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Da Lisbona a Roma: quel terrore per la Troika

La famigerata Troika è sempre più nell'occhio del ciclone: sotto accusa la sua intransigenza cieca.

Nei giorni più caldi della crisi politica italiana di qualche giorno fa, risoltasi poi in un nulla di fatto, il vice-ministro dell’Economia ed esponente PD, Stefano Fassina, aveva paventato che anche in Italia potesse arrivare la Troika a scrivere la prossima legge di Stabilità, e a sottoporre quindi l’Italia a limitazioni di sovranità simili a quelle che hanno sperimentato vari paesi europei negli ultimi 3 anni. La Troika, composta da Bce, Commissione Europea e Fondo monetario internazionale, è diventata un simbolo della crisi, e l’arrivo dei suoi funzionari provoca manifestazioni e scioperi di massa nelle tumultuose strade di Atene.

Un motivo per comprendere come mai la Troika faccia tanta paura ai politici dei paesi periferici lo offre il caso del Portogallo. Il paese lusitano, come noto, fu costretto a richiedere gli aiuti del fondo EFSF (progenitore del neonato ESM) per finanziarsi sui mercati, vista l’impennata degli spread registrata dopo lo scoppio della crisi greca del 2010. Da allora il Portogallo, per ricevere le tranches dei preziosi aiuti, è costretto a ridurre in maniera draconiana deficit e spesa pubblica. Il Paese è precipitato in una crisi economica la cui gravità è seconda solo a quella di Atene: la disoccupazione ufficiale ha superato il 18% e i telegiornali di tutta Europa parlano di giovani portoghesi che partono in cerca di un futuro per quelle che un tempo erano le colonie del Portogallo, come il Brasile e l’Angola.

Non stupisce che in una situazione del genere il governo di centrodestra, guidato da Passos Coelho, sia in crisi nera di consensi; le recenti elezioni comunali svoltesi nei principali comuni (compreso il municipio di Lisbona) hanno visto un’avanzata del Partito Socialista e un boom dei partiti di sinistra radicale. Passos Coelho, piegato elettoralmente dall’austerity, è quasi sicuro di fare la fine degli altri governi conservatori che si sono succeduti in questi ultimi anni nei paesi mediterranei, vale a dire di andare incontro ad una sonora bocciatura da parte dell’elettorato alle prossime elezioni politiche.

Per questo aveva chiesto alla Troika, in vista della concessione dell'ottava e nona tranche da 5,5 miliardi di euro del salvataggio da 78 miliardi, un ammorbidimento della rigidità fiscale: una dilazione del deficit pubblico dal 4 al 4,5% del Pil nel 2014, per non deprimere un’economia ancora in profondo rosso. Se i funzionari della Bce e del Fmi avessero accettato la proposta, indubbiamente Coelho avrebbe potuto scrollarsi un po’ di dosso la fama di spietato esecutore degli ordini di Bruxelles, tenendo a freno le richieste sempre più pressanti che vengono dall’opinione pubblica lusitana. Tuttavia, la Troika ha ancora una volta opposto un diniego, pur lodando gli sforzi compiuti dal Governo in questi ultimi mesi.

Questa intransigenza da parte della Troika ha un fondamento logico: essa rappresenta i creditori, e deve quindi apparire inflessibile ai loro occhi. Cionondimeno, appare evidente che tale legittima attitudine sia sfociata in un fanatismo: non concedere una dilazione di uno 0,5% di Pil ad un paese già duramente provato e a rischio estremismo politico, di certo non aiuta a dare un’immagine migliore delle istituzioni che stanno gestendo la crisi.

Per questo, augurandosi che la Troika non atterri mai a Roma, c’è bisogno di una seria e profonda riflessione su come questa crisi sia stata effettivamente gestita; altrimenti il rischio è che le prossime elezioni europee, in programma nella primavera prossima, vedano un trionfo dell’astensione e di personalità politiche come Marine Le Pen.

 

Foto: Pedro Ribeiro Simoes/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.115) 7 ottobre 2013 11:28

    E se li votano, vuol dire che a conti fatti, come piace alla Troika, sono meno peggio.
    I fenomeni da baraccone si riconoscono per i risultati che ottengono, non per le chiacchiere che fanno.

