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Dopo 17 anni, una definizione del berlusconismo: "nuova strategia della tensione"

Il berlusconismo come "via italiana" alla poliarchia mediatica, "nuova strategia della tensione" e "fascismo bipolare".

Berlusconismo. Cos'è? In sintesi: è la principale connotazione politico-culturale che la Repubblica Italiana ha assunto negli ultimi 17 anni, ovvero è la specifica conformazione politica di quella che è stata chiamata “Seconda Repubblica”.

Vorrei però tentare di offrire un'analisi più dettagliata. Innanzitutto, oserei affermare che il berlusconismo è una forma di “fascismo”. Ora, qui dobbiamo essere molto cauti. L'intellighenzia liberale e di sinistra da tempo dibatte il problema. Le posizioni sono soprattutto due: c'è chi crede che il berlusconismo sia un vero e proprio “regime” fascista, basato sulla costruzione propagandistica del consenso, sul rapporto diretto capo-massa e su alleanze parlamentari razziste e nostalgiche del duce, un regime fortunatamente limitato dalle garanzie costituzionali ma costantemente minaccioso verso di esse (questa è l'opinione dominante); c'è poi invece chi ridimensiona drasticamente il fenomeno, distinguendo chiaramente il presunto “regime” berlusconiano dal regime fascista che l'Italia ha conosciuto nel ventennio, escludendo categoricamente qualsiasi pericolo di “svolta autoritaria” e negando l'esistenza stessa del berlusconismo, relegandolo magari a semplice fenomeno di degrado culturale, demagogico e populistico.

Io vorrei qui assumere una posizione intermedia. Credo fermamente che il berlusconismo sia una forma di fascismo, ma non nel senso dell'opinione pseudosinistroide dominante. Anzi, credo che quell'opinione vada ribaltata, o quantomeno bilanciata, e il sinistroide che leggerà quanto scrivo probabilmente storcerà il naso.

Prima di tutto, chiariamo un poco il termine “fascismo”. Esso, come si sa, non gode di una definizione esaustiva e precisa. Esistono i fascismi, storicamente determinati, ma non “il fascismo”. Il regime mussoliniano fu diverso da quello hitleriano, ed entrambi, comunque molto simili, furono diversi da quello franchista o da quello peronista. In ogni caso, alcuni elementi ricorrono con costanza: il culto del capo, la costruzione del consenso, la repressione del dissenso, la militarizzazione della società. Il fascismo italiano si è caratterizzato per l'aggiunta di altri elementi specifici: il “rivoluzionarismo verbale” unito al “conservatorismo sostanziale” (è l'interpretazione classica), una certa vocazione totalitaria (ovvero l'ideale di un'uniformazione ideologico-culturale della società), la funzione anticomunista, una politica economica di stampo “sociale”. Il regime hitleriano ha aggiunto a tutti questi elementi soprattutto il razzismo, il nazionalismo e un certo ritualismo di massa. Dal quadro sopra descritto capiamo bene che il berlusconismo, qualora lo considerassimo una forma di fascismo, andrebbe necessariamente declinato come fascismo “moderno”, precisamente differenziato.

Innanzitutto, esso si innesta su un'altra forma di “fascismo” (così definito da Pasolini), quest'ultima di vecchia data. Ovvero l'omologazione consumistica presente nelle società industriali avanzate, che impone come modelli dominanti il successo e la ricchezza. Sono i francofortesi a farci notare che, senza bisogno di golpe militari, il capitalismo ha imposto un “totalitarismo perfetto” che si distingue dal “totalitarismo imperfetto” dei regimi autoritari, che mai sono riusciti a raggiungere quel grado di omologazione culturale che le liberaldemocrazie capitalistiche hanno raggiunto senza problemi. Questa forma di “fascismo”, naturalmente, prescinde da Silvio Berlusconi e cronologicamente lo precede. Ci stiamo avvicinando alla definizione di “berlusconismo”, ma ancora non l'abbiamo delimitata nel suo significato precipuo.

