Squinzi: facciamo sacrifici tutti insieme appassionatamente. Ma tutti chi?

La ricetta di Squinzi-Confindustria propone sacrifici per i lavoratori e nessun impegno per gli imprenditori, neanche quello di utilizzare per le loro imprese i 105 miliardi rientrati con lo scudo fiscale, quasi esentasse.
Squinzi, Presidente della Confindustria, ha parlato agli industriali e al popolo lavoratore dicendo che è il momento di lavorare tutti insieme e fare sacrifici per far uscire il paese dalla crisi, per generare crescita e più numerosi posti di lavoro.
1 - aumento delle ore lavorative,
2 - riduzione dei permessi dal lavoro,
3 - trasformazione dei contratti dei lavoratori anziani in lavoro part-time,
4 - compenso ai lavoratori anche con partecipazione agli utili,
5 - ammissione del controllo a distanza sui lavoratori mediante mezzi audiovisivi.
Mi sembra che la proposta vada valutata con cura.
Va inoltre considerato che, nel primo caso, accentueremmo l’uso del lavoro ereditario. E relativi danni.
Personalmente temo che questo “regalo” non sarebbe a titolo gratuito.
Posso capire e non condividere il controllo visivo per sapere se e con quale ritmo il dipendente lavora, ma quello audio non ha ragione seria alcuna.
A che serve? A sentire il mugugno dei lavoratori? A scoprire chi propone scioperi o rivendicazioni? A capire le idee politiche e sindacali degli spiati per poi escluderli dal personale (Marchionne docet)?
Nessun sindacato, che io sappia, ha alzato la voce o, almeno, mormorato contro tutto questo. Lavorare tutti insieme appassionatamente? Fare tutti dei sacrifici? Sì d’accordo. E’ cosa buona e giusta (forse), ma ha parlato solo dei sacrifici dei lavoratori, sacrifici economici, di libertà, di dignità, ma nulla ha detto di quelli degli imprenditori.
Nulla ha detto dei loro investimenti, almeno una cosa come la fanfaluca di Fabbrica Italia di Marchionne.
Non ha nemmeno dato una risposta al suo collega, dirigente confindustriale, che ha chiesto agli imprenditori di investire almeno i 105,5 miliardi di euro (al netto di imposte) rientrati con lo scudo fiscale. Dei quali, noto, gran parte sono nostri, sono le imposte che avrebbero dovuto pagare e non hanno pagato.
In fondo l’unica cosa che oggi tira in Italia è l’esportazione. Nonostante la affermata non competitività della nostra economia.
E dopo, solo dopo potrà cominciare a chiedere sacrifici. Forse.
Squinzi poi dice quello che dice la destra, il centro la sinistra e il governo tecnico: occorre azzerare il deficit, ridurre il debito, gli interessi, aumentare l’occupazione, ridurre le imposte, ma in tutte queste dichiarazioni, non c’è come ridurre le imposte, pagare il debito e fare investimenti pubblici.
E manca un punto, manca una sia pur vaga idea di redistribuzione della ricchezza. E manca perché nessuno la chiede.
E’ noto che i 10 italiani più ricchi hanno un patrimonio complessivo di circa 50 miliardi, pari a quello dei tre milioni di italiani più poveri. Il che vuol dire che quei tre milioni hanno un “patrimonio” di circa 16.700 € ciascuno, ma di questi nessuno si ribella o almeno protesta.
Perché? Perché non lo sanno. No, non perché non sanno quanto hanno loro o che esistono persone che hanno un patrimonio pari a 300.000 volte il loro (299.401 per la precisione). Forse non sanno neanche quello, ma soprattutto ignorano di essere poveri. E, se qualcuno lo dicesse loro, non ci crederebbero.
Perché, per quello che sanno, loro se la passano bene, fanno parte della classe media. Anche perché sono, normalmente, raggruppati in famiglie di tre persone e la famiglia vive abbastanza bene, ha circa 50.000 € di patrimonio.
Loro vivono in una casa regolare (in affitto), hanno mobili, elettrodomestici, una automobile di qualche anno, qualche migliaio di euro in banca e forse qualche Bot.
Quella famiglia ha un posto di lavoro da 1.300 e al mese e uno da 800, magari fa qualche lavoretto in nero, va al cinema, ogni tanto a mangiare una pizza e l’estate in ferie nella casa del nonno al paese. O arriva in Croazia per qualche giorno.
Perché dovrebbe pensare di essere povera?
Ed è a loro che Squinzi chiede di fare sacrifici. E loro forse li faranno. Perché non sanno di essere poveri, per questo non fanno la rivoluzione proletaria di chi «non ha nulla da perdere» preconizzata da Marx.
Mentre Squinzi e gli altri, Squinzi e quei dieci italiani più ricchi, Squinzi e gli altri del loro mondo lo sanno benissimo che c’è ancora tanta ricchezza in giro fuori dalle loro mani. Sanno che ci sono 2,5 milioni di famiglie italiane con un patrimonio complessivo di 4.000 miliardi, altri 11 milioni di famiglie che con 3.800 miliardi e, infine, gli ultimi 11 milioni, i più poveri, che possiedono 830 miliardi: lo sanno benissimo.
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