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Dopo 21 anni di carcere viene assolto. Lo fecero confessare sotto tortura

L'incredibile storia di Giuseppe Gulotta, condannato all'ergastolo per l'assassinio di due carabinieri. Ammise l'omicidio sotto tortura. Ora è stato liberato: non aveva commesso il fatto. Ma la sua vita, ormai, è stata bruciata...

 Un povero cristo è stato arrestato a 18 anni per l’assassinio di due carabinieri, solo che non era stato lui. Ha passato in galera 21 (ventuno) anni fino a che un carabiniere pentito ha confessato che il disgraziato era stato torturato perché ammettesse l’omicidio. Nel 2007 il nuovo processo; oggi la sentenza e finalmente la scarcerazione.

Oggi, cioè nel 2012 (ma di emergenza giustizia si è parlato solo quando interessava a “voi sapete chi”). L’innocente condannato all’ergastolo si chiama Giuseppe Gulotta ed è stato in galera 21 anni per niente.

Quando ho letto questa notizia il sangue mi è andato alla testa; e non dovrei, perché le notizie di malagiustizia, malasanità, malapolitica, malamministrazione, malacultura, malaffare, malavita, malamorte e così via sono talmente numerose che si rischia un ictus al giorno.

Poi per calmarmi, colpevolizzandomi per la mia vita tutto sommato fortunata, ho pensato a tutto quello che ho fatto io in questi 21 anni, mentre lui, innocente, era in galera. Così, per farmi un’idea. Ventuno anni fa era il 1991. E le cose mi andavano abbastanza bene; mi sono comprato un’auto nuova, sportiva e rossa. Mio figlio aveva già dieci anni ed ero separato da sette. Ma ho iniziato una nuova relazione e sono entrato in una nuova casa. Proprio nel 1991. Una bella casa in affitto, piccola ma con una grande terrazza e la vista sulle colline punteggiate di luci. Eccetera.

Nel frattempo Giuseppe Gulotta veniva arrestato e torturato (ma non sarebbe l'ora di introdurre il reato di tortura nel codice penale del nostro paese?) da carabinieri che oggi sono vecchi e non aprono bocca. Muti come pesci, ma sputtanati da uno di loro che si era dimesso dall’Arma proprio per questo fatto (ma che, mi scusi, ci ha messo un bel po’ a farsi rimordere la coscienza fino a parlare). Torturatori, hanno rovinato la vita ad un ragazzo di diciotto anni e adesso se ne stanno zitti. Probabilmente pasciuti e sciupati, cadenti e grigi, mi auguro. Con la coscienza che gli morde il cuore ogni notte. Spero.

Mentre io me ne giravo beato sulla mia auto rossa, con la mia nuova fidanzata, con molti progetti in testa, lui stava in galera a pensare forse alle macchine sportive e alle ragazze che non avrebbe avuto mai.

Questa storia è finita bene (si fa per dire). Ma quante altre storie succedono mentre ce ne andiamo in giro con le ragazze, sorridendo alla vita? Beh, va bene; mica si può stare sempre lì a incupirsi sulle ingiustizie del mondo. E’ giusto sorridere alla vita, più che si può, quando si può, finché si può.

Ma ogni tanto magari ci possiamo fare un pensiero a tutti quei “Giuseppe” che non hanno fatto niente di male nella loro vita, ma che quella loro vita in un niente se la perdono.

In un gommone che solca le onde grosse del mare o in una baracca recintata di filo spinato sperduta in mezzo al deserto o su un’isola martellata dal sole, mentre i turisti passeggiano e prendono il gelato. Se la perdono perché un vigile un po’ troppo sul pezzo ti spara in testa o perché un tabaccaio non sopporta di perdere duecento euro di incasso. O perché una sciacquetta ha perso la verginità e per non dirlo a mamma e papà punta il ditino tremulo verso il campo rom vicino casa. Baracche da bruciare e se c'è qualcuno dentro, amen.

Se la perdono perché magari non sei un Giuseppe ma una Josephine e sei abbastanza carina da rendere soldi, se la dai via per due lire a botta. Sennò sono botte. Se la perdono nei cassoni dei camion magari proprio all’ultimo chilometro dei diecimila che hanno percorso rannicchiati nel buio a pensare e pregare. O perché un pazzo, cresciuto a spaghetti e Mein Kampf, esce di casa e gli svuota addosso un caricatore intero.

