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Intervista a Speranza Casillo e Chema Senra: arte nel 2012? Si può, si deve. Parola agli artisti

Un'intervista a due giovani artisti: Speranza Casillo e Chema Senra

Si può ancora parlare dʼarte nel 2012? Eʼ appena avvenuto un cataclisma naturale, il terremoto, dalle proporzioni tali da costringere in ginocchio il Paese, ferito da 26 morti accertati, di cui tanti, troppi lavoratori. Come si può pensare, oggi, di discutere di quello che, i più, ritengono essere un vezzo, un optional che, sì, certo, consente lo sviluppo culturale delle persone, ma, da un altro punto di vista, sembra prosciugare risorse, senza che, poi, produca qualcosa di concreto, tangibile e finalizzato alla ripresa dellʼeconomia?

Il concetto di produzione fisica di un bene, primo e più elementare riconoscimento di impiego di successo del proprio intelletto, che consenta oggi un riconoscimento collettivo del proprio valore, è stato discusso e smontato più volte dagli stessi artisti.

Cadendo un poʼ nel tranello, che ci costringe tutti a definirci produttori di qualcosa, di materiale e fisico e, quindi, lavoratori, giustamente, la vastissima categoria di intellettuali impegnati nel mondo dellʼarte rivendicano un ruolo economico della propria professione che, tra attività diretta e indotto, occupa un significativo peso nellʼeconomia italiana.  

Resta però aperta una grande questione che non riguarda più solo i confini nazionali, ma
coinvolge, ormai, lʼintera categoria di quanti sono oggi impegnati nel mondo della cultura,
anche e soprattutto a livello globale.
 

Accettata lʼapertura delle frontiere, lʼesposizione a modelli di massa e prodotti culturali che pari-pari vengono replicati in culture storicamente estremamente differenti, oggi appiattite su dei punti fissi comuni, quanto senso ha discutere di arte?  

A nostro avviso molto. Moltissimo. Ed è per questo che abbiamo deciso di intervistare due giovani artisti, operanti in paesi diversi e in differenti spazi della cultura, che quotidianamente vivono del proprio talento artistico, in un momento cruciale dal punto di vista culturale ed economico. Vi presentiamo, quindi, Speranza Casillo: fotografa, nata a Napoli ma vive e lavora nella nostra Capitale. Ha esposto i propri lavori, oltre che a Roma, anche a Sarajevo, Milano e Torino.                                                                            

Chema Senra: spagnolo, pittore, scultore, anche lui talvolta prestato alla fotografia, nativo di Cádiz, ha studiato all’Accademia di Belle arti di Granada, vive a Santiago de Compostela, in Spagna e ha esposto a livello internazionale. SdM:

Considerato il contesto sociopolitico attuale, come si inserisce l'artista, che difficoltà incontra nel suo percorso? Come si rapporta con le istituzioni? Quali sostegni ha? E il mondo del privato funziona?

Speranza Casillo:

Incontro senz'altro molte difficoltà, ma credo riguardi più la mia esperienza di vita personale che il mio essere “artista“, perché conosco “artisti“ che invece hanno molto riscontro e sostegno.

Chema Senra

Il ruolo dellʼartista nella società attuale non è sempre estetico: lʼarte denuncia, insegna, appassiona. Purtuttavia, spesso, nella nostra società i termini “arte” e “artista” rappresentano due concetti altamente distorti che hanno poco in comune; ai vari Governi interessa mantenere i propri artisti distanti dai problemi sociopolitici attuali. Li promuovono per il proprio beneficio, vincolandoli a colori politici ed eventi culturali in voga a seconda del momento storico.

Accettare e sottostare a questo gioco è una possibile strada per trovare il successo. Ma esistono anche altri modi più liberi, (...) anche se pure in questi casi cʼè un margine di clientelismo, in cui aiuta lʼappartenenza ad un network personale e/o politico del promoter, a prescindere del valore artistico del proprio portfolio. La rete è un ottimo strumento di diffusione, ma è anche estremamente dispersiva. In più, le opere online non si vendono con la facilità con cui si vendono in eventi dal vivo: la difficoltà maggiore è questa: vendere la propria arte.  

SdM:

Spesso si parla di un sistema scolastico che, piuttosto che educare la persona, educhi un futuro lavoratore. In questo senso, quindi, cambia il contenuto dell'istruzione. A prescindere da quale delle due prospettive si veda l'istruzione, che ruolo ricopre l'arte?

 SC:

Molto interessante questa domanda, credo, anche io, che viviamo in un'epoca in cui si educano lavoratori e in cui, soprattutto, si considerano le persone come dei consumatori. Il ruolo di chi vede questo meccanismo, come te, che lo hai analizzato, è secondo me quello di immettere vibrazioni nuove, far comprendere che un nuovo punto di vista è possibile. 

Ho sentito qualche giorno fa una bellissima intervista allo scrittore Erri De Luca a proposito di questo; spiegava con chiarezza che rischiamo di vederci tutti falliti se ci osserviamo dal punto di vista esclusivo delle nostra capacità di acquisto. E invitava a vederci come cittadini, capaci anche di chiedere aiuto per le proprie difficoltà e non come compratori.