Il berlusconismo si innesta anche su di un altro sistema politico oggi dominante: la poliarchia mediatica bipolare. Il termine “poliarchia” è stato introdotto da Robert Dahl per dare il giusto nome a quella che gli occidentali si ostinano a chiamare “democrazia”. La poliarchia, come già si auspicava nel 1975 l'americano Samuel Huntington, è il governo di molti, non di tutti. Il popolo deve autodeterminarsi, senza dubbio, ma esso può solo decidere tra una gamma di opzioni selezionate dall'alto. Non è che può decidere liberamente su qualsiasi cosa! (sul sistema economico, per esempio). Attualmente, in tutto l'Occidente, la poliarchia viene garantita dalla partitocrazia mediatica, ovvero dal privilegio mediatico di determinate forze politiche (di solito riunite in due grandi “poli”, centrodestra e centrosinistra, “non uguali ma simili”, come ebbe a dire una volta, in un raro sprazzo di sincerità, Fausto Bertinotti), che egemonizzano il dibattito pubblico e dettano l'agenda delle priorità politiche (vedere il fenomeno dell'agenda setting). In Italia disponiamo addirittura di una prova documentale di questo progetto: il Piano di Rinascita Democratica della Loggia P2 che, semplicemente in conformità con i dettami atlantici, auspicava la formazione di due forze centripete tese ad escludere le “frange estreme”. Quali sono le caratteristiche della poliarchia mediatica bipolare? Queste le principali: spettacolarizzazione della politica, leaderismo plebiscitario, costruzione competitiva del consenso (cioè i competitori elettorali - i partiti - pubblicizzano i propri prodotti simbolici - programmi “politici” - che verranno poi “liberamente” scelti dai consumatori - elettori -), comunicazione emotiva nell'arena politica (che si sostituisce all'argomentazione razionale). Curiosamente, la stragrande maggioranza dell'intellighenzia di sinistra, amplificata da una consistente propaganda, ritiene soprattutto imputabili a Berlusconi tutti questi fattori. In realtà, a Berlusconi non siamo ancora arrivati. Il berlusconismo, per quanto ci stiamo avvicinando sempre di più, non lo abbiamo ancora definito. Il sistema sopra descritto vige attualmente in tutto il mondo occidentale e occidentalizzato, con o senza Silvio Berlusconi.

Arriviamo adesso al caso dell'Italia. Agli albori della Seconda Repubblica, un insistente bombardamento mediatico ha convinto gli italiani che essi avevano bisogno di un sistema elettorale che comportasse il bipolarismo. Un referendum popolare ha ufficialmente legittimato questa tesi. Pian piano, nel corso di questi anni, il bipolarismo è diventato una specie di istituzione ufficiosa, una realtà da cui ormai non si può più prescindere (non lo consentono i sistemi elettorali). L'ago della bilancia di questo meccanismo è l'uomo nuovo della politica italiana: l'imprenditore Silvio Berlusconi. Ecco che comincia a delinearsi una prima definizione di “berlusconismo”: il berlusconismo è la “via italiana” alla poliarchia mediatica bipolare. In che senso?

E' molto semplice. Il centrosinistra ha sbandierato e continua a sbandierare programmaticamente, tramite i suoi canali mediatici privilegiati, il “pericolo Berlusconi” e la retorica del “voto utile”; in questo modo attrae da ben 17 anni verso un polo antiberlusconiano l'elettorato socialdemocratico e perfino parte dell'elettorato anticapitalista, potendo anche permettersi di operare una graduale svolta centrista e padronale in cui intrappolare tale elettorato, ormai costantemente “deluso” dai suoi dirigenti, ma rassegnato pur di non veder concretizzarsi il fantomatico “pericolo Berlusconi”. In questo modo, semplice ma geniale, la sinistra è stata finalmente esclusa dal Parlamento. Dobbiamo postulare necessariamente un disegno consapevole orientato a tale obiettivo, un disegno che coinvolge in ugual modo il centrodestra e il centrosinistra. Crediamo davvero che gli esponenti di punta del centrosinistra siano stati “ingenui” (nelle alleanze elettorali, nelle pallide competizioni propagandistiche, nella mancata legge sul conflitto di interessi ecc..) e non abbiano invece volutamente favorito in numerosi casi l'alternanza di governo con il centrodestra, in modo da perpetuare il più a lungo possibile il “pericolo Berlusconi”?

