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 Home page > Tribuna Libera > Qualunque petto amor d’Italia accende. L’Italia in poesia

Qualunque petto amor d’Italia accende. L’Italia in poesia

Essendo ora in uno dei punti bassi, molto bassi, c'è da attendere una risalita. Ma scendere e salire di colpo non è mai privo di patimenti e di fastidi e così l'Italia è un paese sempre in crisi, sempre in emergenza. Non consola, ma forse spiega certe caratteristiche del popolo italiano: servo e fiero, ottuso e geniale, conformista e rivoluzionario.

Non lo dico io, per dar forza al mio pensiero ho preso le citazioni del nome Italia in alcuni poeti, i più grandi, della nostra letteratura. Appositamente ho scelto poeti precedenti l'unità d'Italia, ma che, sono certa, avrebbero partecipato alle celebrazioni del 17 marzo, in barba a coloro che via via ora si dissociano e a cui applico la massima dantesca: “non ti curar di loro ma guarda e passa”..

Dante Alighieri, poeta e uomo politico, morto in esilio, il più grande, il più visionario, il più profetico. L'Italia è un bordello:

 

Ahi serva Italia, di dolore ostello,

nave sanza nocchiere in gran tempesta,

non donna di provincie, ma bordello!

 

Ma anche il “bel paese là dove 'l sí sona”.

 

Francesco Petrarca, poeta e uomo politico, ha influenzato la poesia lirica europea e mondiale, canta l'Italia nei suoi tremendi difetti:

Italia, che suoi guai non par che senta:

vecchia, otïosa et lenta,

dormirà sempre, et non fia chi la svegli?

 

Ma con l'affetto che un figlio ha per il suo bel paese:

 

Italia mia, benché 'l parlar sia indarno

a le piaghe mortali

che nel bel corpo tuo sí spesse veggio

 

Ludovico Ariosto, poeta cavalleresco e funzionario statale, influenzò la poesia cavalleresca occidentale. Non è tenero con l'Italia però:

O d'ogni vizio fetida sentina,

dormi, Italia imbriaca, e non ti pesa

ch'ora di questa gente, ora di quella

che già serva ti fu, sei fatta ancella?

 

Giacomo Leopardi, poeta e filosofo, dice qualcosa di molto attuale: l'Italia ha un passato ricchissimo, ma il presente com'è? Per fortuna allora ci fu il Risorgimento. E oggi?

E le colonne e i simulacri e l'erme

Torri degli avi nostri,

Ma la gloria non vedo

 

Alessandro Manzoni, poeta, il più grande romanziere italiano e senatore del Parlamento dell'Italia unita (quello sì che era un senato!), per nulla tenero con il popolo italiano, che però allora da volgo disperso seppe diventare una nazione.

Dividono i servi, dividon gli armenti;

Si posano insieme sui campi cruenti

D'un volgo disperso che nome non ha.

 

E se anche oggi questo popolo sembra ancora quel volgo disperso, io non posso fare a meno di sentire mia la frase del titolo che è un verso di Leopardi: Qualunque petto amor d'Italia accende.

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.118) 18 febbraio 2011 16:40

    cara Maria Rosa 


    I poeti sono gente sanguigna ,vivono di sentimenti forti ,di pulsioni estreme che trovano sbocco nelle loro opere . Ricordava Benigni come l’inno nazionale fosse il frutto di due giovani ,il poeta e scrittore Goffredo Mameli , morto ventiduenne durante la difesa della repubblica romana assalita dai francesi , e del musicista e patriota , ligure come Mameli , Michele Novaro , morto in povertà e sepolto nel cimitero di Staglieno a Genova ,vicino alla tomba di Mazzini .
    Era un’Italia giovane ,piena di ideali , di forza e di purezza . Guarda quella di oggi e dimmi cosa ci ritrovi .Allora siamo stati un simbolo d’orgoglio per tutto il mondo ,oggi siamo la barzelletta del bunga bunga .
    Festeggiamo pure ma credimi che non è facile .
    Molti , se potessero , si rivolgerebbero nella tomba .

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