O magari se la perdono in un buio acquario pieno di pesci che fino a poco prima era ia comoda, lussuosa cabina di una scintillante regina dei mari che solcava maestosa acque sicure fino a che un bullo da strapazzo non l’ha impiantata su una roccia ammazzando trenta persone; così, per niente. Solo per fare il bullo.

 

 

Questa storia mi ha amareggiato e la smetto qui. Per fortuna che Giuseppe Gulotta, almeno lui, oggi può finalmente cantare, guardare il mare, guidare una macchina sportiva e portare a cena la sua donna. Almeno lui. Brindo alla sua salute.

Ai “suoi” carabinieri invece - e a tutti i bulli che infestano le nostre strade e i nostri mari - auguro tutto, ma proprio tutto, quello che si meritano. Dal profondo del cuore.

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.9) 14 febbraio 2012 11:42

     Giustissimo aver dato rilievo a questa notizia: a me era sfuggita.
    Giusto ricordarsi di tante persone che, senza alcuna colpa, vivono una vita sciagurata, soltanto perche’ nate povere o in zone svantaggiatissime.

    Non mi piace molto invece la contrapposizione fra la tua felicita’ ed il tuo benessere con queste sventure: ciascuno ha diritto a godersi le sue felicita’ senza rattristarsi per le sventure altrui, se lui non ne e’ causa:  e’ giusto avere pieta’, ma il senso di colpa non e’ un dovere, e secondo me e’ sbagliato. Certo, ci sono movimenti religiosi o politici (tipico il cattocomunismo) che sostengono che ognuno di noi e’ responsabile di tutte le sventure del mondo. Tu almeno hai avuto il buon gusto di “parlare per te”, mentre costoro in genere pretendono di parlare per tutti noi.

    Io penso che invece bisognerebbe ricercare le cause di queste sventure, cause che sono diverse fra loro: l’eccessiva crscita demografica con gli inevitabili impoverimenti, l’esistenza di criminalita’ organizzate che non vengono contrastate dagli stati, i cui esponenti sono in buona parte corrotti se non compartecipi, il feroce imperialismo delle multinazionali e ancor piu’ delle banche…

    Nel caso specifico del povero Giuseppe Gullotta, di cui non so niente, nel cercarne la causa, mi viene da pensare cha le torture a cui e’ stato sottoposto e il regime di minaccie per cui , per cosi’ tanto tempo, nessuno ha parlato, non siano sconnesse dall’assassinio. Io cercherei il colpevole fra gli stessi carabinieri o fra chi poteva indurre e proteggere quelle torture.

    Se poi il Gullotta aveva denunciato le torture, esisterebbe anche una colpa grave del sistema giudiziario. Ma non vedo alcuna colpa da parte di chi si gode tranquillamente le vita e non si sente in colpa per questo.

     

    • Di Sandro kensan (---.---.---.74) 14 febbraio 2012 13:44
      Sandro kensan

      «Ma non vedo alcuna colpa da parte di chi si gode tranquillamente le vita e non si sente in colpa per questo.»

      La colpa ci sarebbe. I carabinieri torturano per fare funzionare bene il nostro sistema, senza le loro torture tutto funzionerebbe in maniera diversa e quindi il nostro stare al sole in cambio delle torture dei carabinieri è una colpa.

      Mi vengono in mente i risultati ottenuti contro il terrorismo per merito delle torture: casa sarebbe l’Italia se il terrorismo non fosse stato fermato torturando i terroristi?

      Mi vengono in mente il nostro grandissimo appoggio alle cause americane, cosa ne sarebbe dell’Italia senza prendere una fetta delle risorse che spettano ai leccapiedi degli americani?

      Stiamo al sole e quindi siamo corresponsabili delle torture che fanno funzionare bene il nostro sistema e fanno splendere il sole ogni mattina.

  • Di (---.---.---.107) 14 febbraio 2012 15:50

    Critica e controcritica. Accettabilissime, ma...i carabinieri torturano per far funzionare bene il nostro sistema ? Funzionare bene ?! accidenti, se questo è ’bene’ chissà com’è il ’male’. Il nostro sistema può essere ben altro da questo anche senza ipotizzare apocalittici sovvertimenti.

