• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > L’Italia al palo tra crisi e crescita

L’Italia al palo tra crisi e crescita

Ci sono momenti in cui tutto è chiaro e si agisce di conseguenza. Il momento politico attuale dovrebbe essere uno di quei casi: crisi economica a livello globale, crisi occupazionale giovanile, disoccupazione dilagante, produttività statica con le aziende che chiudono o mettono in cassa integrazione i dipendenti per lunghi periodi.

Ogni governo cerca di mettere la toppa nei buchi di bilancio tagliando gli sprechi, tassando il tassabile e riformando la crescita economica e produttiva. In Italia pare avvenga esattamente il contrario.

I governi di centro-sinistra sono quelli che notoriamente hanno la fama di tassare i cittadini; al contrario, i governi di centro-destra sono invece quelli che non mettono mai le mani in tasca agli italiani. Si arriva però al punto che le tasse, odiate quanto si vuole, devono necessariamente assorbite dal "sistema Italia" per compensare la caduta libera. Una maggioranza di centro-sinistra, fosse stata oggi al governo, avrebbe quasi certamente introdotto qualche nuovo balzello e avrebbe indotto l’economia a crescere anche con la forza; l’attuale governo di centro-destra sta facendo esattamente il contrario.

Non voglio speculare su destra o sinistra, voglio solo dire che un esecutivo forte, che si rispetti e che ha veramente a cuore le sorti del paese, oggi avrebbe già pronta una manovra consistente di svariati miliardi senza tener conto delle lamentele di opposizione, cittadinanza e frondisti interni perché quella è la strada da percorrere. La concezione è abbastanza semplice, la realtà è assolutamente diversa.

Nelle ultime tre settimane abbiamo assistito al teatrino della politica fatta di scarsa risolutezza e di politici senza pelo sullo stomaco. Non c’è dubbio che la crisi ha messo in ginocchio l’economia mondiale, a maggior ragione ci si aspetta dalla politica quel colpo di coda che faccia la differenza: una manovra forte e coraggiosa risolverebbe i problemi (potrebbe farlo, certo, ma non è un dogma); l’attuale dialogo irrisolto sta portando alla stagnazione della crescita e ad una profonda crisi che non ci permetterà di rimetterci in carreggiata negli anni a venire.

Serve qualcosa di forte, qualcosa che faccia credere alla gente che il governo sta lavorando con fermezza e con delle idee – giuste o sbagliate che siano – per risolvere i problemi del nostro paese.

La patrimoniale poteva essere un buon inizio se inserita alla voce “grossi patrimoni”; il contributo di solidarietà era una buona norma che tassava un po’ di più chi aveva di più senza toccare il lavoratore dipendente da 1.500 euro al mese – possiamo disquisire ad oltranza se 90.000 siano tanti o pochi, ma tant’è… – ma soprattutto “toccava” da vicino i compensi dei parlamentari; flessibilizzare il lavoro con norme snelle riducendo l’iter burocratico non sarebbe male, a patto che i diritti acquisiti rimangano invariati ma più moderni e i nuovi assunti abbiano la possibilità di lavorare per campare e non al contrario (a proposito: l’abolizione dell’Art. 18 del CCNL è una fesseria, sappiatelo); tagliare agli Enti locali non è il male peggiore se ridotti gli sprechi come abolire le province e premiare i comuni più virtuosi; tassare le rendite finanziarie è probabilmente la cosa migliore che questo governo abbia fatto, se non si rimangiano pure questa; privatizzare le municipalizzate ci renderà liberi da oneri e costi, ma ci porterà verso una tragicità dei conti futuri non indifferente; le pensioni sono il tassello che finora questo governo non è riuscito ad inserire, vuoi per colpa di Bossi vuoi per colpa dei frondisti, la riforma delle pensioni è primaria per assorbire una parte dei costi che l’Inps ha sul groppone: io sono per l’abolizione della pensione di vecchiaia – quindi solo quella contributiva – a patto che non si tocchino quelle di reversibilità perché, purtroppo, rimane l’unico sostegno per le famiglie disagiate.

