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Rinviato a giudizio Nicola Cosentino. Sarebbe vicino al clan dei casalesi

La Procura di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio di Nicola Cosentino, sul quale ancora pende una ordinanza di custodia cautelare in carcere confermata per due volte dalla Cassazione – nonostante l’interferenza della P3 – ma bocciata dal Parlamento. La situazione – potevamo immaginarlo – è amaramente paradossale. Silvio Berlusconi, in qualità di presidente del Consiglio dei ministri, ha la facoltà di costituirsi parte civile in un processo che vede il coordinatore regionale del suo partito in Campania accusato di concorso esterno in associazione edcamorristica. Il 22 settembre scorso, la Camera (con i voti dei berlusconiani e della Lega, a cui si aggiunsero una quindicina di franchi tiratori) ha negato all’accusa l’uso di 46 intercettazioni che, come ha scritto il gip Raffaele Piccirillo, «attestano frequentazioni e contatti tra l’onorevole Cosentino e soggetti dei quali è stato accertato il contributo rilevante e consapevole prestato al clan dei casalesi e a sodalizi a questo collegato». «Soggetti intranei o contigui all’organizzazione dei Casalesi», hanno ribadito i pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci, che ora chiedono al gup del Tribunale di Napoli di rinviare a giudizio colui che, di fatto, è il numero uno del Pdl in Campania.

Una prima serie di dichiarazioni e di intercettazioni riguarda Giuseppe Valente, uno dei principali registi dello smaltimento illegale di rifiuti nel Casertano. Insieme ai fratelli Michele e Sergio Orsi, Valente gestiva alcune società – come Eco4 e Ce4 – per conto dei casalesi. Erano tutti sodali di Cosentino, il quale, secondo la Procura, «creava e cogestiva il monopolio in attività controllate dalle famiglie mafiose, quali l'Eco4 spa, nella quale il Cosentino esercitava - in posizione sovraordinata a Giuseppe Valente, Michele Orsi e Sergio Orsi - il reale potere direttivo».

Le decisioni, in pratica, le prendeva lui. Fu lui a chiedere «l'allargamento più consistente della discarica di Santa Maria La Fossa» a Giuseppe Valente. «Nicola è il padrone nostro», ammette Sergio Orsi durante una conversazione telefonica. Suo fratello Michele – assassinato dal clan Bidognetti il 1° giugno 2008, poco tempo dopo che aveva iniziato a collaborare con i magistrati – confessò che «circa il 70 per cento delle assunzioni che vennero poi operate per la Eco4 erano inutili ed erano motivate per lo più da ragioni politico-elettorali, richieste da Valente, Cosentino e Landolfi». In una telefonata con Sergio Orsi, ad esempio, si parla di una «assunzione sponsorizzata da Cosentino su richiesta di un consigliere comunale di Villa Literno», paese limitrofo a Casal di Principe.

Il vice coordinatore del Pdl in campania, Mario Landolfi, sarebbe un altro importante punto di riferimento del clan dei casalesi. Secondo la tesi di Valente, che sarà confermata da Gaetano Vassallo, il consorzio Impregeco – una società mista creata ad hoc per accaparrarsi fondi pubblici – «faceva capo a due referenti politici: Landolfi, espressione di An, e Cosentino, espressione di Fi». Nel 2002, Nicola Cosentino si adoperò in prima persona affinché il comune di Mondragone – città natale e “feudo” di Landolfi – non venisse sciolto per infiltrazioni della camorra. Anche in questo caso, l’intervento di Cosentino è documentato da una serie di intercettazioni. «Per quanto riguarda la questione qui di Mondragone con Mario Landolfi ti sei sentito?», chiede Valente. «Domani a mezzogiorno», risponde Cosentino. «Tutto sotto controllo, non ti preoccupare».

Un altro perno dell’inchiesta che ha portato al rinvio a giudizio di Cosentino è l’infinito «scambio voti contro favori» che si perpetua da anni e che era già emerso per la prima volta nel ’96 dalle testimonianze del pentito Dario De Simone («L’onorevole aveva avuto espressamente il nostro aiuto per le sue elezioni, era a disposizione per qualunque cosa noi gli avessimo potuto domandare»), uno dei sicari di Francesco Bidognetti, che ammise anche di aver incontrato più volte Cosentino «durante la latitanza». Dopo De Simone, fu la volta di Domenico Frascogna, secondo il quale, in almeno due occasioni («tra la fine del ’95 e l’inizio del 1996»), «o ‘Mericano» - questo è il soprannome di Cosentino - avrebbe consegnato i pizzini per conto di Francesco “Sandokan” Schiavone. Poi, nel 2000, Carmine Schiavone, cugino di Sandokan, lo indicò come il politico di riferimento della famiglia fin dai tempi della “ascesa” al consiglio comunale di Casal di Principe. Ancora, il 4 febbraio 2008, Michele Froncillo rivela ai magistrati i rapporti tra Cosentino e Raffaele Letizia, uno degli uomini di fiducia di Schiavone, «finalizzati a vincere le gare di importanti opere pubbliche». Fu poi il collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo, il 28 agosto 2008, a ricostruire il sistema di potere che legava il clan dei Casalesi a Cosentino: «Ricordo che fui contattato da Bernardo Cirillo, il quale mi disse che Cosentino era uno dei “nostri” candidati, ossia un candidato del clan Bidognetti». Vassallo, tra l’altro, testimonia anche di aver presenziato «personalmente alla consegna di 50 mila euro in contanti da parte di Sergio Orsi a Cosentino» . Ultimo, Luigi Guida - un boss originario del rione Sanità (Napoli) che ha fino al 2009 ha operato nel Casertano per conto di Sandokan -, il quale ha confermato la versione di Vassallo.

«Un po’ tutta l’organizzazione si è occupata delle sue elezioni», confessò De Simone. «Cosentino mi riferì che la vittoria della coalizione di Forza Italia avrebbe sicuramente comportato un alleggerimento della pressione nei nostri confronti e in particolare si riferiva alle disposizioni di legge sui collaboratori della giustizia […]. Arrivammo alla conclusione che l’affermazione di Forza Italia avrebbe potuto mutare la situazione, nel senso che i giudici di sinistra sarebbero stati ridimensionati e non avrebbero più avuto quel potere». Era il 13 settembre 1996. A dargli una mano, cinque anni più tardi, ci pensarono anche Fassino e Napolitano, i due promotori della legge sui collaboratori di giustizia. Una mano alla camorra, non ai pentiti.

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.102) 27 dicembre 2010 12:05

    Detto in sintesi ,siamo un paese borderline con un istituzioni malavitose .Se alle prossime elezioni di primavera, ammesso e non concesso che ci siano, verrà confermata l’attuale maggioranza significa che gli italiani non vogliono istituzioni pulite o quantomeno non compromesse con la malavita come queste.

    E’ una libera scelta da rispettare . Per gli onesti , per quelli che hanno ancora una coscienza è tempo di cambiare , o il loro comportamento o il paese .Meglio , per chi può ,andarsene , chiudere baracca e burattini ,vendere tutto e smammare . 
    Ieri ho assistito al dialogo televisivo tra il plurinquisito Silvio Berlusconi e l’inquisito per pedofilia,oltre che con tanto di condanna esecutiva a 4 anni di carcere , già scontata , per ammenicoli vari , don Pierino Gelmini , zio o chissachè altro del nostro ministro Mariastella Gelmini . 
    Questo è il ritratto del paese oggi , come vogliamo chiamarlo , quadretto di famiglia, biglietto da visita ,credenziali , dimmelo te . 

    paolo

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