Economisti: Italia reiteratamente salvata dal vincolo esterno da fine guerra a oggi
La prima volta fu Bretton Woods con Alcide De Gasperi, il quale con grande capacità soprattutto politica, comprese che l'adesione del nostro Paese alle istituzioni monetarie internazionali avrebbe costituito un vincolo esterno di una forza tale da garantire l'ancoraggio dell'Italia alle economie di mercato e dunque alle istituzioni della democrazia parlamentare.
La seconda volta fu negli anni settanta, quando ci fu la dichiarazione della incontrovertibilità del dollaro in oro. Con essa venne meno un riferimanto internazionale ed un baricentro per l'economia mondiale. L'Italia rischiò una corruzione profonda del proprio ordinamento, tale da espellere dal nostro ordinamento di diritto la democrazia economica, il fallito golpe del monarcofascista Valerio Borghese ne è la prova più lampante. Di nuovo: la fine della crisi coincide con un nuovo vincolo esterno: il Sistema Monetario Europeo.
La terza volta è stato con Maastricht, il trattato per l'Unione Europea, con cui si delineano le linee per le liberalizzazioni ed una economia di mercato vera e funzionale, ma anche, al tempo stesso il concetto di uno Stato minimo - che in Italia ha trovato meno attecchimento che altrove, dove il salario minimo a garanzia dei senza lavoro, da noi propugnato ad es. dalla sinistra e da Grillo, è già realtà -, l'idea di un conflitto sociale che si snoda nel rispetto della stabilità dei prezzi, il concetto della creatività del lavoro, della sua capacità di innovare e della sua flessibilità. Sono stati e sono molti gli economisti italiani autorevoli a sostenere queste tesi, tra gl'altri - già a suo tempo Guido Carli - ed anche un allora giovane economista rampante che all'ex Governatore della Banca d'Italia fu presentato già nel lontano 7 dicembre 1973: Mario Monti. Paradossalmente è esterna oggi la prima delle cause dell'attuale crisi, la quale ha le sue radici nelle "reaganomics" e "thatchernomics" dei tardi anni settanta, le quali hanno portato dapprima ad una messa da parte e poi all'abbrogazione del Glass Steagall act posto in essere all'indomani della grande crisi del "venerdì nero di Wall Street" del 1929, e quindi alla istituzionalizzazione dei "derivati" - che inizialmente erano lo 0,3% del PIL USA, oggi sono 11 volte il PIL - ed alla abolizione della distinzione tra banche e "banche casinò" ( e proprio le attuali vicissitudini di MPS sono illuminanti per entrambe le cose).
È invece interna all'Italia, come a tutto il mondo occidentale, l'altra grande causa della crisi, ovvero la delocalizzazione in Paesi a manodopera ad extra low cost operata massicciamente da tutte le imprese, dalle grandissime alle più piccole, con la conseguenza della distruzione del salario marginale in Occidente: una vera politica economica di terzomondializzazione dell'Occidente. È tutta italiana invece una ulteriore causa di crisi, quella insita nel palese ed espresso dispregio della realtà europea e dei suoi Paesi, quella ben delineata dall'ex leader Silvio Berlusconi e dagli imprenditori a lui vicini, la quale è causa primaria del crollo dell'export italiano su quei mercati che fanno circa il 70% del nostro export a vantaggio di competitori anche extraeuropei che - differenza di noi - sono tarati da ben altri dazi. È ben fondata, a fronte di queste realtà la valutazione di Bersani che taccia di "scemenze ridicole" quelle dell'ex leader. Il bel duetto Renzi - Bersani è - infine - quello che più lascia ben sperare per il futuro dell'Italia.
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