E poi che cos'è questo “pericolo Berlusconi”? Essenzialmente, è una sorta di eventualità senza nome, indefinibile, che riguarda presumibilmente l'equilibrio delle istituzioni democratiche, la salvaguardia della costituzione e il bilanciamento dei poteri dello Stato, tutte cose che Berlusconi metterebbe seriamente a rischio. Come è stato possibile inculcare in gran parte della popolazione un simile allarmismo, peraltro privo di fondamenti? Ciò avviene ininterrottamente da 17 anni, in due atti: vi è una fonte primaria consapevole (l'agenda dei media dominanti) e una moltiplicazione secondaria inconsapevole (media secondari - stampa, radio, web.. - blogger, comici, opinionisti, intellettuali di grido ecc..). La mobilitazione degli ultimi tempi, coadiuvata da presenze illustri (Umberto Eco, Paolo Flores d'Arcais e affini) fa davvero pensare. Nessuno sembra accorgersi del fatto che il “pericolo Berlusconi” è rimasto allo stato di “pericolo” per 17 anni. Mussolini era un pericolo nel 1922, ma 17 anni dopo stava già per completare la sua parabola. Invece Berlusconi no. Egli si trova nello stato di pericolo permanente. Ha più di 70 anni, tra poco muore, ma è sempre un pericolo per le istituzioni repubblicane. Il pericolo, ovviamente, non si concretizza mai. Ma è sempre dietro l'angolo, a livello di possibilità e prospettiva. E' un po' come il terrorismo islamico: non lo vedi perchè è dappertutto. Non lo vedi ma c'è, fidati che c'è, e da un momento all'altro può farsi sentire.

Occorre a questo punto tranquillizzare il lettore più sprovveduto. Le svolte autoritarie, i fascismi vecchia maniera, non sono possibili nell'attuale congiuntura internazionale, almeno in Occidente. I fascismi sono stati storicamente utili alle élites transnazionali solo quando si sono presentate minacce comuniste organizzate, minacce che oggi non si vedono, nemmeno all'orizzonte. L'Occidente ha bisogno della poliarchia (“la democrazia”, scrive Canfora, “è rimandata ad altre epoche”...), ovvero di una democratica competizione tra élites imprenditoriali, che si contendono l'egemonia del “mercato elettorale”. I dittatori sono pericolosi, possono essere scheggie impazzite, ad esempio possono operare svolte protezionistiche non autorizzate, danneggiando i mercati comuni, o possono nazionalizzare importanti risorse, eccetera eccetera. E' in questo senso che vanno lette l'esportazione occidentale della “democrazia” (cioè della poliarchia) e le varie “rivoluzioni colorate” aizzate dagli Stati Uniti contro dittatori poco “collaborativi” (di cui l'italiano “popolo viola” non è che un'inconsapevole, grottesca appendice).

Questo inquietante, sotteso progetto allarmistico possiamo riassumerlo in un sol modo: il berlusconismo (in cui è compreso l'antiberlusconismo) è una “nuova strategia della tensione” finalizzata a marginalizzare la sinistra italiana. La si marginalizza inglobandone la forza elettorale nel moderatismo, in (ir)realtà politiche fluttuanti e amorfe, fortemente colluse con ambienti confindustriali, bancari e filoamericani, e tutto ciò sempre in nome dell'antiberlusconismo. Per fare solo un piccolo esempio, basti ricordare un sondaggio del 2009 del Ministero degli Interni: il 50% della popolazione italiana è contraria alle missioni militari in Afghanistan e in Iraq. Dunque, dov'è rappresentato questo 50% in Parlamento? Non parliamo di un 5%, che può anche succedere non venga rappresentato (dipende dal sistema elettorale). Parliamo del 50%! Ebbene, in Parlamento il voto per i finanziamenti alla guerra è unanime. Quel 50% di italiani è magicamente scomparso, nonostante essi abbiano eletto circa il 50% del Parlamento (il centrosinistra che qui incriminiamo, appunto). La poliarchia è infatti questo: ci sono questioni, dicono lorsignori (ratifica del Trattato di Lisbona, introduzione del precariato, guerre ecc...), che dobbiamo decidere tra di noi, e su cui nemmeno il 50% di voi ha diritto di parola. Voi potete esprimere le vostre preferenze su faccende più superficiali, non certo su questioni “sistemiche”. E per garantire questo Silvio Berlusconi è stato fondamentale, come “ago della bilancia”, perno centrale su cui ha ruotato tutto il meccanismo, “specchietto per le allodole”.

