistono la rigidità della Costituzione, gli organi di garanzia e decine di altri contrappesi, contrappesi che peraltro da questa riforma escono rafforzati.

 

5) “Le firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare salgono da 50mila a 150mila”

Si, ma bisogna capire perché. La modifica dell’art. 71 obbliga il parlamento a calendarizzare, discutere e votare le leggi di iniziativa popolare, che invece finora sono sempre state tranquillamente ignorate. Di conseguenza, necessariamente il numero di firme si deve alzare, perché al tempo di internet non è così difficile raggiungere e trascinare 50mila persone, e si potrebbe costringere il Parlamento ad occuparsi di qualsiasi cavolata. In ogni caso chi non è convinto di questo argomento ed è proprio così affezionato alle 50mila firme, con una vittoria del NO otterrebbe solo l’inutilità di quelle 50mila firme, come è sempre stato finora, mentre è una palese falsità che le 150mila siano irraggiungibili (per i 67 referendum abrogativi della storia italiana sono state raggiunte ogni volta 500mila firme). In più l’art. 71 inserisce per la prima volta nell’ordinamento italiano nazionale il referendum propositivo, ovvero proposte di legge popolari vincolanti per il legislatore.

 

6) “Le firme necessarie per la richiesta di referendum abrogativo salgono da 500mila a 800mila”

No. Le firme restano 500mila, e in questo caso tutto resta come ora, ovvero il referendum è valido solo se vota la metà più uno degli elettori; ma poiché sappiamo che la maggior parte dei referendum abrogativi non raggiungono il quorum e vengono invalidati, è stata aggiunta la possibilità, nel caso si raggiungano le 800mila firme, di considerare come quorum non la metà più uno degli elettori ma la meta più uno degli elettori alle ultime elezioni politiche. Con questo sistema, in caso di 800mila firme, tutti i referendum abrogativi della storia italiana che non hanno raggiunto il quorum (28) lo avrebbero raggiunto, compreso l’ultimo sulle trivelle.

 

7) “Per la prima volta compare in Costituzione il termine Unione Europea, e ciò sancisce ufficialmente la sottomissione dell’Italia all’Europa”

No. A parte che in generale le costituzioni nazionali sono subordinate al diritto internazionale; ma i limiti internazionali alle costituzioni nazionali non sono imposti dall’esterno, bensì sono autoimposti, quindi, tecnicamente, non sono imposti. La Costituzione regolamenta i rapporti tra Italia e Unione Europea, non dice nulla sulla natura di questi rapporti; in qualunque momento l’Italia potrebbe decidere di uscire dall’unione monetaria o politica e la Costituzione non lo impedirebbe. Ciò che davvero è vincolante in questi termini è stata la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, che non è stata sottoposta a referendum in quanto votata alla quasi unanimità dal Parlamento, dalle stesse forze politiche ora schierate per il NO alla presente riforma. 
Comunque sia questa è una vaccata immane (tirata fuori dall’esimio “professor” Becchi) perché da decenni vengono studiati i rapporti tra Costituzione Italiana e Unione Europea, senza che fosse necessario che apparisse l’espressione “Unione Europea”, perché laddove si parla di “norme comunitarie” si intende la stessa cosa.

 

8) “L’elezione del Presidente della Repubblica avverrebbe in modo meno democratico”

No. Per capire poniamo il numero 150. Attualmente il Presidente della Repubblica deve essere eletto con la maggioranza dei due terzi dell’assemblea (almeno 100 voti), dopo il terzo scrutinio con la maggioranza assoluta (almeno 76 voti); con la riforma verrebbe eletto con la maggioranza dei due terzi dell’assemblea (almeno 100 voti), dopo il terzo scrutinio con la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea (almeno 90 voti, quindi una maggioranza ancora più larga), dopo il settimo scrutinio con la maggioranza dei tre quinti dei votanti. Arrivati al settimo scrutinio, quindi, poiché si tratterebbe di una votazione già abbastanza lunga, gli autori della riforma hanno cercato così di impedire l’astensione come strumento per dilungare all’infinito la procedura: coloro che si sarebbero astenuti (impedendo di raggiungere la maggioranza assoluta) saranno costretti a votare contro il candidato sgradito (quindi la partecipazione al voto aumenterebbe), in questo modo è più probabile che un nome esca fuori nel giro di un altro paio di votazioni.

