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Napolitano, Berlusconi, Bagnasco e Bertone insieme per il Crocifisso

Napolitano, Berlusconi, Bagnasco e Bertone insieme per il Crocifisso

L’approssimarsi dell’udienza alla Grande Chambre sul ricorso presentato dal governo italiano contro la sentenza con cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomoha detto ‘no’ ai crocifissi nelle aule scolastiche sta ormai facendo assumere alla contesa i connotati di una sorta di “guerra di religione”. Le autorità politiche ed ecclesiastiche italiane si sono infatti scatenate all’unisono nel sostenere l’indispensabilità della presenza del simbolo cattolico negli edifici pubblici. Lo spunto è stato dato da un convegno svoltosi ieri a Roma, organizzato dalla non particolarmente conosciuta associazione cattolica “Umanesimo cristiano”, ma con il patrocinio della presidenza del consiglio. Già ieri, nel corso della presentazione dell’iniziativa, il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta ha dichiarato all’agenzia dei vescovi SIR che sul Crocifisso “non si può discutere solo dal punto di vista del diritto, ma guardando ai valori”: per questo motivo il governo ha avviato una “strategia di comunicazione” allo scopo di “sensibilizzare l’opinione pubblica”. Il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, ha sostenuto che “l’esposizione dell’icona del Cristo crocifisso è un’espressione identitaria, strettamente connessa con il sentimento religioso, la storia e la tradizione dell’Italia, come pure dei popoli europei”. Nel suo messaggio al convegno, il presidente dei vescovi italiani, card. Angelo Bagnasco, ha invece fatto notare come il crocifisso rappresenti “un’importante espressione del diritto di libertà religiosa”, da valorizzare “anche in linea con il principio di sussidiarietà”.

Alla tavola rotonda è personalmente intervenuto il cardinale Julian Herranz, esprimendo l’opinione che “voler estromettere questo segno dai luoghi e dalle istituzioni pubbliche in nome di una presunta neutralità religiosa, sarebbe una manifestazione non soltanto di cristofobia più o meno larvata ma soprattutto di inciviltà”: secondo il porporato, la sentenza sarebbe maturata in un “contesto di fondamentalismo laicista”. Sull’argomento ha voluto dire la sua anche la conferenza episcopale inglese, rilasciando una nota ufficiale in cui sostiene che sarebbe “chiaramente inopportuno e inaccettabile” che la Corte, “invece di proteggere la libertà dei cittadini dalla imposizione di una particolare religione di Stato, richiedesse a tutti i Paesi europei di conformarsi a un modello di secolarismo che è contrario ad ogni manifestazione della religione nella sfera pubblica”.

A sostegno delle posizioni vaticane è intervenuto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha a sua volta inviato una lettera all’organizzatore del convegno. Il capo dello Stato ha espresso “la necessità di salvaguardare e valorizzare il tradizionale patrimonio identitario e di valori espresso, in particolare nei paesi europei e nel nostro paese, dalla millenaria presenza cristiana e cattolica”, affermando che “la laicità dell’Europa non può essere concepita e vissuta in termini tali da ferire sentimenti popolari elementari e profondi”.

Al convegno romano è infine pervenuto anche un messaggio del capo del governo, Silvio Berlusconi. Secondo quanto riporta Apcom, il premier ha ricordato il proprio “sconcerto” per la “inaccettabile” sentenza emanata a novembre dalla Corte di Strasburgo: “sono tutto convinto che, in Europa, non possiamo non dirci cristiani”. A sostegno del ricorso italiano contro la sentenza che, si ricorda, ha fatto seguito a un ricorso promosso da una socia UAAR e sostenuto dall’associazione, si sono espressi, nelle scorse settimane, anche altri dieci stati europei, la Chiesa ortodossa e il Partito Democratico.

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