Ora che il quadro generale è completo, non resta che spiegare in che senso il berlusconismo (“la via italiana alla poliarchia”, “la nuova strategia della tensione”) è una forma di fascismo. Esso è una forma tutta nuova di fascismo, che definirei fascismo bipolare (da leggersi sempre all'interno dell'omologazione consumistica e della poliarchia mediatica bipolare). Ovvero: il polo berlusconiano ha davvero tentato di riproporre forme di ducismo all'antica, e Berlusconi stesso, tramite la costruzione del consenso, ha probabilmente davvero coltivato velleità autoritarie; i suoi seguaci lo hanno subito ipostatizzato come “colui che risolve i problemi”, il salvatore della patria. Viceversa, il polo antiberlusconiano ha costruito il proprio potere dipingendo Berlusconi come “pericolo pubblico n.1”. Si è assistito cioè, da parte antiberlusconiana, ad una vera e propria costruzione del dissenso, un fascismo al contrario, una sorta di culto negativo del capo. Riassumendo: un'intera classe dirigente ha giustificato per un ventennio il proprio potere e i propri privilegi intorno alla figura di Silvio Berlusconi, chi idolatrandolo, chi demonizzandolo. Questo è un fenomeno, che io sappia, senza precedenti, e la storia lo ricorderà come “berlusconismo”, variante comica del fascismo. Sembra riecheggiare quella vecchia battuta del buon Karl Marx: “i grandi avvenimenti si ripetono due volte nella storia, la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa”. Prima il ventennio fascista, poi il ventennio berlusconista, l'alternanza di governi berlusconiani e antiberlusconiani, entrambi berlusconisti.

Ora, quale dei due poli, dei due fascismi, è il più pericoloso? Il 30% “che ama”, i seguaci di Silvio Berlusconi, o il 70% di “persone per bene” (come le ha chiamate Bersani), che ci tengono a precisare che sono antropologicamente diverse e moralmente superiori rispetto a Silvio Berlusconi?

L'istinto mi suggerisce di diffidare soprattutto del conformismo più diffuso...

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.241) 12 febbraio 2011 11:07

    c’è voluto un grosso sforzo di volontà per arrivare sino alla fine di questo sproloquio demenziale e il risultato è una duplice domanda:
    all’autore - "perché non scrivi un nuovo articolo e ci fai capire la prossima volta a chi dobbiamo votare? a te? a Grillo(che è uno che come te ha capito tutto)? o non dobbiamo proprio votare?

    Alla redazione di Agoravox - "ma perché consentite la pubblicazione di queste scempiaggini?"

