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Tanzi, Alemanno e quella mazzetta da 85 mila euro

Da De Mita ad Alemanno, da Prodi a Berlusconi, Il denaro di Tanzi non puzzava per nessuno. Ecco perché, a distanza di 7 anni dal fallimento, non è stata istituita una commissione di inchiesta sul più grande crac della storia italiana.

A leggerle così – a distanza di qualche ora – le due agenzie sembrano appartenere a due mondi separati. Da un lato la condanna di Calisto Tanzi (18 anni di reclusione) e degli altri dirigenti di Parmalat in primo grado, dall’altro le indagini della Procura di Roma e della Corte dei conti sulla giunta Alemanno per le assunzioni pilotate all’Atac e all’Ama.

Cosa c’entra Alemanno con Tanzi? Negli anni passati, un nesso fra questi due uomini c’è stato, e non è stato un caso isolato. Tanzi creò una rete bipartisan di finanziamenti illeciti che si spartì una torta di oltre 12 milioni di euro.

I complici
Quando, il 26 maggio 2005, Calisto Tanzi fu rinviato a giudizio insieme a 28 persone, a Bank of America e a due società di revisione, il procuratore di Milano scrisse che l’ex patron della Parmalat, «nel momento della caduta e del crollo del suo impero industriale, da sempre fondato anche sul favore politico», volle «lanciare un messaggio ai suoi protettori, peraltro mascherando la loro identità all’interno di un elenco nutrito di nomi, comprensivo anche di coloro che avevano ricevuto modesti finanziamenti».
L’ex patron della Parmalat ammise dinanzi alla Procura di Milano di aver «pagato Romano Prodi» e di aver finanziato «anche Berlusconi, Fini, Casini, Alemanno, La Loggia, Castagnetti e altri venti personaggi della politica e del giornalismo». Nella maggioranza dei casi, le loro posizioni vennero archiviate, ma nessuno denunciò Calisto Tanzi per calunnia. Ma l’immensa lista dei favori fatti ai parlamentari e ai «presidenti, segretari e direttori politici e amministrativi dei partiti» non comprende solo finanziamenti illeciti.

Alemanno a Zanzibar
La Parmalat era sempre pronta ad inglobare il lerciume del mercato finanziario italiano (dalle sorgenti di Ciarrapico alle società indicate dall’amico Geronzi) per fare favori all’imprenditoria italiana, e la sua controllata, Parmatour, offriva «viaggi-omaggio a uomini politici, funzionari di banche e di società finanziarie». E quale nome spunta fuori? L’allora ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno. Il sindaco di Roma – recentemente finito nell'occhio del ciclone per le inchieste sulle assunzioni pilotate all’Atac e all’Ama – non solo, come risulta da una nota della Guardia di finanza del 2004, «ha usufruito di un viaggio per un importo di euro 14mila e 253» insieme a tutta la famiglia a Zanzibar senza pagare, ma ha anche ricevuto una mazzetta di 85 mila euro in cambio del beneplacito alla commercializzazione di latte microfiltrato come latte fresco.
Ricordate il latte «Frescoblu»? Nel 2002 Parmalat spacciava per «fresco» un prodotto confezionato anche due settimane prima della messa in commercio. La società fu costretta a pagare una multa, e da quel momento Tanzi decise di finanziare con varie modalità, tra gli altri, i due ministri del governo Berlusconi Gianni Alemanno e Enrico La Loggia.
In quello stesso anno, Alemanno sottoscrive un decreto con cui stabilisce che il latte microfiltrato può essere definito «fresco». La legge “ad aziendam” sarà ritirata solo nel 2004, dopo il crac Parmalat. Dopo che il settimanale L’espresso rivela lo scandalo dei voli gratis e dopo una lunga ssuccessione di dichiarazioni e di smentite, l’ex ministro salda il conto con la Parmatour e la sua posizione viene archiviata.

Come è finita
Certamente quello di Alemanno non è il caso più grave. I finanziamenti illeciti e le folli acquisizioni di società partono dagli anni ’80, con la scalata ad Odeon Tv per conto di Ciriaco De Mita, il quale traghettò la Parmalat in Borsa e gli permise di liberarsi dei debiti grazie alla vendita di azioni sul mercato; fino al 2003, quando Tanzi, stando alla testimonianza che rese ai pm di Milano, si rivolse a Berlusconi per prolungare l’“agonia” del gruppo di Collecchio. Tanzi fa nomi e cognomi, ma spesso ritratta. In ogni caso, le sue accuse sono generiche e non permettono di colpire i complici del più grande crac che l'Italia ricordi. Per Tanzi, invece, sono arrivate le condanne. Nel 2008 per aggiotaggio (sentenza confermata quest’anno in appello) e ieri in primo grado per bancarotta. Probabilmente non finirà in cella. Meno male. Prima, almeno, c’era Cossiga che andava a trovarlo in carcere. Oggi, povero Tanzi, soffrirebbe di solitudine.

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