Ecco, per me, quello che Erri De Luca ha espresso in quel contesto, assomiglia molto a quello che un artista può fare, nel campo dell'istruzione e in molti altri settori: vibrare su frequenze più alte, spostare il punto di vista, riuscire a far guardare anche altrove. Quando succede, riconosci un momento artistico perché è capace con poco di ricaricarti, rigenerarti.

CS:

I sistemi educativi sono strutturati a criterio di ogni singolo Stato e questi hanno bisogno di creare futuri lavoratori, sempre più specializzati e con minore conoscenza di temi diversi dalla propria specializzazione. Questo li rende, economicamente parlando, dipendenti e schiavi del sistema.

Ci hanno insegnato che, affinché possa crescere, uno Stato ha bisogno di una società competitiva in ambito lavorativo. In questo senso, spesso dimentichiamo che la base della cosiddetta competitività è la capacità di immaginare, di intravedere altre possibili opzioni, diverse alternative: in definitiva, di creare.

LʼArte ha la qualità intrinseca di aprire le nostre menti e di aprirci alla generazione, un numero infinito di possibilità; non esiste un unico cammino in linea retta e per questo  dovrebbe essere uno strumento educativo importante anche in ambiti diversi dalle Belle Arti.

SdM:

Arte contemporanea e fotografia sono due tipologie di espressione completamente differenti. Richiedono strumenti culturali diversi e, spesso, la fotografia come lʼarte contemporane, per essere comprese, fino in fondo, richiedono uno sforzo intellettuale, professionale ed artistico estremamente variegato e assolutamente paragonabile. Per Speranza: secondo te, com'è percepito dalla gente il ruolo di un fotografo? E' considerato, a tuo avviso, un artista a tutti gli effetti? 

Per Chema: come ti spieghi il doppio fenomeno di non riconoscimento dellʼarte contemporanea come “arte” al 100%, e come mai oggi la produzione di artisti contemporanei come te non viene spesso compresa dal pubblico? La famosa frase “stracciare una tela? Avrei saputo farlo anchʼio”. Cosʼè cambiato nel pubblico rispetto a quando osservava una statua del Bernini?

SC:

(...) Il mio modo di creare immagini prescinde dal riscontro: amo profondamente il momento della “creazione“. Delle immagini, per me, è importante lo scatto, ma allo stesso, modo la post-produzione, quando tutto prende forma e vita in maniera che a voltesorprende anche me.

Certo, è molto bello sapere che qualcuno si emozioni davanti a una mia immagine, amo ricevere commenti, e parole come “ho visto l'anima in quello che fai“. Eʼ bellissimo. Bellissimo, ma non necessario. Creare, senza aspettative di soldi e di visibilità, è più importante per me. Sono la prima a godere del mio talento, fare progetti e lasciarli andare, per andare oltre; allo stesso modo ,sono la prima a difendere il mio lavoro, da chi vuole appropiarsene. 

Credo che in generale le persone vedano il fotografo, chi crea immagini, i designer in generale, come professionisti che in fondo fanno un lavoro semplice e divertente. Ovviamente così non è. Noi vendiamo idee, dunque, cose che non sono tangibili, difficili da quantificare, spesso, anche da valorizzare e distinguere da altre, di qualità di gran lunga minore. Non è affatto facile ma dobbiamo essere i primi noi a rispettare e difendere quello che facciamo.

CS:

Durante secoli, lʼarte ha avuto come principale obiettivo la diffusione di contenuti prestabiliti dal potere: immagini religiose che spiegassero eventi biblici, per cimentare la fede di una massa non alfabetizzata, immagini politiche che pubblicizzassero imperatori, re e familiari vari, in posture belliche, eroiche e autoritarie, o immagini capricciose che la classe politica incaricava agli artisti per consolidare il proprio prestigio. Tutto estremamente chiaro, semplice, affinché un pubblico di massa potesse interpretarlo facilmente.

Quando lʼartista si liberò da queste catene,(...) cominciò a creare un percorso proprio, senza la necessità di una intellegibilità delle proprie opere così diretta. E nei propri quadri cominciò a sviluppare filoni estetici, critici e filosofici con un linguaggio totalmente aperto e libero. È necessario, da parte dello spettatore di oggi, uno sforzo minimo di comprensionestudio della traiettoria e del discorso degli artisti contemporanei, non solo di quelli già deceduti, ma anche degli emergenti.

A chi mi dice: questo lo potevo dipingere anche io, rispondo: perché allora non ci provi? Non è così semplice: cʼè una tencica, una teoria del colore, della composizione e non tutto funziona a livello estetico. Prendere un concetto astratto e dargli una fisicità non è facile, in particolare se si opera a livello metalinguistico. In questo caso lʼarte non è solo lo strumento, ma è il fine. Per questo la gente non lo capisce istintivamente:(...) Questa è la ragione per cui lʼartista ha e deve avere un ruolo sociale: per mostrare e condividere il suo punto di vista ripetto alle questioni del nostro presente. E gli si dovrebbe dare uno spazio più ampio.

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