  • Di Emanuele Maggio (---.---.---.206) 12 febbraio 2011 12:40

    ho espresso la mia opinione..e la redazione dovrebbe vietare gli insulti come i tuoi, non le opinioni come le mie..nel caso tu appartenessi all’elettorato socialdemocratico (cioè coloro i quali credono che, nel conflitto capitale-lavoro, il proprio partito dovrebbe prendere le parti del lavoro), chiediti perchè voti VOLUTAMENTE un partito che prende le parti del capitale (il caso Mirafiori ne è stato un esempio), chiediti perchè il Pd non si allea con Sel, con Di Pietro e con la Fed della Sinistra, con i quali vincerebbe sicuro le elezioni, e invece propone improbabili alleanze con Casini e Fini, sempre in nome del "pericolo berlusconi", dell’"emergenza costituzionale". In questo modo spaccheranno il proprio elettorato (attratto da Vendola) e vincerà di nuovo Berlusconi. Ma tu sei libero di credere che D’Alema è solo ingenuo. Poi, il Piano di Rinascita non l’ho scritto io, il fenomeno dell’agenda setting non l’ho inventato io (quel fenomeno cioè che detta le priorità politiche, da cui l’elettore viene attratto, e adesso la priorità è BATTERE BERLUSCONI, le vecchie istanze di sinistra vengono rinviate a chissà quando). 
    Grillo non mi interessa. Chi votare dovresti deciderlo tu, non te lo devo dire io e non te lo dovrebbe dire il martellamento mediatico, che insiste su problemi minori, ingigantendoli, e tace su problemi maggiori, nascondendoli.

    • Di (---.---.---.241) 13 febbraio 2011 10:41

      mi dispiace, ti chiedo scusa, ritiro le offese. il fatto è che il tuo articolo è davvero incomprensibile e intriso di un tono professorale che non predispone al buo animo, inoltre sentirsi dare del sinistroide o dello sprovveduto ha fatto il resto. in ogni caso io voto contro berlusconi non perché sono un ingenuo sprovveduto che si lascia manipolare dai marpioni della politica e della stampa ma perché il signore in questione rappresenta per me la negazione di tutto ciò che di meglio ha prodotto il pensiero politico occidentale a partire dalle rivoluzioni inglese e francese. E continuerò a farlo perché il pericolo che possa trascinare l’Italia in un disastro o all’opposto realizzare una nuova forma di società autoritaria (modello Putin) è tutt’altro che campato in aria, checché tu ne pensi. in fondo a pensarci gli ci vuole abbastanza poco, se vince le prossime elezioni avrà una tale maggioranza di fedeli servitori che potrà ridurre la magistratura ai suoi ordini e non resterà alcun potere indipendente da lui, come Putin!
      in ogni caso se mi è lecito darti un consiglio vatti a riguardare la storia d’Italia nell’anno 1924. Dopo il delitto Matteotti, mussolini che governava insieme ai liberali si trovò isolato, se solo i comunisti, i socialisti, i socialdemocratici e i popolari - invece di fare l’aventino - si fossero messi daccordo e avessero tentato di agganciare i liberali ( che erano a disagio) la storia d’Italia avrebbe preso tutto un altro corso, non ti pare?

  • Di pv21 (---.---.---.201) 12 febbraio 2011 19:02

    Principio guida >
    Dice Berlusconi: "L’uomo viene prima della società e la società prima dello Stato”.

    Niente da eccepire come percorso storico delle comunità umane.
    Come scala di valori civili SB omette (dimentica?) la essenziale “chiave” applicativa: “Vale la legge del più forte.
    Le regole/interessi del più forte vengono prima del gruppo (società) e quelli del gruppo più forte vengono prima dell’intera popolazione (Stato).

    Basta allora una legge “porcellum” ed una casta di Primi Super Cives attenta a privilegi, interessi e immunità …

  • Di paolo (---.---.---.118) 12 febbraio 2011 20:43

    Caro Emanuele , permettimi di darti un suggerimento . Non discutere mai con un’idiota perchè prima ti trascina al suo livello e poi ti batte con l’esperienza .

    Complimenti per il tuo articolo .
  • Di (---.---.---.124) 13 febbraio 2011 16:28

