• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca > I mandarini e le olive non cadono dal cielo. Lettera da Rosarno

I mandarini e le olive non cadono dal cielo. Lettera da Rosarno

Si è conclusa tre giorni fa la Giornata del 1° Marzo, iniziativa dedicata alle conquiste degli immigrati di tutti i paesi, nata in Francia anni fa ed arrivata oggi anche in Italia con un titolo significativo: "24h senza di noi ? la giornata senza immigrati"; uno sciopero collettivo, quindi, come a voler esemplare un’ipotetica situazione in cui sparisca, per un giorno intero, tutta la forza produttiva rappresentata dagli stranieri nel nostro paese. Da un lato che non è meramente quello economico, ma quello dei diritti, sono partite molte manifestazioni che hanno dipinto di giallo diverse piazze italiane e animato i dibattiti all’interno di vari convegni in tutta la penisola, compreso quello tenutosi nella Facoltà di Scienze Politiche a Cagliari, riguardante in modo particolare il tema dell’immigrazione femminile ed in cui sono intervenute con storie personali diverse dirette interessate, accompagnate dalla proiezione di numerosi cortometraggi. In Italia il movimento va a situarsi dopo alcuni avvenimenti importanti, ultimo tra tutti la cosiddetta "guerra tra gang" e i fatti di Rosarno, su cui si è scritto e parlato tanto. Quel che mi interessa trascrivere qui è la lettera dei Migranti di Rosarno, appunto, letta un mese fa (il 2 febbraio) in una Conferenza Stampa a P.zza San Marco (Roma), dal titolo "I mandarini e le olive non cadono dal cielo", che spiega meglio di qualsiasi altra immagine la situazione in cui versano gli immigrati nel nostro paese.

 
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l’Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma. Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti.
 
Lavoravamo in condizioni disumane. Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica.
 
Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione, sfruttamento e minacce di tutti i generi. Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di notte, dai figli dei nostri sfruttatori. Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie… prelevati, qualcuno è sparito per sempre. Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l’interesse di qualcuno. Abbiamo continuato a lavorare. Con il tempo eravamo divenuti facili bersagli. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani. Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese.
 
Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra esistenza. La gente non voleva vederci. Come può manifestare qualcuno che non esiste?
Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci hanno deportati dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di Rosarno si sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati in vere e proprie squadre di caccia all’uomo. Siamo stati rinchiusi nei centri di detenzione per immigrati. Molti di noi ci sono ancora, altri sono tornati in Africa, altri sono sparpagliati nelle città del Sud. Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo senza lavoro, senza un posto dove dormire, senza i nostri bagagli e con i salari ancora non pagati nelle mani dei nostri sfruttatori.
 
Noi diciamo di essere degli attori della vita economica di questo paese, le cui autorità non vogliono né vederci né ascoltarci. I mandarini, le olive, le arance non cadono dal cielo. Sono delle mani che li raccolgono.
 
Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto semplicemente perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non siamo venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore serve all’Italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte speranze. Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste:
 
- domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motive umanitari agli 11 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada.
 
- vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità.
 
L’Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma
 
Per il video clicca qui.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares