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Campagna elettorale europea: il trionfo del vuoto

Da un punto di vista comunicativo, si chiude la campagna peggiore di sempre: tra accuse, scomuniche e insulti, quasi nessuno ha capito su cosa si voterà.

Siamo agli ultimi giorni di una delle campagne elettorali più truculente, cupe e nel contempo insignificanti della storia politica recente.

Probabilmente solo il tasso di affluenza - verosimilmente basso, o comunque più ridotto rispetto alle ultime Europee del 2009 - potrà dare un'idea del disgusto che giustamente la cittadinanza esprime verso un corpo politico ormai impazzito e dedito alla semplificazione più becera.

Molti opinionisti in queste settimane hanno additato solamente Beppe Grillo: è lecito sospettare che in realtà il problema dell'involgarimento di massa abbia radici ben più profonde e che chi punta il dito solo contro l'ex comico genovese lo faccia per bassi motivi di propaganda.

In realtà, la politica italiana è schiava da decenni della "sindrome da ultras": le immagini di Genny 'a Carogna, che tanto ci hanno indignato, rappresentano bene lo stato mentale di una grossa fetta degli italiani. Del resto, non è casuale che un grande protagonista (Silvio Berlusconi) abbia legato parte delle sue fortune politiche al calcio, mentre il giovane premier Matteo Renzi ama farsi fotografare con la sciarpa dell'amata Fiorentina.

Molti intellettuali ritenevano che l'imbarbarimento del linguaggio politico fosse una conseguenza della discesa in campo di Berlusconi, ma questa campagna elettorale ha spazzato via questa autoconsolatoria visione. 

Berlusconi è stato tutto sommato un protagonista secondario della tenzone, ma ugualmente il Paese è rimasto schiavo di una nuova contrapposizione tra Renzi e Grillo. Le parole prevalenti della campagna elettorale sono state "noi" e "loro": il M5S ha invaso il web con il suo motto ultimativo "o noi o loro", intendendo con "loro" tutti gli altri partiti compromessi con gli ultimi fallimentari 20 anni di politica italiana. Renzi, dal canto suo, ha presentato il voto come una lotta epocale tra ottimisti e pessimisti, tra "gente che lavora" e gufoni, tra innovatori e conservatori.

Questa logica binaria si sposa molto bene con l'ascesa dei social network: Facebook e Twitter sono costituzionalmente dei mezzi di semplificazione. Il messaggio deve essere perentorio, ultimativo, senza appelli; bisogna scegliere un "esercito", e chi sta dall'altra parte è un traditore dell'Italia, un corrotto, un buffone.

I temi europei non sono quasi mai stati toccati, se non di striscio e con approssimazione. Quando si è parlato d'Europa, lo si è fatto solo cercando di striminzire tutte le opinioni ad una desolante scelta tra "Si Euro" o "No Euro", come se il futuro di un'area economico-politica potesse dipendere unicamente dalla scelta di adottare una moneta piuttosto che un'altra. Particolarmente impressionante è stato il tentativo di far appassare ogni critica all'attuale architettura europea come una scomunica totale dell'Unione Europea, quando in realtà solo pochi movimenti propongono davvero un'uscita dall'Ue. Gran parte dei movimenti "euroscettici" hanno la sola colpa di voler cambiare andazzo.

A prescindere da quali saranno i risultati elettorali, si può già dire che ancora una volta i politici non hanno fatto nulla per far aumentare la stima nei loro confronti.

 

 

 

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.189) 23 maggio 2014 19:35

    Unica chance >

    In barba all’Italicum è l’occasione giusta di far valere le preferenze. E’ un po’ più "laborioso" che mettere solo la X sul simbolo del partito, ma ne vale la pena.

    Se si mette solo la X i candidati vengono "scelti" in base all’ordine attribuito nelle liste. E’ ovvio che i capolista sono i più vicini e "fedeli" al Segretario.

    Dare la preferenza al 3°, al 6°, al 9°, al .. candidato può contribuire a premiare soggetti che non sono pura "emanazione" del Segretario. Soggetti che, magari, hanno delle spiccate qualità personali e idee "meritorie". Soggetti del tutto capaci di farsi valere in Europa.

    In ogni caso sarebbe un chiaro "segnale" di distinguo dalle facili promesse elettorali. Usare le preferenze è la presa di distanza da quel Consenso Surrogato che è frutto di slogan, spot ...

  • Di (---.---.---.148) 24 maggio 2014 08:52

    Sig. Giglio,

    ha ragione: in questa campagna elettorale i toni sono stati accesi. Ma, a mia memoria, mi sembra che le ultime 3 o 4 campagne italiane siano state così... si tende ad avere la memoria corta in queste cose.

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