Un discorso a parte merita l’evasione fiscale. Si era parlato di uno scudo-bis o addirittura di una tassa agli scudati del 2009. Sia l’una che l’altra ipotesi sono delle sciocchezze indicibili. Aggiungere l’ennesimo scudo è come dire di continuare ad evadere perché tanto lo Stato prima o poi – più prima che poi – ti grazia; mentre tassare gli scudati dell’ultimo condono, per quanto esotica possa essere, è una tassa che ci farebbe perdere credibilità agli occhi dei contribuenti, sia onesti che disonesti. Per quanto riguarda la lotta all’evasione vi cito un aneddoto accaduto durante le mie vacanze: la mattina all’indomani dell’approvazione in Consiglio dei Ministri della prima manovra, all’uscita dal bar dopo aver fatto colazione, mi ferma un finanziere chiedendomi lo scontrino. Dopo gli accertamenti chiedo se fosse arrivato il momento dei controlli a tappeto, allorché il finanziere risponde pacatamente “sì, ma non si preoccupi, finirà presto”. Ecco, questa è la lotta all’evasione italiana.

Mettere un tetto alla tracciabilità dei denari circolanti è una cosa giusta; aumentare l’Iva di qualche punto va bene se riversata sulle tre aliquote (diciamo 0,5-0,5-1 per cento sui tre scaglioni); va bene anche la tassazione maggiorata all’industria energetica se sgrava i fornitori di energie alternative; e va bene soprattutto una lotta all’evasione a 360 gradi che porti a controlli incrociati tra reddito e patrimonio, perché sono proprio loro i maggiori evasori. Lo Stato ne è perfettamente consapevole, e i politici pure.

Con tutto ciò la manovra appena riapprovata – la quarta se non vado errato – ha tutto il tempo per essere nuovamente cassata e riproposta agli italiani come l’ennesima tegola sulla credibilità politica in Europa. Fino a quando Berlusconi e Bossi, con la trama di Tremonti alle loro spalle, penseranno che le mani in tasca agli italiani non si debbano mettere e non si devono nemmeno toccare le pensioni – anche se lo fanno tutti i giorni – il nostro paese continuerà ad essere lo zimbello europeo perché senza credibilità e senza idee non solo per il futuro ma nemmeno per il presente.

Questo articolo è stato pubblicato qui

I commenti più votati

  • Di Strangelove (---.---.---.165) 2 settembre 2011 16:00
    Strangelove

    L’aumento della tassazione delle rendite finanziarie secondo me invece si rivelerà una delle cose peggiori che questo governo abbia fatto.

    Basta guardare gli effetti prodotti dalla tassazione al 12,5% introdotta da Visco nel 1998.

    Gli effetti sono stati che i piccoli risparmiatori sono stati costretti a pagare tasse dove prima in tutto il dopoguerra non avevano mai pagato nulla. E buona parte delle famiglie facoltose si sono trasferite in Svizzera o hanno adottato comportamenti elusivi spesso altrettanto efficienti. L’effetto finale è abbastanza comico: i piccoli risparmiatori vengono tassati, i grandi capitali non pagano nulla.

    Alla fine i governi non possono impedire la libera circolazione dei capitali e delle persone.

    Questa tipologia impositiva non fa altro che favorire l’emigrazione di capitali e persone verso paesi come la Svizzera. Non è certo un caso che in Svizzera non esistano tasse sui capital gain per i residenti svizzeri.

    In questo modo la confederazione guadagna capitali in entrata, consumi e redditi.

    Altrettanto perdono i paesi come l’Italia.

    Davvero è un bene tassare le rendite finanziarie? Ci pensi un po’ su e si chieda come mai la Svizzera non lo fa. E si chieda come mai il lvello di vita e di benessere degli svizzeri è così alto. Anche la sinistra italiana farebbe bene a fare una seria riflessione sull’argomento, magari chiedendo lumi ai loro corrispondenti politici elvetici.

