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W. - La vera storia di George W. Bush secondo Oliver Stone

Persa la proiezione al Torino Film Festival (per eccesso di presenze) e data la strana storia di distribuzione di questo film in Italia (non è uscito in sala ma direttamente in tv), non ho voluto perdere il passaggio televisivo di ieri sera su La7.

Prima di tutto è bene dire che W. di Oliver Stone è un buon film, a tratti un ottimo film. Ottimamente diretto, ben recitato, con una sceneggiatura degna di un film di successo.

La mano di Stone è evidente nella definizione dei personaggi e in alcune inquadrature dense di forza espressiva. Guardare Josh Brolin è come guardare George W. Bush (non solo dal punto di vista fisico) e sono incredibilmente somiglianti anche Colin Powell, Condoleezza Rice e Barbara Bush.

E poi l’intreccio ed il modo in cui la vicenda è raccontata tengono alta la tensione ed il continuo passaggio dai giorni dopo l’11 settembre alla storia pre-presidenza è una scelta funzionante.

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Ma naturalmente il cuore del film è inevitabilmente quello che racconta. Il (da oggi ex) Presidente degli Stati Uniti d’America è ritratto come il figlio ribelle della facoltosa famiglia Bush, addirittura il figlio incapace, che non ha voglia di impegnarsi in nulla e vive all’ombra del padre e (poi) del fratello.

E non mancano le scorribande al tempo del college, i problemi con l’alcool e le notti in prigione. Ogni volta, ovviamente, sarà il padre a tirar fuori dai guai lo scapestrato George Junior, salvo poi rimproverarlo e rovesciargli addosso la sua delusione.



Insomma il ritratto è impietoso e non lascia nulla all’immaginazione delle spettatore. Compresa l’improvvisa "illuminazione" che lo avvicina in maniera anche eccessiva alla chiesa ed alla religione, tanto da costringere i suoi consiglieri a preghiere (anche) forzate. Un presidente che si trova al potere quasi per ripicca nei confronti della sua famiglia, per dimostrare al padre di non essere un fallito.

Quello che mi stupisce è che il Bush originale (o la famiglia Bush) non abbia cercato di fermare la pellicola quanto meno nelle parti in cui il rampollo viene ritratto come un incapace, sia di prendere decisioni, sia di capire cosa effettivamente stia succedendo intorno a se.

Ultima nota per la riunione in cui si decide l’attacco all’Iraq... beh... i motivi della guerra sono chiariti in maniera evidente una volta per tutte, seconda testimonianza made in Hollywood dopo Fahrenheit 9/11 di Michael Moore.

Non ve la racconto per non rovinarvi il film nel caso in cui riusciste a scovare una terza occasione per vederlo in Italia, cosa che al momento non sembra così facile. Diciamo solo che centra più il petrolio che le armi di distruzione di massa.

Ah... ancora una cosa. La7 ha naturalmente incentrato la serata sull’evento, con uno speciale di 8 e 1/2 (sufficientemente ben fatto) con ospiti lo stesso Oliver Stone e Gad Lerner.

Mi rendo conto che probabilmente il prezzo degli spazi pubblicitari su La7 per ieri sera era un’occasione troppo ghiotta da lasciarsi scappare, ma quattro interruzioni pubblicitarie in un film di meno di due ore e per di più in una serata evento mi sono sembrate eccessive.

(credits foto: The house next door)

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