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 Home page > Tribuna Libera > Una bandiera di vittoria piantata sulla pancia di un morto

Una bandiera di vittoria piantata sulla pancia di un morto

Anche un dittatore ha diritto ad essere processato da un tribunale: la vendetta non mai è giustizia.

Sono state spese fin troppe parole su Gheddafi, sulla sua parabola politica e umana, su quelli che nel giro di pochi giorni si sono accorti che a Tripoli regnava un dittatore e sono passati da un deferente baciamano alla condanna del regime e alla guerra. Per giustificare l’imbarazzo, si è anche parlato di logiche di realpolitik, attribuendo implicitamente una statura da grande attore internazionale a chi non ce l’ha, tanto da essere di recente sbeffeggiato pubblicamente da Sarkozy e Merkel. Invece era soltanto l’albertosordismo della politica estera italiana che ogni tanto riemerge: orecchie calate con i forti, volto truce con i deboli.

La logica preponderante nei rapporti internazionali è il cinismo, il “sic transit gloria mundi” con cui Berlusconi ha liquidato l’amicizia con Gheddafi. La fine che spesso tocca in sorte ai dittatori rappresenta plasticamente i termini della questione. Sostenuti, tollerati, foraggiati, vezzeggiati fino a quando sono funzionali a interessi politici ed economici prevalenti; scaricati senza troppi scrupoli quando non servono più o diventano ingestibili. Il colpo di grazia alla testa del dittatore libico ha levato dall’imbarazzo quanti, tra i protagonisti della politica internazionale, sarebbero stati citati da Gheddafi a testimoniare in un regolare processo. La furia giustizialista che da più parti si è levata puzza di sospiro di sollievo per lo scampato pericolo e nasconde un intento autoassolutorio. 

Ma i fatti sono sotto gli occhi di tutti. Il tentativo della Nato di giustificare il bombardamento del convoglio sul quale viaggiava Gheddafi è goffo. Come ha sostenuto il ministro degli esteri russo, non vi era “alcun collegamento tra la no-fly zone e un attacco a un bersaglio a terra”. Infine, il rais è stato catturato in una buca, ferito ma ancora vivo, ed è stato giustiziato sul posto. C’è qualcosa di intollerabile nella caccia all’uomo, nella furia che si scatena quando la belva annusa il sangue della preda: “e gli occhi dei soldati cani arrabbiati/ con la schiuma alla bocca cacciatori di agnelli” (Sidun, Fabrizio De André).

Non è in discussione il giudizio su Gheddafi, per niente ammorbidito dalla fine tragica. Era e rimane un criminale, un aguzzino del popolo libico. Però, anche lui, aveva diritto ad un regolare processo. La giustizia sommaria è sempre una giustizia barbara, violenza che si aggiunge a violenza, in una vertigine di sangue che rievoca i versi di Ignazio Buttitta: “scippari l’occhi l’unu cu l’autru,/ scurciari l’unu cu l’autru, ammazzarinni/ e chiantari banneri di vittoria/ nte panze di morti” (Ncuntravu u Signuri).

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.236) 25 ottobre 2011 12:27
    Damiano Mazzotti

    Scusa una cosa... Se Gheddafi era così anormale da non volersi arrendere, l’unico modo per far finire la guerra ed evitare altre morti innocenti, è solo quello di ucciderlo...

    La Nato ha fatto solo bene... e le turture a Gheddafi si potevano evitare... Ma forse Gheddafi ha chiesto perdono? non mi risulta... è stato arrogante come uno dei due ladroni a fianco di Gesù, che infatti non è stato perdonato...

    Smettiamola di fare salottismo e pensiamo ai giovani che hanno rischiato la vita, che hanno perso molti amici, e che si erano stufati di perdere tempo e di farsi prendere per il culo da un dittatore tarato che si portava le creme da viso durante una fuga disperata in una guerra civile..

  • Di domenico (---.---.---.88) 25 ottobre 2011 15:04
    domenico

    Sgombriamo il campo dagli equivoci: io ho condannato Gheddafi quando ancora in tanti lo consideravano un interlocutore e amico... e gli baciavano la mano (http://forgionedomenic.blogspot.com/2011/03/tripoli-bel-suol-damore.html).

    Detto questo, non credo sia salottismo essere contro le esecuzioni sommarie per strada...

    Tutto qua.

    La differenza tra paesi civili e incivili sta proprio nel fatto che nei primi la giustizia è amministrata nei tribunali, non dalla folla assetata (anche comprensibilmente, dopo tutto quello che ha patito) di sangue. 

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.232) 25 ottobre 2011 15:12
    Damiano Mazzotti

    La Libia non è un paese civile con istituzioni affidabili... è un paese giovane e tribale costruito a tavolino da italiani e occidentali. In un paese tribale uccidere un nemico è la cosa più semplice di questo mondo. Gheddafi non è stato appeso come un animale come avvenuto con Mussolini... gli italiani a causa della struttura dell’Impero Romano sono molto africani

  • Di domenico (---.---.---.88) 25 ottobre 2011 15:23
    domenico

    Certo, ogni discorso va contestualizzato. I parametri etici e democratici occidentali sono diversi da quelli libici. Il mio è il punto di vista di uno che vive in Italia: probabilmente, se vivessi in Libia, non mi scandalizzerei più di tanto. Ma vivo qua. 

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