     Ad una prima veloce lettura del suo articolo ho pensato che lei fosse politicamente collocato all’estrema sinistra, ma rileggendolo mi sono accorto che la sua visione è profondamente elittaria e di destra. Per lei le "masse" possono essere manipolate a piacimento da gruppi organizzati, P2, complotti, bombardamenti mediatici, ecc. ... A lei non passa neanche per la testa che strati sociali quali operai, contadini, artigiani, commercianti, ricercatori, amministrativi o semplici disperati (come nel caso tunisino ed egiziano) possano determinare cambiamenti negli assetti sociali e politici di una nazione. A lei non passa neanche per la testa che una delle componenti fondamentali del berlusconismo è il radicato sentimento antipolitico che alberga nel cuore degli italiani, che ha origine nel modo distorto nel quale si è realizzata l’unità nazionale e l’affermazione del liberalismo. Sentimento che Giolitti pensava di risolvere con l’estensione del suffragio universale, Mussolini (dopo averlo utilizzato) con la retorica patriottica-nazionalista, la DC e il PCI con i corporativismi e il clientelismo di massa. Sentimento che sarà possibile estirpare dall’animo degli italiani quando i diritti della costituzione del 48 diverranno pratica effettiva.
     Lei si sente membro di una élite intellettuale e con i suoi schemini antichi di sociologia politica crede di poter svelare gli arcani del potere ai poveri sempliciotti sprovveduti, sinistroidi e non.
     La sua è una visione della società che respingo nella maniera più netta.

    • Di Emanuele Maggio (---.---.---.227) 13 febbraio 2011 21:38

      beh, sinceramente mi considerei di sinistra. la mia effettivamente è una visione elitaria, ma non nel senso che non mi auguro un progresso della democrazia e della civiltà in senso "antielitario". Sinistra, per me, vuol dire proprio questo progresso. La mia è piuttosto una constatazione del dato di fatto, e cioè che la "democrazia", oggi, a causa della scarsa cultura democratica (non solo degli italiani) tende ad essere una "competizione democratica tra elites". Gli studiosi hanno dato nomi diversi a questo fenomeno: poliarchia (Dahl), postdemocrazia (Crouch), principato democratico (Zolo), videocrazia (Sartori), sondocrazia (Baumann), mercato democratico (Downs). In pratica, tutti sono riluttanti ad utilizzare solo il termine "democrazia", termine che presuppone una partecipazione attiva del cittadino, oggi insufficiente. Comunque sia non sono pessimista. Credo nell’uomo, un poco, alla fin fine.

