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Traiettorie sociologiche: Cronache del tempo veloce. Immaginario e Novecento

di Linda De Feo

Traiettorie sociologiche: Cronache del tempo veloce. Immaginario e Novecento

 
Cronache del tempo veloce. Immaginario e Novecento, pubblicato recentemente dalla casa editrice Liguori, è il nuovo libro di Adolfo Fattori, un autore profondamente sensibile ai mutamenti epocali, capace di percepirne le spinte, registrarne le forze, interpretarne gli impulsi. Pur riconoscendo che il presente non è necessariamente momento di sviluppo e che il progresso può generare la propria negazione, perché definito dal rovinare del passato e dal conflitto, spesso efferato, tra natura e artificio, il sociologo napoletano ha elaborato quello che potrebbe essere definito un pensiero protecnologico
 
Nonostante la consapevolezza che, a volte, nel precipitare del processo di tecnologizzazione è trascinato l’uomo, luogo di inestricabile intreccio di organico e inorganico, materia e conoscenza, verità e menzogna, vita e morte, l’autore esplicita la forza, la potenza e la fascinazione delle risorse trainanti del percorso della tecnica, analizzando le articolazioni più significative, gli snodi epocali, le svolte fondamentali dell’immaginario contemporaneo, le catastrofi, intese nel significato di morfogenesi, mutamenti di forma, passaggi di stato, dell’enciclopedia immaginativa, simbolica e materiale, della nostra epoca.
 
A partire dunque da una disamina dei punti di svolta dei modi di rappresentazione fondati sulle tecnologie elettroniche e condivisi a livello planetario, che rispecchiano e al contempo promuovono i processi dispiegantisi nel vissuto quotidiano, si delinea lo sfondo storico su cui si staglia il volume, la vicenda del Soggetto contemporaneo: dalle riflessioni sulle derive dell’identità tardo-moderna, costretta, nell’ineluttabile immersione nel panorama mediatico, a trovare cangianti e fluttuanti configurazioni, si passa alle considerazioni sull’inattualità di una società stagnante in un eterno presente, definito dal tempo reale e dallo smarrimento del senso del luogo, nell’affiorare dei non-lieux (Augé, passim) delle reti informatiche.
 
Attraversando il dispiegarsi creativo delle visioni del mondo, si sottolineano la circolarità del rapporto tra mutazioni tecno-comunicative, trasformazioni antropologiche e frontiere epistemologiche, nonché la liminalità indefinita di bisogni inattesi, che rilanciano continuamente i propri confini, e di aspettative inedite, mai esaudibili in senso compiuto. Ritraendo abilmente il reale, che appare completamente mappato, scannerizzato, monitorato, si tratteggia la marcata accentuazione dell’artificialità dell’esperienza, realizzata mediante il processo di tecnicizzazione della visione, il panopticon elettronico, elemento centrale della contemporaneità, regno della delazione ottica, che rende insostenibilmente “trasparente” l’anima dell’individuo post-moderno (Fattori, 2010, pp. 105-119).
Si riflette, inoltre, sulla contraddittorietà, a volte solo apparente, dei processi che hanno investito la cultura moderna e contemporanea, quali il razionalizzante disincanto del mondo e il magico contagio tra il rigore scientifico-tecnologico e l’intuizione trascendente, contaminazione resa spettacolare da alcuni accadimenti, come l’allunaggio,che, nonostante abbia rappresentato un “avvenimento effimero, destinato agli archivi dell’immaginazione scientifica e dell’arroganza tecnologica” (ivi, p. 67), in quel lontano 20 luglio del 1969, realizzò compiutamente l’immaginazione fantascientifica,dipanandone i motivi ispiratori, il desiderio di superare un limite ritenuto invalicabile e l’anelito a raggiungere l’ultima meta possibile.
 
Quello sbarco costituì la violazione di un intangibile e misterioso simbolo dell’inconscio collettivo, archetipico, ancestrale, eterno patrimonio dell’umanità (ivi, p. 60), fatto di immagini arcaiche, primordiali, risultato di esperienze ricorrenti nella vita, come la nascita, la fuga dal pericolo o la morte. “E la Luna, reincantata, tornerà ad essere un luogo contemporaneamente […] dell’immaginario e del mito, […] un oggetto dalla natura ibrida, immateriale e pietrosa nello stesso tempo, evanescente ed eterna, presente e irraggiungibile, il primo simbolo della seduzione, specchio e abisso della nostra condizione, altera, arcana, silente. Anch’essa, come noi, della stessa sostanza dei sogni.” (ivi, p. 67): l’eroico evento, che riuscì a far vibrare una delle corde emozionali più sensibili dell’umanità, pur essendo stato fondativo del villaggio globale (ivi, p. 92), è attualmente circondato da un alone di dubbio, riguardante la sua stessa realtà, il suo possibile essere esistito unicamente nella messa in scena mediatica, un dubbio che progressivamente ha acquisito una valenza metafisica, colta dall’autore di queste preziose cronache dell’immaginario collettivo. La tematica del complotto cosmico, dell’“inganno radicale prodotto da una qualche impersonale interfaccia deformante collocata fra la coscienza e il reale” (Id., 2001, p. 139) emerge dall’analisi di alcuni prodotti estetici, quali, ad esempio, il romanzo di Philip K. Dick, del 1959, Time Out of Joint, e il film, diretto da Peter Weir, del 1998, The Truman Show. Le trame e gli scenari, solo ingannevolmente domestici e familiari, di queste due splendide opere esprimono efficacemente una categoria estetica, lo straniante stato dell’Unheimlich, il disorientante ritrovarsi senza casa, in un luogo alieno, irriconoscibile, il perturbante spaesamento, uno stato del sentire molto diffuso nell’attuale media landscape, segnato dall’accelerazione del vorticoso mutamento tecnologico e dall’iperreale indistinzione tra vero e falso (Baudrillard, p. 55). 
 
