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In memoria di Giordano Bruno: febbraio 1600, Campo dei Fiori, Roma

Il rogo di Giordano Bruno e la crocefissione di nostro Signore Gesù Cristo per ordine dei rispettivi sommi sacerdoti dell’epoca, dopo un processo farsa contro persone che ben si sapevano non solo oneste e per bene ma Sante, le cui radici vanno ricercate in motivazioni squallide, umanamente abbiette dettate da feroce demonia. Io voglio commemorarlo così, con una narrazione avvincente originante dalla giustapposizione di testi bruniani con quelli delle scritture.

“A Bruno, qui ove il rogo arse“: Campo dei fiori, Roma 17 febbraio a.D. MDC.

“… la luna orbita intorno alla terra ed essa intorno al sole, in quest’universo con tanti soli, lune, terre, vasto e silente, senza centro né confine, il cui Spirito tutto e tutti permea e di tutto e tutti partecipa… Che la tenebrosa terra la quale sin dal principio, rattiene l’ondeggiante massa delle acque, si muova dalla sua sede e voli verso gl’astri, te ne supplico o Sole. E, voi, o mobili stelle, mirate a me, mentre avanzo verso il duplice cielo, giacché siete voi che mi avete aperto il cammino. Ed i vostri giri facciano aprirsi avanti a me, che corro gli spazi, le porte del sonno: quel che l’avaro tempo ha lungamente tenuto celato sia a me concesso trarre alla luce dalla densa tenebra. Che cosa ti vieta o mente travagliata, di venire ormai a partorire il vero, anche se tu lo largisca ad un secolo indegno? Benché il flutto delle ombre sommerga la terra, tu mio Olimpo, fa splendere la tua cima nel mio limpido cielo… E’ dunque l’universo uno, infinito, immobile… è talmente forma che non è forma; è talmente materia che non è materia; è talmente anima che non è anima: perché è il tutto indifferentemente e però è uno… comprende tutto, e non patisce altro ed altro essere e non comporta seco né in sé mutazione alcuna; per conseguenza, è tutto quello che può essere: ed in lui non è differente l’atto dalla potenza… perché l’infinito è tutto quello che può essere… Sotto la comprensione dell’infinito non è parte maggiore e parte minore: perché alla proporzione de l’infinito non si accosta più una parte quanto si voglia maggiore che un’altra quanto si voglia minore: e però ne l’infinita durazione non differisce la ora dal giorno, il giorno da l’anno, l’anno dal secolo, il secolo dal momento: perché non son più gli momenti e le ore che gli secoli e non hanno minor proporzione quelli che questi a l’eternità. Similmente ne l’immenso non è differente il palmo dal stadio, il stadio da la parasanga: perché a la proporzione de la immensitudine non più ti accosti per le parasanghe che per i palmi… A la proporzione, similitudine, unione ed identità de l’infinito non più ti accosti con l’essere uomo che formica, una stella che un uomo; perché a quello essere non più ti avvicini con essere sole, luna, che un uomo o una formica; e però ne lo infinito queste cose sono indifferenti…”


Per questo, per questa sua vastità di pensiero, era stato professore in Inghilterra, in Francia, in Germania, in Svizzera, nelle università più prestigiose. Per questo era stato provato nel corpo e nello spirito da una lunga e tormentosa prigionia, ed era, ora, sempre per questo condotto in ceppi. Un traditore, Giovanni Mocenigo, l’aveva consegnato nelle mani delle guardie del sommo sacerdote:

“… per obbligo de la sua coscienza e per ordine del suo confessore”

Tra le preghiere dei sacerdoti, mentre lo si conduceva verso la grande catasta di legna al centro della piazza - già prima settenari di quattro ordini diversi avevano cercato “con ogni affetto e con molta dottrina” di rimuovergli dall’intelletto quei “mille errori e vanità” - qualcuno gl’avvicinò una croce perché si ravvedesse.
“In coscienza, nulla ho da rimproverarmi e nulla ho commesso. Muoio martire e volentieri e con il fumo di codesto rogo ascenderà l’anima mia al cielo…".

I polsi e le caviglie gli dolevano per i legacci, l’odore singolare, penetrante, della legna tagliata fresca e ben unta gli s’impregnò nelle narici. Si continuò a pregare, poi si pregò ancora. Qualcuno di nuovo gl’accostò una croce. La guardò per un istante.

“Amerai il prossimo tuo come te stesso… Maestro, questa donna è stata sorpresa in fragrante adulterio. Ora, nella legge, Mosé ci ha comandato di lapidare tali donne. Tu, che ne dici? Gesù, chinatosi, tracciava dei segni per terra con il dito. Siccome insistevano nell’interrogarlo si levò e disse loro: Quello di voi che è senza peccato scagli la prima pietra contro di lei. Quelli, udito ciò, presero a ritirarsi uno dopo l’altro a cominciare dai più anziani, e fu lasciato solo con la donna. Levatosi allora le disse: Donna dove sono? Nessuno ti ha condannata? Rispose: nessuno, Signore. Neppure io ti condanno.”


“Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che gl’appartiene. Poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho eletti dal mondo, per questo il mondo vi odia”. “… viene anzi l’ora in cui chi vi ucciderà penserà di rendere un culto a Dio.”
"Allora uno dei dodici, quello chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: Quanto volete perché io ve lo consegni? Essi gli stabilirono trenta monete d’argento. … Conducono via allora Gesù da Caifa (sommo sacerdote in quell’anno) al pretorio. Gli dice Pilato: che cosa è la verità? Detto questo uscì di nuovo dai giudei e dice loro: io non trovo in lui alcun capo di accusa."

Riguardò la croce.
L’epilogo:
”Fissata dunque una spugna imbevuta di aceto ad un ramo di issopo gliela accostarono alla bocca.”
Rimirò la croce.
Come Lui, scostò il capo e lo chinò. Chiuse gl’occhi.
“O tempo, vecchio, lento e celere, che chiudi e riapri, dovremo dirti un bene o un male? Sei largo insieme e tenace; i doni che porgi ritogli; quel che fai nascere uccidi, e quel che dal tuo ventre generi nel tuo ventre divori, tu cui è lecito colle fauci consumar il frutto del tuo seno. Tutto crei e tutto distruggi: non potrei dunque chiamarti un bene e chiamarti un male? Ma quando mi sorprenderai con il rapido colpo mortale, colla minacciosa falce, lasciami tender le mani là dove non appar vestigio del nero Caos: così non apparirai buono, non apparirai malvagio.”
“Che cos’è la verità?”
Una mano appiccò il fuoco.
 * * *  
Dal verbale redatto dai confortatori della Compagnia di S. Giovanni Decollato in data 17 febbraio 1600:

“Giordano, del quondam Giovanni Bruno frate apostata da Nola di regno eretico impenitente il quale … aggirandosi il cervello e l’intelletto in mille errori e vanità, ed ansi perseverò nella sua ostinazione che da ministri di giustizia fu condotto in Campo dei Fiori e quivi spogliato nudo e legato ad un palo fu bruciato vivo, accompagnato sempre dalla nostra Compagnia cantando le litanie e li confortatori sino al ultimo. Confortandolo allassar la sua ostinazione con la quale finalmente finì la sua misera ed infelice vita”.

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