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Sbarchi a Lampedusa: l’eroe francese nel mezzo di una tragedia infinita

Oggi ricorre il primo anniversario della strage costata la vita a 366 migranti, nelle acque del Mediterraneo di fronte a Lampedusa. Un barcone di soli 20 metri, partito dalla Libia con più di 500 persone a bordo, si inabissò dopo un giorno di navigazione a mezzo miglio di mare dalle coste dell'isola, dopo che a bordo si era sviluppato un incendio, trascinando con sé centinaia di vite. I 155 superstiti, che oggi piangono, insieme ai parenti, la sorte dei loro compagni, furono tratti in salvo da imbarcazioni civili e dai pescherecci, i primi a giungere sull'area del naufragio.

Oggi per Lampedusa è un giorno di lutto e di protesta contro le istituzioni, e non basta la presenza di Martin Shultz, di Federica Mogherini e del Presidente della Camera Boldrini per fermare le proteste degli isolani, contro l'Europa e contro il governo. Lampedusa si sente sola, troppe volte è stata dimenticata e troppe volte i suoi abitanti hanno chiesto un impegno maggiore per cambiare le sorti dell'isola, senza ottenere risposte.

Secondo l'Organizzazione Mondiale delle Migrazioni, tre quarti dei 4077 migranti morti nel mondo, dal 2000 oggi, sono stati inghiottiti dal Mediterraneo. Nonostante Frontex e nonostante l'operazione Mare Nostrum, che oggi, paradossalmente, rischia di non avere un futuro. I superstiti, quelli che sono stati soccorsi, devono spesso la vita ai pescatori e alle imbarcazioni commerciali, che incrociano le rotte della disperazione e portano i primi soccorsi agli scafi stracolmi che imbarcano acqua.

In Francia, il Capitano Philippe Martines è diventato un eroe, senza nemmeno volerlo. Quest'estate, al comando del suo rimorchiatore d'altura, per due volte ha abbandonato la propria missione per prestare soccorso ad imbarcazioni in difficoltà, cariche di profughi in fuga verso l'Europa del sud. Martines ha salvato la vita a 1840 persone. Il primo intervento è stato agli inizi di agosto, a largo della Libia, come lui stesso ha raccontato ieri ai microfoni di Europe1.


Migrants en Méditerranée : un capitaine témoigne di Europe1fr

Ho visto 120 persone su una barca di 10-12 metri a fondo morbido, una specie di gommone. Non avevano più acqua né viveri e solo 20 litri di carburante, dunque non sarebbero mai arrivati a Lampedusa che si trova a 200-300 miglia da li”.

I naufraghi, provenienti da Eitrea, Ghana, Siria, Libia e Palestina erano in pessime condizioni: “75% uomini e 25% donne (…) esausti, disidratati, sotto il sole”. Prima di accettare il soccorso, nonostante tutto, hanno mostrato un momento di esitazione: “Ci hanno chiesto dove li avremmo portati. Se gli avessimo detto che il nostro porto d'attracco sarebbe stata la Libia o la Tunisia, avrebbero preferito buttarsi in mare”. Il rimorchiatore ha invece fatto rotta su Lampedusa, permettendo ai naufraghi di raggiungere la loro destinazione. Salvi.

Persone come il Capitano Martines continuano a salvare la vita a centinaia di migranti in fuga, sulle acque del Mediterraneo, ma non tutte le navi sono disposte ad interrompere la propria navigazione, mettendo a rischio gli affari, per impegnarsi in operazioni di soccorso. Molte volte i i superstiti hanno raccontato di imbarcazioni che hanno cambiato rotta, dopo aver avvistato un barcone.

E allora deve essere necessariamente l'Europa ad approntare una missione più ampia, adeguatamente finanziata, che non si limiti a pattugliare i confini delle acque internazionali, ma che affianchi le marine di Italia e Malta nelle operazioni di soccorso in alto mare. A meno che il Vecchio Continente, in nome della sicurezza, non voglia continuare ad essere complice di un massacro.

Foto: Noborder Network, Flickr.

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