La commistione tra autentico e inautentico, tipica dell’universo abitato dalle luminescenti icone che animano l’esperienza virtualizzata del brillante mondo digitale, è oggetto, in Cronache del tempo veloce, di una lunga riflessione. Fattori studia le dinamiche dell’ibridazione tra reale e irreale solcando orizzonti espressivi quali la letteratura fantastica o fantascientifica e le immagini cinematografiche, mai contrapposte alla vita vivente e contrastanti con la realtà, ma costitutive dell’immaginario collettivo e linguaggio incantato “dedicato al racconto di storie, […] narrativo di per sé, perché costruisce discorsi che ci permettono di gettare uno sguardo sul punto di vista e sulla sensibilità con cui un certo periodo storico ha interpretato il reale” (Fattori, 2010, p. 11).
 
Feconda si rivela l’incursione, compiuta dall’autore, nei simboli della contestazione giovanile sessantottina, quali la figura dell’eroe la cui esistenza si dissolve prematuramente, predelineata, già negli anni Cinquanta, da un mito hollywoodiano come James Dean, icona del disagio della generazione stanca del secondo dopoguerra americano, immagine che diviene comune, forse perfino tipica nella musica rock: Janis Joplin, Brian Jones, Jimi Hendrix e una teoria di altre “divinità popolari” vengono falciate da uno stile di vita che sembra ispirato al “romanticismo” della sconfitta (Hobsbawm, pp. 381-382), alla fuga senza fine e programmato per viaggi altri. Potente appare, nelle dense pagine di Fattori, l’evocazione dell’immaginario del tempo, nel ricordo, ad esempio, delle sequenze di Easy Rider, del 1969, film diretto da Dennis Hopper, western moderno che alle sconfinate praterie sovrappone le interminabili strade americane, e dei suoi protagonisti, beatniks lanciati, a bordo dei loro chopper, contro l’imboscata finale, cercatori di senso che consumano nelle sostanze stupefacenti oppure bruciano nelle bevande alcoliche l’ansia di una fine anticipata.
 
Questo illuminante testo, dotato di profonda lucidità ermeneutica, intriso di suggestioni, attraenti e inquietanti, e scritto in una prosa intrigante, accattivante, seducente, si mostra oggetto di studio e al contempo di piacere. Fa luce sullo spirito dell’era contemporanea e di quella appena trascorsa, fornendone una chiave di lettura, contribuendo ad orientare chiunque si senta nomade, in modi diversi, indipendentemente dall’appartenenza generazionale e dall’universo simbolico della narrativa con cui ama giocare, e aiutando chiunque viva, a titolo differente, nell’incessante turbinio dell’Unheimlich a recuperare l’irriducibilità del proprio essere situato nel mondo. 
 
Per il lettore il divertimento è assicurato, sia in senso etimologico, come potenzialità del divergere, dell’essere proiettato su zone altre dell’esperienza e su spazio-temporalità inusitate, sia nell’accezione più comune del termine, come possibilità di fruire, nella ricchezza dell’analisi e nella complessità delle interpretazioni, di un abbondante surplus di godimento.
 
Augé M.
Non-lieux, 1992, trad. it. Nonluoghi, Milano, Elèuthera, 1993.
 
Baudrillard J.
Simulacri e fantascienza, in Russo L. (a cura di), cit.
 
Fattori A.
Memorie dal futuro. Spazio, tempo, identità nella science fiction, Napoli, Ipermedium, 2001.
Cronache del tempo veloce. Immaginario e Novecento, Napoli, Liguori, 2010.
 
Hobsbawm E. J.
Age of Extremes – The Short Twentieth Century 1914-1991, 1994, trad. it. Il secolo breve, Milano, Rizzoli, 1995.
 
Russo L. (a cura di)
La fantascienza e la critica, Milano, Feltrinelli, 1980.

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