9) “La riforma potrebbe portare ad una deriva autoritaria”

Qui la confusione è totale. Poiché il Governo Renzi ha presentato la riforma e la legge elettorale Italicum come parti di uno stesso progetto, le due cose vengono continuamente confuse. Occorre quindi ripetere che ciò che si voterà al referendum è la riforma di cui abbiamo parlato finora, non l’Italicum. Questa riforma aumenta il tasso di democraticità della Costituzione Italiana, l’Italicum invece lo diminuisce di molto, come ogni legge elettorale “porcata” degli ultimi anni. Tutto ciò che di terribile e di antidemocratico è stato segnalato in questi mesi riguarda l’Italicum, non la riforma. L’accoppiata Italicum + Costituzione riformata non è meno democratica dell’accoppiata Italicum + Costituzione attuale. Il problema è quindi l’Italicum. 
Ma votare SI alla riforma favorirà in qualche modo l’entrata in vigore dell’Italicum? Assolutamente NO! Anzi, piuttosto è il contrario. La riforma (e questo è un altro suo pregio) prevede che ogni legge elettorale passi prima dalla Corte per poter essere promulgata. Negli ultimi anni abbiamo spesso avuto leggi elettorali dalla Corte dichiarate incostituzionali, ma esse restavano in vigore (appunto perché la Corte le giudicava dopo) per garantire il cosiddetto principio di continuità dello Stato (qualcuno deve governare). Per questo motivo ci troviamo da anni in una sorta di limbo incostituzionale, oscillando tra governi tecnici e “governi di minoranza”, distanti dalla rappresentanza elettorale (come il Governo Renzi). Con la riforma questo non sarà più possibile.

 

10) “Ma anche accettando tutto questo, resta il fatto che questo è un voto POLITICO, presentato in tal modo da Renzi stesso, quindi se vince il NO cade il Governo”

Credo che una visione del genere sia superficiale e ingenua. Premesso che non voto Renzi né mai lo voterò, cerco di spiegare perché ha senso votare SI anche se non si è renziani. 
Innanzitutto i “difensori” della Costituzione forse non sono al corrente di tutti i tentativi degli ultimi 30 anni di trasformare la nostra Costituzione in senso presidenzialista o semi-presidenzialista, molti dei quali promossi dagli attuali sostenitori del NO, non a caso. Una riforma come questa è quindi oro, perché risolve i problemi che andavano risolti senza intaccare la forma parlamentare. Con la vittoria del NO invece quei problemi rimarranno, e fungeranno ancora da pretesto per cercare di cambiare la Costituzione in senso presidenzialista. 
Ecco quindi il piano di Renzi: presentare una buona riforma e presentarsi come colui che riesce a farla dopo decenni di tentativi falliti, così da acquistare consensi e vincere le elezioni con una legge elettorale che toglie di mezzo ogni opposizione, così da garantirsi il potere a lungo. In questo piano ha però commesso due errori: uno di megalomania, perché l’Italicum porterà al Governo i Cinquestelle, non lui, se ne sono accorte tutte le forze politiche tranne Renzi e molti grillini; l’altro, che non ha considerato che quelle forze politiche, compresa la vecchia guardia del PD improvvisamente risorta, si sarebbero coalizzate e avrebbero mediaticamente inquinato il dibattito sul referendum per non soccombere, riuscendo così a convincere una buona parte dei cittadini mediamente colti e con una sensibilità democratica che il 4 dicembre si voterà una pessima riforma antidemocratica, e non invece, come è vero, una buona riforma democratica, non ottima, non perfetta, ma buona. 

Ma aldilà di tutto questo, restano i dati di fatto: 

- se vince il NO, nell’ipotesi che cada il Governo non si potrà andare ad elezioni, prima si dovrà modificare l’Italicum per parificare le elezioni di Camera e Senato e sicuramente si farà una nuova legge elettorale; quindi Renzi, D’Alema, Verdini, Salvini, Berlusconi eccetera faranno come al solito una legge elettorale ad hoc, su cui la Corte non potrà farci nulla e su cui non ci sarà nessun referendum. Continueremo quindi ad avere i soliti governi tecnici o di minoranza;

- se vince il SI si andrà avanti con l’Italicum, ma esso sarà sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale, che probabilmente lo boccerà; se non lo farà, l’Italicum porterà al Governo i Cinquestelle, non Renzi, per questo verrà quasi sicuramente abbandonato e si farà una nuova legge elettorale, solo che questa volta dovrà passare dalla Corte prima delle elezioni (in virtù della riforma).
Quindi non ha nessun senso votare NO se la motivazione è esprimere un voto contro Renzi, contro governi tecnici o di minoranza o contro l’Italicum. 
A meno che non si decida di ignorare le questioni di Costituzione, democrazia eccetera eccetera, perché si vuole solo votare contro la faccia che ci sta antipatica, in questo caso Renzi, o ci si ostini a considerare un referendum costituzionale come un referendum politico, senza avere la pazienza di aspettare le prossime elezioni politiche per “mandare a casa” Renzi. In questi casi non saprei cosa dire.

