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(In)ter(per)culturando: Il bisogno dei segreti di Marco Candida

I segreti sono ovunque, nascono, si autoalimentano, si moltiplicano, s’incastrano tra loro, partoriscono altre cose, azioni, reazioni, parole figlie di quel non detto ma che poi rivendicano una propria identità, esistono anche senza la catena di circostanze che li ha generati.
 
Succede questo nel nuovo romanzo di Marco Candida, Il bisogno dei segreti, Las Vegas edizioni, collana i jackpot, gennaio 2011.
 
A Connie, la protagonista, succede qualcosa, una di quelle cose usuali che si trasformano in tragedia o, per spiegarla come il narratore, in ‘mostro’. Il ‘mostro’, dunque, impone a Connie un ‘conflitto’, deve decidere in che modo affrontarlo, come gestire quel qualcosa che ora sa, quel qualcosa che comunque andrà, qualunque decisione prenderà, si è già impossessato della sua ‘storia’.
 
Connie s’affida a un segreto, e da quel segreto s’avvicinerà lentamente verso i segreti degli altri, di una moltitudine di personaggi che le ruotano attorno, ognuno immerso nella propria fitta rete di contatti, progetti, realtà, desideri. La chiamavano ‘La Brava’, Connie, solo che ora non le interessa più ciò che gli altri pensano di lei, né ciò che lei stessa pensava di loro, di tutti loro. A Connie interessa addentare ogni segreto, conoscerlo, usarlo. Svelare la pochezza della natura umana. E facendolo, la propria, di pochezza.
 
Una trama all’apparenza semplice, che mostra dai primi capitoli sviluppi articolati, dove c’è posto per ogni personaggio, per ogni approfondimento passato e presente, per ogni angolo d’inquadratura.
Un romanzo pieno di voci, d’incastri, dove c’è uno spazio preciso per tutto.
 
Candida sceglie di affrontare realtà e contesti tutto sommato comuni, per svelarne nervature scoperte. Scatena progressivamente un fitto intreccio giocato abilmente sulla pericolosità dei segreti, e soprattutto sulle diverse facce di chi questi segreti arriva a scoprirli.
 
C’è però tutta un’evoluzione personale, una messa a fuoco precisa e costante su Connie in quanto protagonista scatenante, nodo centrale di azioni e reazioni nonché custode del primo segreto. Un’evoluzione che va a scavare lentamente in ciò che accade ‘dentro’ Connie, tra pensieri, ragionamenti, dialoghi e gesti. Un’evoluzione che s’insinua tra l’aspettativa scatenata nel lettore per gli sviluppi al limite dello spionaggio, ricostruendo pezzo dopo pezzo l’anima di un personaggio complesso, sfaccettato, che lucidamente porta avanti un piano preciso, consapevole del peso che il primo segreto ha sempre in lei.
 
Connie finisce la giornata davanti alla televisione mentre aspetta di prendere sonno. Ascolta un dibattito dove gli ospiti sono un pluriomicida, un criminologo, un cardinale e un comico. Si chiede che cosa devono essersi dette quelle quattro persone dietro le quinte prima che cominciasse la trasmissione. Pensa che forse a nessuno verrebbe in mente di fare una trasmissione televisiva dove si telefona al pubblico da casa e si rivolgono domande come: «Che cosa ha fatto quest’oggi?» «Che lavoro fa?» E poi: «Ah sì?, oggi ha stirato camicie tutto il giorno? E quante camicie ha stirato?» […] Quando le persone comuni si fanno diventare dei protagonisti, da loro si vuole il dramma o la tragedia. Sembra quasi che qualsiasi persona ordinaria possa diventare straordinaria se ha un dramma o una tragedia o una storia straordinaria da raccontare. […] La persona ordinaria non piace proprio. No. Ci vuole il pluriomicida. La pornodiva. La prof ninfomane. Il giornalista infiltrato. Chissà cos’altro. Connie si ferma. Non le sembra il caso di far correre troppo la fantasia. Tutto questo la disgusta. La società sembra solo in grado di dire ormai: «Va bene. Va bene. Sei un bravo bambino. Sei un uomo onesto. Bravo. Però, ecco, ci annoi.» Considerare una vita noiosa è qualcosa di assassino, a pensarci bene, e per di più è una contraddizione […]
(pag.102-103)

La lingua di Candida è semplice, scorrevole, sapientemente dosata per essere immediata anche attraverso l’uso di ripetizioni, nonché l’alternanza di frasi brevi, quasi fulminanti e in successione con periodare lunghi, scarni di punteggiatura dove il respiro si perde. C’è insomma, una sorta di doppio ritmo che s’alterna nel corso di tutto il romanzo e che ne scandisce momenti e inquadrature.
 