Commenti all'articolo

  • Di Strangelove (---.---.---.165) 2 settembre 2011 16:00
    Strangelove

    L’aumento della tassazione delle rendite finanziarie secondo me invece si rivelerà una delle cose peggiori che questo governo abbia fatto.

    Basta guardare gli effetti prodotti dalla tassazione al 12,5% introdotta da Visco nel 1998.

    Gli effetti sono stati che i piccoli risparmiatori sono stati costretti a pagare tasse dove prima in tutto il dopoguerra non avevano mai pagato nulla. E buona parte delle famiglie facoltose si sono trasferite in Svizzera o hanno adottato comportamenti elusivi spesso altrettanto efficienti. L’effetto finale è abbastanza comico: i piccoli risparmiatori vengono tassati, i grandi capitali non pagano nulla.

    Alla fine i governi non possono impedire la libera circolazione dei capitali e delle persone.

    Questa tipologia impositiva non fa altro che favorire l’emigrazione di capitali e persone verso paesi come la Svizzera. Non è certo un caso che in Svizzera non esistano tasse sui capital gain per i residenti svizzeri.

    In questo modo la confederazione guadagna capitali in entrata, consumi e redditi.

    Altrettanto perdono i paesi come l’Italia.

    Davvero è un bene tassare le rendite finanziarie? Ci pensi un po’ su e si chieda come mai la Svizzera non lo fa. E si chieda come mai il lvello di vita e di benessere degli svizzeri è così alto. Anche la sinistra italiana farebbe bene a fare una seria riflessione sull’argomento, magari chiedendo lumi ai loro corrispondenti politici elvetici.

    • Di (---.---.---.48) 2 settembre 2011 19:27

      Da quando la Svizzera è come l’Italia?

    • Di (---.---.---.127) 2 settembre 2011 20:06

      è ora di finirla con sto lassismo criminale verso chi esporta capitali illecitamente acquisiti, tipo quelli da evasione fiscale...CI VUOLE UNA SEVERA REPRESSIONE PER GLI EVASORI FISCALI CHE ESPORTANO I CAPITALI DA EVASIONE ALL’ESTERO..QUESTI INFIMI PARASSITI SOCIALI !!!

    • Di Strangelove (---.---.---.228) 2 settembre 2011 23:46
      Strangelove

      La Svizzera non è come l’Italia. E’ un paese molto più liberale, in cui le tasse sono più basse e la presenza statale è molto minore nell’economia.

      Nella fattispecie della tipologia fiscale indicata, in Svizzera i residenti non pagano nulla sui capital gain: non ci sono tasse su azioni, fondi e vari strumenti di investimento.

      Un tempo in Italia era così anche per i piccoli risparmiatori prima della riforma Visco del 1998 che ha alzato le tasse al 12,5 e ha fatto fuggire famiglie come quelle degli Agnelli, dei De Benedetti e di molte altre dinastie italiane.

      In effetti ci sono analisi molto critiche sugli effetti prodotti dalla riforma Visco del 1998.

      Forse è uno dei motivi del regresso italiano (non il solo chiaramente).

      Il peggio è che l’aumento impositivo attuale rischia di aggravare ancora di più la fuga di capitali e persone. E non si tratta solo di evasori. Molto spesso si tratti di ricchi professionisti o di industriali (e anche di pensionati affluenti) che hanno tutto il diritto di trasferirsi all’estero per godere di fiscalità diverse.

      Che io sappia l’Italia non è ancora un paese comunista limitante i movimenti dei capitali e delle persone. Quindi non stiamo parlando di reati, ma di opportunismo fiscale.

      Paesi intelligenti come la Svizzera sanno sfruttare la loro fiscalità per far crescere la loro economia. Al contrario paesi in cui la demagogia socialista è prevalente non fanno altro che darsi mazzate sui testicoli.

