Interruzione rapporto dipendente: il bisogno del governo di denaro fresco
Non importa come, non importa a che titolo, l'importante è che il suddito paghi! Sembra, sempre più, il motto dei governi succedutesi e che verranno.
E già questo è un accaparramento o, ancor meglio, un furto.
A subirne le maggiori conseguenze saranno le piccole aziende artigianali, le quali non saranno esentate da questo tributo, soprattutto in momenti come questi, in cui vi sono oltre mille aziende piccole e medie che chiudono al giorno (dati Unioncamere, sono 364.972 le chiusure nel 2012). Ma la cosa vessatoria è che questo tributo lo dovranno anche versare le famiglie che hanno assunto una badante o colf. Si applica ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, in ogni caso.
Anche se il collaboratore domestico non vorrà godere della disoccupazione prevista dalla riforma Fornero, il datore dovrà pagare il contributo. Uniche eccezioni: l'interruzione del rapporto di lavoro per dimissioni o per risoluzione consensuale (nel qual caso ci si mette d'accordo con la badante e si fa fifty- fifty).
Questo balzello è dovuto non solo a tutti i licenziamenti, quindi anche a quelli intervenuti perché è venuta meno la necessità che aveva comportato l'assunzione di una colf o di una badante, ma anche a tutte le altre ipotesi di risoluzione del contratto che sono appunto diverse dalle dimissioni del lavoratore, fra le quali, ad esempio. Il decesso del datore di lavoro, o un recesso durante il periodo di prova.
Ora questa norma (che ha l'aspetto, la forma e la sostanza di un pizzo usurpato dal sovrano al suddito), come inciderà sulle assunzioni dichiarate e sull'incremento del lavoro in nero? A parte, ripeto, l'aspetto odioso, ma concretamente questa norma va nella direzione di favorire il lavoro precario e il lavoro in nero.
Di un rapporto corretto e trasparente o di questo problema ce ne freghiamo, l'importante è riuscire a raccartocciare qualche soldo dai poveri fessi che vogliono essere cittadini onesti e corretti.
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