Commenti all'articolo

  • Di Patrizia (---.---.---.120) 23 novembre 2016 15:51

    Eccellente articolo, finalmente qualcuno che ha studiato bene i vari articoli riformati. Spero lo leggano in tanti prima del 4 Dicembre.

  • Di pv21 (---.---.---.150) 23 novembre 2016 20:02

    ASSONANZE >

    Il quesito referendario da confermare prefigura, tra l’altro, la soppressione del CNEL. L’unico Organo di rilevanza Costituzionale (art.99) che dà consulenze e formula proposte legislative in tema di economia e lavoro (vedi incipit art.1). Tutto questo secondo i principi ed entro i limiti dettati dalla Legge.


    Sono passati giusto 30 anni (1986) da quella Legge ordinaria (n.936) che ne dettagliò le competenze, le attribuzioni ed il funzionamento. Nonostante i diversi ulteriori “aggiustamenti” il CNEL ha sempre di più assunto i connotati di un carrozzone senza arte né parte e, come tale, votato allo sbando.

    Ciò premesso.


    Una volta fatti i dovuti distinguo, nella configurazione del CNEL non si possono non cogliere singolari “assonanze” con l’odierna proposta del nuovo SENATO.

    I 65 membri del Cnel (esperti e rappresentanti) sono di fatto “nominati e demandati” a svolgere un’attività a carattere saltuario ed accessorio. Tant’è che alle riunioni di varie Commissioni sovente è venuto a mancare perfino il numero legale.

    Dopo il preliminare dibattito con le categorie d’appartenenza, come da Legge, quanto prodotto viene sottoposto al vaglio (di merito) e può subire l’eventuale “rigetto” (supremazia) da parte di altri Organi Costituzionali (Governo, Camere,..).


    Conclusione.

    Anche visto il pregresso, il CNEL potrebbe costituire un sostanziale banco di prova per lo spirito e le capacità “riformatrici” vantate dal leader RENZI che, al contrario, ne propugna la sbrigativa soppressione per poter risparmiare sul capitolo costi (circa 9 milioni anno). COSTI che, per esperienze similari, potrebbero essere azzerati solo tra parecchi mesi, se non anni.

    Quindi.


    A fini referendum dovrebbe emergere qualche serio dubbio.

    Non solo sul merito specifico, ma anche sulla base delle citate “assonanze” con la nuova formulazione del Senato.

    Meglio sempre diffidare di Riflessi e Riflessioni finalizzate a orientare …

  • Di vittorio3 (---.---.---.189) 25 novembre 2016 18:16

    Complimenti vivi a Emanuele Maggio che anziché assordarci con slogan urlati elenca fatti e dati concreti.

    Aggiungo un tema non trattato ..... ma molto sentito dai parlamentari che si sgolano per il no :

    LE POLTRONE ?  NON SIA MAI DETTO !

    Pare del tutto comprensibile che la maggior parte dei 315 Senatori sia ostile, tacitamente o palesemente, a una riforma che sottrarrà loro una posizione di potere e prestigio, ben remunerata e confacente alla loro professione di politici a vita .

    Ma come mai ora si dichiarano ostili anche molti dei 630 deputati (che peraltro, prima della fine del “patto del saraceno”, in commissione e in aula votarono a favore di buona parte degli articoli della riforma) visto che la stessa dà alla Camera dei Deputati maggiore rilevanza e potere con l’eliminazione del bicameralismo paritario ?

    Un mio amico, particolarmente maligno e crudo, dice che molti deputati ora “se la fanno sotto” perché alle prossime elezioni della Camera non verranno inclusi nelle liste in quanto i partiti preferiranno, in molti casi, sostituirli con ex-senatori sovente più noti, scafati e di mestiere.

    E già perché con la riforma i seggi parlamentari si riducono di un terzo (da 945 a 630) e la lotta per conquistarne uno sarà  acerrima e dura come mai è stata !

    Aggiunge l’innominato maligno che i parlamentari sono particolarmente angosciati e inc . . . ati a fronte di nuove disposizioni previste da questa riforma che loro considerano irriverenti e punitive, quali ad esempio :

    - art. 6 – “ I membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute dell’Assemblea e ai lavori della Commissione” (n.d.r. : sarà pur maligno il mio amico, ma com’è che questo obbligo formale non c’era e neppure i rigorosi deputati M 5 S lo hanno mai rivelato a noi elettori ?)

    - art. 16 – “Nel corso dell’esame dei disegni di legge di conversione dei decreti non possono essere approvate disposizioni estranee all’oggetto o alle finalità del decreto “ (n.d.r.: come faranno ora i deputati a far infilare subdolamente nei decreti “carrozzone” le leggine che li rendono tanto popolari e amati al loro paesello ?)


    diceva andreotti :  a esser maligni si fa peccato, ma sovente ci s’azzecca !

     


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