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Processo breve

Al Senato è passata la legge sul processo breve, ovvero la restrizione dei tempi per arrivare alla sentenza, con una maggioranza schiacciante, un solo "dissenso" nella maggioranza.

E’ quello di Enrico Musso, docente universitario di economia applicata, che prende la parola per dichiarare il dissenso dal suo gruppo. "Stiamo commettendo un errore grave, quello di non ammettere pubblicamente che c’erano due obiettivi, quello della ragionevole durata dei processi e quello che è diventato una sorta di agenda nascosta, la tutela del presidente del Consiglio".

Processo breve

Musso evidenzia, senza mezzi termini, che la legge è fatta, in primis, per la "tutela del presidente del consiglio", cosa sempre negata dalla maggioranza lasciando in secondo piano la reale necessità di accorciare i tempi dei processi.

La durata dei processi, oggi come oggi, è determinata sia dalla necessità del PM di aquisire più informazioni possibili da parte dell’accusa e da parte della difesa, sia per mancanza di organico frequentemente denunciato dai magistrati stessi; inoltre, il collegio di difesa a la possibilità di appellarsi ad ogni sorta di cavillo che permette loro di posticipare la sentenza il più a lungo possibile.

Rendere più veloce la giustuzia, dunque, significa regolamentare i procedimenti che stanno alla base dei comportamenti di cui sopra, tenendo però presente che, per poter raggiungere una sentenza "giusta", la fretta è l’unica da evitare.

Pertanto, l’estinzione del reato, prevista con la nuova legge, qualora non si rispettano i tempi previsti, è completamente fuori luogo perché non solo non rende giustizia, ma rimette in libertà chi a commesso il reato come se fosse stato assolto.

Fin qui è cronaca. Ciò di cui si parla poco, invece - si è giustamente messo l’accento sull’annullamento dei processi che coinvolgono il premier e altri politici coinvolti in processi tuttora in corso ma non sulle migliaia di processi per reati minori tipo il borseggio o piccoli furti o possesso di qualche grammo di droga ecc.- è l’effetto della legge in futuro.

Già oggi, per certi reati, esiste il rito abbreviato (nel diritto italiano, il giudizio abbreviato è un rito speciale caratterizzato dal fatto che con esso si evita il dibattimento e la decisione viene presa nell’udienza preliminare), dove l’imputato può chiedere, di fatto il patteggiamento.

Perciò, la domanda da porsi è: a chi serve effettivamente una legge simile?
La risposta non può che essere: a tutti coloro - pochi - che hanno la possibiltà di avvalersi di una difesa capace di prolungarsi all’infinito, cioè, più soldi si hanno a disposizione oppure per interessi politici, più alta è la possibilità di arrivare all’estinzione del reato, di fatto all’assoluzione.

Per tutti gli altri, la stragrande maggioranza, non cambierà nulla.
Tutti gli autori di piccoli reati o comunque non legati a interessi politici, continueranno a finire in galera.

Pertanto, l’effetto futuro sarà una giustizia che metta al riparo non solo il premier e il suo enturage, ma anche coloro che, usufruendo dei vantaggi derivanti dalla ricchezza materiale o da interessi politici, avranno la possibilità di avvalersi dei vantaggi della legge.

Ma questo è solo l’inizio.
Una legge simile richiama alla mente un passato regolato da una legislatura basata sul diritto del più forte, con la totale eslusione del più debole o ritenuto tale e di quanti si oppongono al potere in essere (opposizione), cioè la monarchia.
In una situazione simile, fare leggi a protezione del potere ( riforme atte ad accentrare nelle mani di uno il potere ) diventa possibile nella misura in cui il potere stesso è immune da ogni possibile accusa di qualsivoglia reato.

Staremo a vedere.

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