    • Di Giacomo Lagona (---.---.---.25) 3 settembre 2011 12:48
      Giacomo Lagona

      La Svizzera è sicuramente più liberale dell’Italia, e su questo non ci piove. Ribadisco però che l’Italia non è la Svizzera, e non lo è per diversi fattori che credo importanti. L’economia svizzera si basa quasi esclusivamente sulla finanza; quella italiana sull’industria manifatturiera, quella casearia, l’industria delle due e quattro ruote tutto sommato funziona, il made in Italy è sinonimo di qualità etc. etc. Se aumenti la tassa sulle rendite finanziarie il nostro paese continuerà a lavorare esattamente come prima perché non è quella la nostra economia principale.
      Alla Svizzera se togli il formaggio con i buchi che resta?
    • Di Strangelove (---.---.---.151) 3 settembre 2011 15:20
      Strangelove

      Credo che si dovrebbe informare meglio, Lagona. Faccia un giro in Svizzera.

      L’economia svizzera non dipende dalla finanza. L’industria bancaria e assicurativa è molto sviluppata e fonte di posti di lavoro molto ben remunerati. Ma in Svizzera ci sono moltissime aziende di varia tipologia. In genere si tratta di aziende ad alto valore aggiunto come quella nei settori hi-tech, farmaceutico, biotecnologie. Oltre a queste si aggiunge una notevole diversità di aziende del terziario avanzato: società legati ai servizi medico-sanitari, turismo, società di consulenza, contabilità, ingegneria, legali.

      Quello che sarà difficile trovare in Svizzera sono aziende magari inquinanti in cui la manodopera è sottopagata. Quelle si trovano in abbondanza in paesi come l’Italia.

      E in realtà anche di queste aziende i centri amministrativi e di ricerca tendono a migrare verso paesi come la Svizzera: in genere il personale qualificato e il top management preferisce risiedere in posti in cui la vita e la fiscalità sono gradevoli.

      Si informi, Lagona.

      L’economia svizzera è molto più avanzata che non quella italiana.

      Lei è fermo alla rivoluzione industriale. Purtroppo la sinistra italiana (e non solo) sembra condividere le sue lacune.

      Con l’impostazione demagogica della sinistra replicata da un centro destra socialista, l’Italia è destinata a continuare senza speranza sulla strada del declino.

  • Di pv21 (---.---.---.176) 2 settembre 2011 19:23

    Senza fine >

    Il 9 giugno scorso Berlusconi dichiarava che “l’attività del governo ha del miracoloso” tanto da meritare “un monumento”. Per arrivare al pareggio di bilancio, aggiungeva, basterà “un intervento inferiore a 1 punto di Pil”.
    Erano forse parole profetiche?

    A luglio il Parlamento ha approvato “di corsa” una manovra da 70 miliardi. A ferragosto, incalzato da Trichet, Merkel e Sarkozy, il governo ha varato una manovra bis da 45 miliardi per pareggiare il bilancio nel 2013.
    Ora, dopo l’atteso vertice di Arcore, BERLUSCONI si dichiara “molto soddisfatto” di una manovra che “è molto migliorata senza modificare i saldi”.
    Passano 24 ore ed i conti non tornano più per circa 15 miliardi, cioè per 1 punto di Pil.

    Metà della cifra dipende dal contributo di solidarietà cancellato e dai minori tagli ai trasferimenti agli Enti locali.
    Il resto dal ½ punto in meno che registrerà di fatto il Pil rispetto alle attuali stime “ufficiali” per il prossimo biennio.
    Tant’è che la Bce, oltre Bankitalia, “insiste” da tempo sull’adozione di interventi e misure “efficaci” per lo sviluppo economico.
    Quanto manca alla manovra ter?

    Intanto la crisi, la ex ripresa passata a semi crescita e poi a ricaduta, grava sul paese come Se fosse Stagnazione

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares