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Il virus H5N1 e la censura di Science

Siamo sette miliardi e gli animali di allevamento e di compagnia circa 60 miliardi: è il caso di rendere deliberatamente più pericoloso un patogeno che passa da una specie all'altra? Per gli umani, il virus aviario H5N1 è letale in circa il 60% dei casi (per un confronto: la terribile influenza "spagnola" lo era nell’1% dei casi), ma diversamente di quanto accade con l'influenza di stagione, si trasmette per contatto diretto con l'animale malato o con le sue secrezioni.

A settembre però, Ron Fouchier e altri ricercatori del gruppo di Albert Osterhaus, al Centro Erasmus di Rotterdam, hanno detto durante un convegno di aver creato una versione dell'H5N1 trasmissibile via aria, per esempio attraverso le microgocce prodotte da uno starnuto. Come succede con il raffreddore o l'influenza di stagione, insomma. Non sembra una buona idea, ma è vero che conviene identificare i geni pericolosi prima che dilaghi un'epidemia.

Così si possono fare kit diagnostici per il monitoraggio degli allevamenti e dei mercati, magari un vaccino, prendere misure di sicurezza solo quando servono. Perciò la ricerca olandese, come altre in corso, è stata finanziata dagli Istituti di sanità americani. Si è svolta in un laboratorio di massima sicurezza e nel rispetto delle regole bioetiche. I risultati dovevano uscire su Science in gennaio. Prima di Natale però, la U.S. National Science Advisory Board for Biosecurity (NSABB) ha fatto sapere pubblicamente, e prima ancora agli Istituti di sanità, autori e redattori, che i "dati sensibili" andavano omessi. Ora gli Istituti di sanità devono decidere quali.

Albert Osterhaus dice che accetterà la censura obtorto collo e protesta: nel 2005, l'articolo del virus della spagnola ricreato in laboratorio era uscito tale e quale. Inoltre a novembre sono state descritte su Virology le mutazioni che aumenterebbero la suscettibilità umana all'H5N1, con un finale rassicurante: la loro evoluzione spontanea sarà lunga e complessa... La stessa censura dev'essere applicata a una ricerca complementare, sul tasso di trasmissione del nuovo virus nei mammiferi, del gruppo di Yoshihiro Kawaoka dell’università del Wisconsin, in uscita su Nature. Il direttore Phil Campbell si è detto sorpreso del comunicato della NSABB e resta in attesa di precisazioni. Il testo è piuttosto vago, infatti:

Riconoscendo il significativo beneficio potenziale delle informazioni sui particolari sperimentali per le comunità della ricerca e della sorveglianza globale dell’influenza, il governo statunitense sta lavorando per stabilire un meccanismo che consente un accesso sicuro a queste informazioni a coloro che ne hanno legittimamente bisogno per raggiungere importanti obiettivi di sanità pubblica.

L’editore di Science è l’AAAS, un ente di "interesse pubblico" che rappresenta la comunità scientifica internazionale. Il direttore Bruce Alberts ha contattato i responsabili delle varie agenzie governative incaricate della bio-sicurezza e non pare soddisfatto di quanto gli è stato detto:

La nostra risposta dipenderà moltissimo dai passi successivi compiuti del governo statunitense nel presentare un piano scritto, trasparente, per assicurare che ogni informazione omessa nella pubblicazione sarà fornita a quegli scienziati responsabili che la richiedono, quale parte dei loro sforzi legittimi per migliorare la sanità pubblica e la sicurezza.

In realtà, anche la stesura del "piano" rischia di essere lunga e complessa, e non si vede perché affidarla al governo americano e non alla comunità scientifica come il codice di autoregolamentazione sottoscritto da quasi tutte le riviste dopo gli attentati de 2001, con spore dell'antrace del 2001. Ma le ricerche citate fin qui sono state realizzate da ricercatori di vari paesi, pagati da organismi nazionali e internazionali, e con campioni biologici venuti da Africa, Asia ed Europa. Alcune nazioni come la Cina sono piuttosto gelose della propria sovranità in materia di biosicurezza e di sanità pubblica: non accetteranno facilmente di esserne private dagli Stati Uniti. Da quanto riferisce Martin Enserink su Science, le autorità americane vorrebbero passare la patata bollente all'Organizzazione mondiale della sanità, la quale custodirebbe i dati e accerterebbe la "legittimità" dei richiedenti prima di consentire l'accesso. Non è Interpol e non si vede come potrebbe farlo. Nel frattempo, la NSABB chiederebbe ai ricercatori di sospendere volontariamente tutte le pubblicazioni in tema. Ormai però la frittata è fatta. I dati già in parte circolano e non torneranno nelle provette. Inoltre ci sono parecchi motivi per essere scettici sulle trattative tra gli Stati Uniti e gli altri paesi dell'Organizzazione della sanità sul "meccanismo di accesso sicuro".

Gli Stati Uniti sono noti per i tentativi di bloccare tutti gli accordi multilaterali e per non ratificarli nemmeno quando il loro presidente li firma di suo pugno. A proposito di virus letali, per esempio, stanno ostacolando da decenni le trattative sul protocollo di applicazione del trattato che vieta le armi biologiche, sebbene la bozza del protocollo sia stata scritta da ricercatori americani approvati dal governo e il trattato stesso sia nato da un'iniziativa degli USA... Creare nuovi patogeni in laboratorio non è una buona idea. IMMAGINE: Y (CC)

Sylvie Coyaud

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.71) 29 dicembre 2011 16:28

    E’ un articolo oscuro su un argomento inquietante: chi studia nuovi patogeni mortali a facile diffusione puo’ lavorare sia per costruire armi batteriologiche che per prevenire malattie naturali. E’ chiaro che se lo fa per costruire armi dira’ invece che vuole prevenire le malattie, o magari che sta studiando come contrastare una possibile arma biologica.

    E’ preoccupante che si facciano queste ricerche ed e’ consolante che ci sia attenzione nella diffusione dei dati. Resta il sospetto che la censura possa servire a mantenere il monopolio di un’arma batteriologica, cmqe , come cittadini, dobbiamo avere piu’ paura della proliferazione che del monopolio.

    C’e’ un altro aspetto inquietante: l’industria farmaceutica dovrebbe aiutarci a combattere le malattie, ma se non ci sono malattie nuove vende poco, e soltanto medicinali di basso costo.

    Per l’industria dei vaccini, il fatto che l’influenza aviaria non abbia causato una grande epidemia e’ stato un mancato guadagno, attenuato dal fatto che ci sono stati alcuni stati, fra cui l’Italia, che hanno ugualmente acquistato grandi quantita’ di vaccini inutili.

    Un virus modificato, piu’ facilmente diffusibile, provocherebbe altissimi profitti ai produttori di vaccini. E l’industria farmaceutica, finanziando queste ricerche, ha facile accesso ai dati.

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