  • Di (---.---.---.70) 7 ottobre 2013 14:36

    L’idea su cui fa leva la propaganda del mainstream è che: "chi ha un debito è giusto che lo ripaghi". Peccato però che il debito di cui si parla, quello pubblico, in particolare dei paesi mediterranei, nessuno si illude di ripagarlo. Nemmeno le banche che lo hanno concesso hanno mai pensato una cosa del genere. 

    Le risorse elargite tanto generosamente (in senso ironico, naturalmente) sono state date con una logica di breve periodo, come in tutti gli investimenti di carattere speculativo. Il fatto è che si sapeva benissimo come sarebbe andata ma tutti hanno pensato di poterla fare franca nel momento in cui le cose sarebbero volte al peggio. 
    Ora, la Troika, serve solo per costringere i paesi a pagare, per più tempo possibile, gli interessi che servono a coprire il debito concesso, con buona pace dei sacrifici (inutili) dei cittadini. Già perché, alla fine, nonostante Monti, Letta, Draghi (e chi più ne ha...) si arriverà a una forma di default più o meno mascherata. Rimane solo da vedere quanto le banche straniere, e in particolar modo tedesche, riusciranno a spolpare questi paesi prima che cessino le condizioni politiche di agibilità di questo scempio.
    • Di (---.---.---.231) 7 ottobre 2013 17:02

      classico esempio di demagogia populista. La colpa è sempre degli altri (le banche, la finanza internazionale, i tedeschi, l’Europa, il FMI, ecc...) mai che ci si assumano le proprie responsabilità. Chissà di chi è la colpa se l’Italia è indebitata fino al collo ? dei tedeschi?!?!

    • Di (---.---.---.210) 7 ottobre 2013 17:05

      Il debito non esiste. Infatti non è mai esistito e mai esisterà uno stato a credito!
      Il denaro è un mezzo, una convenzione nata per agevolare gli scambi di beni e servizi che diversamente, come è stato in passato venivano barattati e sempre il mercato ne configurava il valore. L’accettazione del denaro si fonda sull’imposizione della sua accettazione, quindi sono le banche ad imporlo ma la proprietà deve essere dei cittadini che lo utilizzano.
      Il denaro non è una merce, non produce nulla e non può essere scambiata come una merce, perché ci dovrebbe porre la domanda, se la considera appunto una merce, chi sono i produttori di tale merce e che interesse hanno a voler imporre di considerarlo tale.
      E’ pira follia voler concepire uno stato che deve farsi prestare del denaro dalle banche che esse stesse stampano, non per ripianare debiti che è falso, ma semplicemente per renderlo disponibile ai cittadini e all’economia perché essa possa funzionare. Quindi il debito è eterno ed esisterà sempre come è sempre esistito e continuerà ad esistere, per il semplice motivo che dove esiste uno stato che utilizza il denaro posseduto da privati a debito anziché il baratto, esso sarà eternamente un debitore.
      Il Giappone ad esempio, ha la sua banca centrale nazionale la valuta è la sua e il suo debito è al 240% eppure va a gonfie vele, anzi proprio per rilanciare la sua economia ha immesso recentemente una valanga di liquidità.
      Il debito è una truffa come lo è il pareggio di bilancio, che nessuna azienda si imporrebbe pena, nelle migliore delle ipotesi la sua chiusura nelle peggiora il suo fallimento.

    • Di (---.---.---.252) 8 ottobre 2013 14:28

      No guardi che la colpa non è affatto degli altri. E’ di quella classe politica che, per ragioni che non conosco (malafede o ignoranza) ha incastrato il nostro paese con una serie di misure sconvenienti iniziate negli anni ottanta. Gliene cito alcune tra le più dannose:

      - divorzio tra ministero del tesoro e banca d’italia (dal 1981 al 93 è la causa del debito pubblico);
      - sistema monetario europeo (uscirne nel 1993 ci ha consentito enormi attivi della bilancia dei pagamenti);
      - euro (il problema del debito pubblico ha la sua origine nel debito privato, peraltro molto più alto di quello pubblico, accumulato dai continui passivi della bilancia dei pagamenti dal 1999 al 2012, che con la crisi del 2008 ha iniziato a trasferirsi nel bilancio pubblico a causa delle maggiori spese in tempi di recessione).
      Mi permetto di consigliarle un libro che le piacerà molto: Il Tramonto dell’Euro di Alberto Bagnai.

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