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Tunisia e Egitto: non possiamo aiutarli

Realtà (ed illusione) nelle rivolte arabe

Dopo la Tunisia ora è la volta dell’Egitto: facendo zapping sulla TV si vedono, come al solito, chiacchiere su chiacchiere, di esperti, presunti o veri, poco importa. Non sto a guardare simili trasmissioni da molti anni, e magari mi perdo qualche analisi valida, ma fortunatamente mi perdo una marea di banalità e di previsioni che hanno la validità di un pronostico enalotto. Anche sui giornali, o sulla stessa AgoraVox, vediamo i militanti, che in ogni rivolta popolare credono di trovare la sognata rivoluzione, anche se non sanno nemmeno più loro quale rivoluzione sognano. Vediamo gli ottimisti, quelli che vogliono esportare la democrazia (come la stessa amministrazione USA), quando ormai è più che assodato che la democrazia non è una merce esportabile, ma è un qualcosa che deve nascere dalla coscienza sociale e civile dei popoli. Tralasciando i clamorosi fallimenti in Iraq e Afghanistan, possiamo anche ricordare che in Italia la democrazia arrivò con le armi degli Alleati, e che ancora non è entrata nel sentire comune della gente, basta vedere gli spettacoli che da anni la classe politica (che è l’espressione più genuina della gente italica) ci propina; basta vedere l’inciviltà dei comportamenti sociali italici, l’assoluta mancanza di senso dello stato, l’estesa presenza mafiosa, per capire come una democrazia non si costruisca in poco tempo, e per importazione.

Certamente è difficile capire cosa ci sia dietro le rivolte di Tunisia ed Egitto, e quindi ipotizzare lo sbocco che avranno; è pure difficile capire quanta disinformazione ci sia, e da chi sia orchestrata, come l’assalto al Museo Egizio, che forse non c’è mai stato, o sui milioni di manifestanti, quando dalle immagini sembrano molti meno. Qualcuno però sta sicuramente dietro e manovra. Purtroppo è molto probabile che ci troveremo presto di fronte ad altri Iran (ma questa è una mia sensazione, e non ha la pretesa di una previsione).

I manovratori giocano anche sulla spontaneità rivoluzionaria di una gioventù che ritiene, a ragione, di non avere sbocchi. Un servizio dalla Tunisia, non ricordo su quale giornale, diceva che tanti giovani tunisini hanno studiato, non avendo altro lavoro, ed ancora meno ne hanno da diplomati e laureati, semplicemente perché sono troppi per le risorse del loro paese. Ed è proprio questo il problema centrale, la popolazione è eccessiva. Come si può pensare che possano vivere decentemente 80 milioni di egiziani in un paese in gran parte desertico? Come si può pensare che i paese africani ed asiatici abbiano ancora un aumento demografico che è semplicemente irresponsabile in un mondo abitato da quasi sette miliardi di persone? Forse solo la Cina è riuscita ad impostare ed imporre una politica demografica, che forse è anche una delle cause dello straordinario sviluppo. Purtroppo tutte le grandi religioni si oppongono al controllo demografico, e la loro opera distruttrice è tanto più efficace quanto più le popolazioni ancora non sanno separare la religione dal vivere sociale.

Come si può pensare che sia l’occidente a doversi far carico della demografia del resto del mondo, quando è già al limite delle risorse? Solo pochi "ingenui" possono pensare che gli uomini nascano diversi, che esistano razze migliori per natura: sono poi le possibilità di alimentazione, la cultura e le usanze famigliari e sociali a rendere gli uomini differenti. Come si può pensare che un’immigrazione in un paese come l’Italia con una densità di abitanti di 200 persone per chilometro quadrato (e con densità da 6.000 a 10.000 nelle città) non comporti dei problemi? Quello che troppo sbrigativamente è chiamato razzismo diffuso è forse semplicemente l’eccessiva ristrettezza di spazio personale. Anche l’Europa, e l’Italia, hanno avuto eccessi demografici, ed hanno avuto anni di fortissima emigrazione, dal 1850 ai primi decenni del 1900: ma il mondo allora aveva poco più di un miliardo di uomini, e un intero continente era praticamente vuoto. In un mondo che si avvia fra pochi anni ai nove miliardi di abitanti, penso che assisteremo sempre più a rivolte popolari nei paesi di quello che è chiamato terzo mondo, e a conseguenti guerre per le risorse, e a tutto questo non c’è rimedio. Si dice che un miliardo di persone soffra la fame nel mondo: se vi fossero solo quattro o anche cinque miliardi di persone, è probabile che il mondo sarebbe più stabile, se non più felice.

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