Ginevra ha ventisette anni. Ha avuto sei uomini. Ha conosciuto il primo a diciassette anni. Si chiamava Marcello. Aveva diciannove anni. Anche se a diciassette Ginevra considerava Marcello soltanto un amico, a ventiquattro Ginevra avrebbe ammesso almeno a se stessa e qualche volta in compagnia delle sue amiche che in effetti Marcello non era soltanto un amico, ma il suo primo fidanzato. Marcello era alto una spanna più di lei, non era robusto, aveva le spalle un po’ a bottiglia, aveva gli occhi marroni, era miope, portava gli occhiali. A Marcello piacevano Dostoevsij e Tolstoj, gli piaceva scriverle lettere di almeno quattordici pagine, gli piaceva studiare. Era innamoratissimo di lei. Ginevra era uscita con lui per un anno e mezzo. […]
(pag.108)
 
Comunque quando un temperamento la annoia troppo una volta assunta un’altra identità cerca di non frequentare più la persona noiosa che ha determinato in lei quel dato temperamento e che comporta anche mutamenti d’aspetto – con un certo tizio Connie è arrivata a mettersi pale di giornale sotto la camicia per sembrare più grassa. Connie sta precisamente pensando queste cose circa l’identità assunta per rapportarsi a Adeodato Martinelli mentre scivola nell’identità necessaria per rapportarsi a Chanis Asperoni.
(pag.92)
 
Si scatena una sorta di vertigine, nel corso della lettura, lo stile di Candida attraverso la scorrevolezza crea catene di sensi e contesti piegando e torcendo termini o frasi ripetute quanto gestendo forme espressive e ritmi. La vertigine può destabilizzare, l’effetto a tratti pare claustrofobico, pressante. Non è, insomma, una lingua così semplice come può apparire, né scontata. Un elemento personalmente disturbante (dunque soggettivo e imperfetto) è l’uso-abuso dei puntini di sospensione non soltanto nei dialoghi, dialoghi molto presenti nel tessuto narrativo e che, a tratti, ho avvertito meno incisivi e concreti (altra annotazione soggettiva facilmente condizionata da gusto e sensibilità personale).
 
La signora Katrina si alza e fa per andare via.
«Ah, per favore, cambiati un po’. Non voglio avere un morto vivente che mi gira per casa.»
«Ma porca puttana, mamma, ma che cazzo di tono usi con me?»
La signora Katrina è come se avesse ricevuto una coltellata in mezzo alle scapole.
Si volta.
Molto lentamente.
«Ma… io… che cosa ho dett?»
«Che cosa hai detto?! Che cosa hai detto?!»
«Ho detto solo di cambiarti. Sembri una malata con quel pigiama addosso e quegli occhi cerchiati. Hai degli occhi…»
«OCCHI?»
«… Connie…»
«Piantala di parlarmi così! Piantala! Esci da questa stanza! Esci!»
«… Connie…»
«Ti rendi conto il tono che stai usando?!»
«… Che tono… Connie.. ma… cosa…»
«ESCI!»
Arriva il marito della signora Katrina.
È in mutande e canottiera.
«Ma siete matte? Volete che arrivino i carabinieri?»
«FUORI!»
La signora Katrina spinge via il marito. […]
(pag.62)
 
Il finale lascia alla voce di Connie ogni chiusura, i segreti sono usciti dai nascondigli e il primo riacquista l’esatta posizione nel mondo di Connie, l’unica posizione che gli spetta.
 
C’è un’evidente suspense, in questo romanzo, l’idea di mescolare vite tra apparenze e muscoli nascosti, l’idea di considerarsi in grado di fare qualunque cosa, fregandosene dell’etica e la morale comune, fregandosene soprattutto di se stesso. Eppure, tra azioni e reazioni, gli effetti speciali non sono nei gesti eclatanti, nell’esposizione di quanto di più disprezzabile e disgustoso si può essere e fare. Piuttosto gli effetti speciali di questo romanzo stanno nelle gocce che lentamente cadono, periodicamente cadendo erodono ma è un’erosione che proprio nel finale smaschera un risvolto per nulla secondario, un’ammissione che restituisce a Connie e all’intero ‘bisogno di segreti’ la dimensione dimenticata.
 
Tra vite, incastri, morte, bugie, sentimenti, legami, sesso, libri, conoscenze e dimenticanze, vergogne, ricatti, tensioni, paure, egoismi, incertezze e molto altro; Candida racconta alcune terminazioni della natura umana non negandone contraddizioni, conflitti e deformazioni.
 
Edito dalla piccola casa editrice torinese Las Vegas, l’oggetto-libro ha una veste semplice ed efficace (l’immagine in copertina non potrebbe essere più calzante), un prezzo proporzionato (euro dodici, 197 pagine, stampato su carta FSC ovvero carta da fonti gestite in maniera responsabile secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council), attualmente è acquistabile on line, dal sito dell’editore con consegna nel giro di un paio di giorno, dalle prossime settimane sarà anche reperibile direttamente nelle librerie.
 
Link
La scheda del libro dal sito dell’editore.
Il blog di Marco Candida.

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