Inquietante sentenza Corte di Giustizia UE: i giornalisti non possono richiedere documenti sulla BCE
Nel più assoluto silenzio dei media e, naturalmente, della politica impegnata in una faticosa opera di autoreferenzialità, almeno in Italia, la Corte di Giustizia della Comunità Europea mette il lucchetto al diritto di informazione sulle scelte e sulle valutazioni finanziaria ed economiche della BCE. Con la sentenza resa nella causa T590/10 viene stabilità la legittimità del rifiuto, da parte della BCE, di fornire a due giornalisti britannici documenti relativi alla crisi economica in Grecia. Costituisce quindi facoltà della Banca Centrale negare l’accesso ai suoi documenti adducendo il “pregiudizio” alla politica economica europea che ne deriverebbe dalla pubblicazione.
La decisione resa dalla Corte di Giustizia è inquietante perché sicuramente lesiva del diritto di informazione e di conoscenza del cittadino. Quel cittadino che sta pagando, in Grecia come in Spagna ed in Italia, errori, incapacità, inadeguatezze e forse anche comportamenti criminali ascrivibili alle scelte finanziarie ed economiche di “poteri” autorizzati ad agire senza il controllo della Politica.
La sig.ra Gabi Thesing è giornalista presso la Bloomberg Finance LP, che esercita le proprie attività a Londra con il nome Bloomberg News. Il 20 agosto 2010, ha chiesto alla BCE l'accesso a due documenti intitolati «L’impatto su deficit e debito pubblici degli swap negoziati fuori borsa. Il caso della Grecia» e «L’operazione Titlos e la possibile esistenza di operazioni analoghe con impatto sui livelli di debito e deficit pubblici della zona euro». La BCE ha negato l'accesso a tali documenti adducendo a motivazione la tutela dell'interesse pubblico per quanto riguarda la politica economica dell'Unione europea e della Grecia. La sig.ra Thesing e la Bloomberg Finance LP hanno contestato tale decisione dinanzi al Tribunale.
E’ legittimo domandarsi, in tale contesto, se il significato di quel diniego sia davvero espressione di una tutela dell’interesse generale o non piuttosto la strada obbligata per coprire irregolarità, scorrettezze se non illeciti sui quali i Governi e le autorità centrali (compresa la stessa BCE) hanno “chiuso gli occhi”. Una colpevole indifferenza durata per decenni di attività economica e finanziaria senza riguardo, nemmeno, per le poche regole di disciplina e comportamento esistenti. Una situazione creatasi perché nel tempo, i governi e le banche, hanno tollerato, se non avallato, ogni tipo di operazione finanziaria; anche al limite del sostenibile e del lecito. Con la conseguenza che il “tollerare” rinvia a precise responsabilità della politica e delle autorità nazionali, dimostratesi incapaci di disciplinare la delicata materia finanziaria e l’attività del mercato.
Non sorprenderebbe scoprire che una tale tolleranza sia stata a lungo alimentata da connivenze, da pratiche corruttive, da “scambi di favore” di ogni genere. Non si può infatti dubitare del “peso” enorme che i mercati hanno sulla politica e nemmeno si può dubitare della differente evoluzione dell’Unione Europea Economica rispetto a quella politica ( che fatica e non poco ad arrivare ). Una considerazione che richiama l’idea del “ricatto” e che non sarebbe necessario immaginare ed ipotizzare sul tavolo di chi oggi gestisce la “crisi”, se fin dell’inizio ciascuno avesse fatto il proprio dovere ed avesse assolto al proprio ruolo.
Dubbi che aumentano – con il rischio di diventare certezza – allorché documenti di interesse pubblico vengono secretati nel nome di una non bene definita tutela generale. Forse, che scoprire l’illecito possa destabilizzare? Ma occorrerebbe chiarire definitivamente chi risulterebbe danneggiato da quei documenti. Non certo quei milioni di cittadini europei che hanno pagato con la perdita della dignità e con la più assoluta povertà gli interessi di una finanza che ormai non tollera alcun controllo.
La lesione del diritto all’informazione è una delle violazione più gravi ai diritti fondamentali del singolo e della Comunità. L’informazione è il mezzo attraverso il quale conoscere e diventare consapevoli delle proprie azioni e delle proprie scelte. Ma è pure il mezzo attraverso il quale la società può crescere, rimediare errori, punire chi della società ha fatto mezzo e strumento di interessi personali ed illeciti. Il diritto all’informazione tollera ben pochi sacrifici ed essi possono essere previsti solo ed esclusivamente da una Sovranità, espressione, reale e concreta, della società. Non certo l’Autorità titolare dell’informazione può pretendere la titolarità di disciplinare se stessa nei confronti di una collettività.
La gravità della decisione emessa dalla Corte di Giustizia è inaudita. Apre la strada ad un futuro incerto e ad una “dittatura” dell’economia e della finanza che pretende, in nome di una superiorità della quale non si conoscono i contorni ed il fine, di regolare e disciplinare la “cosa pubblica”, la convivenza sociale, ma soprattutto la dignità e l’essere dell’uomo. Questa progressiva erosione dell’interesse pubblico generale tracimerà, in maniera inesorabile, tutti i fondamentali diritti del singolo. Il diritto alla salute, il diritto alla non discriminazione e così fino al diritto di tutelare i propri diritti avanti un’Autorità Giudiziaria terza ed imparziale. Perché esisterà sempre un Mercato ed una Economia che non possono essere pregiudicati da “simili inutili interessi privi di valore economico”. E l’uomo abdicherà a se stesso.
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