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Vendola, l’ammazza-sinistra

Nichi Vendola è forse solo l’ultima delle calamità successe alla sinistra italiana, ma certo ha un record importante: prima ha ucciso Rifondazione, ora è pronto a fare lo stesso con SEL. Non male per uno che doveva portare la sinistra al governo.

Non abbiamo mai risparmiato le critiche a Nichi. A ben vedere, non avevamo certo torto. Vendola ha perso un congresso di Rifondazione e invece di rimanere per cambiare le cose ha deciso di rompere un partito con la scusa dell’unità della sinistra. Geniale. Per altro sempre rifiutando qualsiasi idea di vera unità, dall’ostracismo verso Rifondazione fino ad abbandonare Di Pietro e stracciare la famosa foto di Vasto per rimanere nell’orticello del centro-sinistra piddino che era lanciatissimo per allearsi nuovamente con Monti.

Col bel risultato già allora di fare una misera figura alle elezioni, entrato in Parlamento solo grazie alla mitica alleanza Italia Bene Comune, durata lo spazio di un mattino. Aveva illuso con i risultati eclantanti alle primarie – grazie ad un PD allo sbando che candidava personaggi impresentabili e che si presentava come movimento di conservazione mentre gli elettori chiedevano ricambio. Ma lì, miseramente, si è fermato. Alle elezioni non ha mai superato il 3%, nonostante fosse sempre accreditato al 6-7-8. Tante chiacchere in TV, pochi voti. E l’appiattimento sul non-cambiamento, iniziato a Napoli e Palermo e finito nelle elezioni politiche.

Così facendo Vendola è stato uno dei principali protagonisti della sconfitta della sinistra, con una larga fetta di elettorato deluso che ha infine scelto Grillo, perché col PD della riforma Fornero e del governo Monti non si poteva proprio andare. Ma certo Parigi val bene una messa, ed una poltrona a Roma o Bari vale qualche voltafaccia. Salvo poi accorgersi che il PD in realtà aveva altri piani e se ne andava tranquillamente al governo con Berlusconi. Certo, a SEL han trovato la comoda giustificazione che almeno grazie all’alleanza la sinistra era in Parlamento. Per far cosa, non è dato sapersi. Ignorando che una SEL indipendente, come nucleo di una vera alternativa a sinistra, avrebbe comodamente passato lo sbarramento – e molto probabilmente rubato voti decisivi a Grillo. E si sarebbe potuto parlare di vero governo alternativa.

Un fallimento completo che non si è voluto analizzare. Anzi, appena si è potuto si sono subito riaperti i ponti col PD, addirittura con Renzi che fino all’anno scorso era quasi il diavolo in persona – con l’invito esplicito a votare Bersani per fermare l’avanzata del sindaco di Firenze. E invece, un nuovo cambiamento di rotta, senza nessuna vera spiegazione politica, se non la necessità di rimanere nelle stanze del potere. Una mattina Vendola si alza e detta la linea del partito. Nel silenzio, nell’annuire servile, nella mancanza di discussione, di democrazia interna.

Eh sì, perchè Vendola nel suo delirio liderista si era fatto il solito partitino personale, da padre-padrone, come un Di Pietro qualsiasi. Anche in Forza Italia qualcuno, ogni tanto, alza la testa. Non in SEL che nasce, e muore, con Vendola. Che già un anno fa voleva comunque seppellirla, diventare una costola del PD, entrare nel PSE dell’austerity di Hollande, della grande coalizione della SPD con la Merkel, dei ladroni del PASOK greco, dei liberisti del Labour inglese. Il tutto pretenendo pure di essere di sinistra, pensate un po'.

Che tipo di sinistra, lo abbiamo capito in questi giorni. Una sinistra pappa e ciccia col padronato, quello peggiore, quello che corrompe, inquina, ruba, ammazza. Una sinistra che prende in giro i giornalisti che fanno domande scomode ai delinquenti. Quella sinistra che quelle domande, infatti, non le fa. In effetti una sinistra coerente coi programmi e i modi, appunto, del PSE. Una sinistra che, come Vendola, farebbe ridere, se non ci fosse da piangere.

 

@NicolaMelloni

 

Ho la tessera di SEL, questa è la premessa. E non ho nessuna intenzione di giustificare il leader del mio partito. Così come trovo che non ci sia bisogno di rispolverare le fasi della vicenda Ilva per farlo: se l’operato del Governatore è pulito, si basta da solo. Non basta invece il lavoro responsabile, tenace e del tutto coerente col programma elettorale dei parlamentari di SEL a far parlare dell’attività del partito; sui giornali si finisce sempre più spesso solo per le esternazioni della dirigenza, ma probabilmente anche questo è colpa dei giornalisti inopportuni, più che del senso dell’opportunità di chi si esprime.

Non si dovrebbe mai provare imbarazzo verso le idee che si sposano, invece è ciò che mi accade da tempo in un partito in cui spesso si perde la coordinazione tra identità ed espressione. Allo stesso modo si è perso per strada l’entusiasmo della manifestazione di piazza Santi Apostoli, proprio quando avremmo potuto iniziare a pensare seriamente ad un ruolo di SEL come aggregatore della sinistra, quando pareva facile schiudersi con armonia alle pulsioni della società per inglobarle in un nuovo modo di fare e pensare la politica. Invece siamo ancora qua, con l’orizzonte rattrappito del partito unipersonale che però aspira a liquefarsi con la stessa disinvoltura nel PSE e nell’alleanza con Renzi. Sono giorni in cui mi sento tesserata di un PD qualsiasi, senza coerenza, senza autocritica, spettatrice incredula di un gioco a catenaccio per blindare la credibilità di un uomo che spesso fagocita quella dell’intero partito.

Per essere credibili bisogna anche sembrarlo, questo chiede la gente oggi alla politica; a maggior ragione lo chiede la gente che si sente dileggiata, vilipendiata e perfino condannata a morire dal connubio tra la politica e il capitalismo. L’unica vergogna che non provo, a costo di sembrare sempre fuori tempo e fuori mondo, è quella di esigere, al mio partito e alla vita, la virtù. E’ la sola qualità che, applicata alla politica, riportata nel cuore della sinistra, finalmente distinguerà nettamente il semplice comunisteggiare dal tornare ad essere davvero compagni.

 

@MonicaRBedana

 

 

Foto: ciocci/Flickr

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