    Non credo di aver "contrapposto" la mia felicità alle sventure altrui. Mi è venuto spontaneo fermarmi con la mente su quella che per me è vita "normale" (a cui non rinuncerei, non sono un monaco né uno di quei finti monaci che fanno fare penitenza agli altri) e quanto invece la normalità di molti non ha niente a che vedere con la mia (nostra). Non mi sento in colpa per quello che succede ad altri, posso farci poco, ma devo necessariamente riflettere sull’indifferenza (questa sì che me la sento come una colpa) che prende troppo spesso anche me.

    Io non penso, d’abitudine, che la gente muoia in un lager o che una ragazzina moldava venga fatta prostituire per strada. E nemmeno che i carabinieri torturino. O che i poliziotti facciano quello che abbiamo visto al G8 di Genova. O che uno passi la vita in carcere per niente.

    Forse sbaglio, forse dovrei pensarlo, dovrei pensare che questa è una tragica normalità; ma mi rifiuto di accettarla come una ’normalità’. Sono cose che non devono esistere. Che non dovrebbero essere. E quando mi capita di uscire per un attimo da quella sacca di indifferenza in cui vivo (e che mi protegge, non me lo nascondo) mi va bene fare i conti con me stesso, per poter poi fare quel minimo che posso fare; magari anche solo scrivere un articolo su qualcosa che a qualcuno può essere sfuggito. O per mandare una lettera a un giornale o fare una domanda scomoda a un politico o proporre un’idea da discutere insieme o, come dite, cercare le cause, certo. Che cosa ancora ? Non posso fare molto più di questo; semplicemente un qualcosa.
    Fabio DP

  • Di (---.---.---.119) 15 febbraio 2012 10:22

    Trovo tracciato spesso tra i tuoi articoli un non ben definito, ma mai gradevole, filo. Ora che tra i tuoi ultimi due (questo e Israele: dal bus segregato a quello scollacciato ) quel filo mi appare più evidente, vorrei palesarlo agli altri lettori che possano essere interessati, inviando un breve stralcio ed un link ad un terzo articolo (non mio): anche in esso si parla di violenza sulle donne, di violenza di stato, di stato di Israele.

    "Quando mia figlia è morta, non mi sono data alla disperazione e ho tenuto un discorso che ha preso un sacco di risonanza, in quanto incentrata sulla responsabilità di una politica miope che rifiuta di riconoscere i diritti degli altri e promuove l’odio e il conflitto ".

    Il link:
    http://vik-vittoriothewinner.blogsp...

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.107) 15 febbraio 2012 10:34
    Fabio Della Pergola

    Non mi è molto chiaro il filo che trovi sgradevole, fermo restando che non ho alcuna pretesa di piacere a tutti. In particolare il collegamento tra questo articolo e quello sul bus "scollacciato". Se vuoi essere più chiara/o (e magari firmarti, almeno con un nome) ce la possiamo discutere. Ciao.

  • Di paolo (---.---.---.84) 15 febbraio 2012 10:51

    Con Sandro che giustifica la tortura con il risultato ottenuto(ammesso e non concesso sia vero),siamo nel peggior macchiavellismo possibile,non mi convince per nulla ,direi anzi che poteva risparmiarsela . La tortura non può mai essere giustificata , neanche di fronte al bene comune.

    Rilevo anche dal taglio dato dall’articolista e da alcuni commenti che è facile scadere nella generalizzazione . Indubbiamente fatti gravi ci sono stati e probabilmente ci saranno visti i criteri ,molto discutibili ,con i quali vengono selezionate le forze dell’ordine .
    Adesso sarebbe opportuno che quei disgraziati carabinieri che si sono macchaiti di una infamia di questo genere ,e che non è detto che siano pasciuti e panciuti ma che magari hanno avuto promozioni , venissero colpiti duramente e chiamati ,assieme allo stato ,a rifondere questo povero (ex) ragazzo.
    Bravo l’articolista a segnalare questa tristissima vicenda .

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.107) 15 febbraio 2012 11:24
    Fabio Della Pergola

    che lo Stato venga chiamato a rifondere 21 anni di detenzione illegittima è assolutamente certo (con i soldi dei contribuenti). Che vengano chiamati a rispondere i torturatori credo che sia anche questo abbastanza sicuro. Che poi paghino di tasca loro mi avventuro a dire che ci crederò quando lo vedrò. Condivido la critica al commento di Sandro.

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