  • Di (---.---.---.123) 13 febbraio 2011 20:00

    Premettendo un complessivo accordo con l’analisi sopra espressa nell’articolo riguardo la formazione e l’approdo a ciò che è oggi l’identità berlusconiana, all’autore dell’articolo vorrei dire due cose: 1) in prima istanza vorrei farti notare che le svolte autoritarie purtroppo erano più controllabili e meglio individuabili venti o trentanni fa rispetto ad oggi. Anche se concordo sul punto che nell’occidente odierno è certamente più difficile impadronirsi di un paese senza alcun grido golpista, vorrei far notare che la presenza di un certo substrato elitario esistente e permanente decide per noi ciò che è tollerabile e ciò che diventerebbe invece spiacevolmente poco presentabile alla vista seppur bene offuscata dell’elettorato; con questo intendo dire che le svolte autoritarie esistono eccome e si possono realizzare soprattutto seguendo (come l’attuale premier fa) il piano di rinascita democratica della P2 al quale fai riferimento. Non bisogna pensare che quello che accade in Italia sia bene o male classificabile come "normale" o comunque non sia anomico. Oggi siamo dinanzi ad un inarrestabile processo di cancellazione dell’etica pubblica e della morale corrente (fondamentalmente cristiana volente o nolente) che rischia di creare generazioni future prive di punti fermi, prive di una idea di ciò che è considerabile giusto e sbagliato. Badate ciò che sto dicendo non vuole essere una critica moralista al berlusconismo che è solo la punta dell’iceberg; quello che sto dicendo è che oramai è in atto un processo di riqualificazione verso il basso del "pensiero tipo" riguardante l’idea di socialità e di comunità. Con questo concludo primo appunto chiarendo che le élite decidono dove punta la società e dove deve approdare, per inculcare col tempo nella testa dei cittadini ciò è da considerarsi lecito (vedi lo scempio di mirafiori e pomigliano) e ciò che non lo è ad esempio il pensiero riformatore di sinistra vendoliano che tenta si "recuperare" ciò che di buono c’era nell’idea di socialdemocrazia del passato che ancora oggi viene arcaicamente definito comunista... 2) Per quanto riguarda il secondo appunto; credo che l’ipotetica volontà del centrosinistra di voler favorire l’alternanza per sbandierare lo spauracchio del berlusconismo non sia reale... credo molto più semplicemente che la classe dirigente di centrosinistra si sia in questi anni drammaticamente arricchita oltre misura, portando all’imborghesimento la stessa, che ha così smarrito la sua origine culturale e le sue ragioni antropologiche di esistenza. Per intenderci, non si può parlare di difesa dei problemi dei lavoratori di mirafiori quando non c’è un effettivo e dico "uno" che all’interno del maggior partito di centrosinistra italiano rappresenti questa "classe sociale". Si ok Veltroni si è vantato di aver candidato degli operai nel Pd, (forse due) ma questi una volta entrati in parlamento sono entrati a far parte della casta, quella nella quale si guadagna in un mese molto di più rispetto a quanto può guadagnare un operaio in un anno... E allora di cosa stiamo parlando mi domando? Questa è gente che è attaccata al potere e alle clientele e che altro non persegue che il ladrocinio pubblico come stile di vita e come proprio fine personale... Sono personaggi falliti, icone di un’epoca che non esiste più, cresciuti nel solco lasciato dalla fine della guerra fredda e dalla relativa scomparsa delle istanze di perseguimento dell’uguaglianza sociale che in essa erano presenti, seppur adombrate da governi corrotti... Ci si è lasciati alle spalle un’epoca di lotte per la ricerca del bene collettivo per approdare in un mondo tanto idilliaco quanto fasullo dove giornalmente ci raccontano che le "classi sociali" sono scomparse e che siamo tutti uguali... Termino dicendo che se le sinistre in Italia sono sparite è anche perchè come dicevi tu si sono aggrappate a questo modello di potere basato sulla poliarchia mediatica bipolare e ne sono state risucchiate, ma è anche perchè non sono state in grado di stare al passo con il cambiamento della forma (ma non della sostanza) dei bisogni che la società nel corso di questi decenni ci ha imposto. Per essere più chiari si sono snaturate in nome del potere.

    • Di Emanuele Maggio (---.---.---.227) 13 febbraio 2011 21:54

      1) Credo invece che 20-30 anni fa una possibilità di golpe effettivamente c’era (la paranoia in tal senso c’era sicuramente). I tentativi li conosciamo: 1964 Piano Solo, 1970 Golpe Borghese, 1974 Golpe Bianco. Alcuni sventati dalla Gladio Rossa (esercito segreto del PCI), altri dalla CIA. Il "pericolo rosso" in quel periodo poteva giustificare un golpe militare. Oggi la situazione è completamente diversa. Caduta l’Urss, ci sono accordi internazionali a tutela del libero mercato mondiale. Questo sistema di mercato internazionale non può che reggersi in ogni nazione sul "mercato elettorale", in modo da scongiurare definitivamente il rischio di politiche anti-mercato (giacchè chi contesta il mercato non ha i mezzi finanziari per competere con i partiti che lo accettano, in termini di propaganda). L’Occidente sta appunto cercando di esportare la poliarchia proprio per garantire la pace mondiale, in quanto ogni guerra tra nazioni si vuole che diventi "guerra economica" (per scongiurare il pericolo di guerre nucleari). Quindi vanno eliminati dittatori e focolai nazionalistici o religiosi (come il Medio Oriente). Condivisibile o no, questo è oggi il progetto statunitense per mantenere un dominio economico e al contempo scongiurare la Terza Guerra Mondiale.

      2) La scomparsa della sinistra dal Parlamento è certamente imputabile anche ad errori commessi da essa (pensiamo alla sua eterna frammentazione). La mia ipotesi, che può apparire "complottista", di un accordo tra i due poli per emarginare la sinistra, per me è semplicemente ovvia, ma naturalmente posso sbagliarmi e sta all’intelligenza di ognuno la valutazione della questione. Può darsi che un tale accordo ci sia ma che non sia esattamente "cosciente", quasi fosse deciso a tavolino.

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