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Petrolio italiano

Dopo innumerevoli incidenti petroliferi, l’Italia sembra essere diventata la star dei petrolieri per quanto riguarda la trivellazione off-shore del mare che, a quanto sembra, può essere trivellato a 12 miglia (un miglio corrisponde a 1852 metri) dalla costa. Questo significa che, in futuro, potremmo vedere piattaforme lungo le nostre coste dedite alla trivellazione selvaggia per accaparrarsi quel po’ (sembra che in Italia di petrolio ce ne sia ben poco) di petrolio che si trova nel nostro mare.

Da Terra: “Da maggio 2011, nonostante il disastro causato dalla Bp nel Golfo del Messico, sono stati rilasciati ben venticinque permessi di ricerca per estrarre idrocarburi: dodici nel canale di Sicilia, sette nell’Adriatico settentrionale, tre nel mare tra Marche e Abruzzo, due in Puglia e uno in Sardegna. Se a questi si sommano anche le richieste per attività di ricerca petrolifera, il risultato finale è che circa 30.000 chilometri di costa (una superficie superiore a quella occupata dalla regione siciliana) potrebbero essere coinvolti in questo tipo di operazioni, rischiose sia per il turismo che per la pesca in caso di incidente, e non in linea con le nuove strategie di produzione energetica che dovrebbero sostituire quanto prima le fonti fossili con quelle rinnovabili”.

Ma come è possibile che dopo disastri consistenti che hanno distrutto centinaia di km di coste, l’Italia, che, comunque, ha ben poco petrolio sul suo territorio, dia in concessione il mare per operazioni ad alto rischio ambientale. Mettere a rischio una risorsa come il mare, e relative coste, che dà lavoro a molta gente sia con la pesca che con il turismo non è certo una politica economica di crescita. Inoltre, sembra che il prezzo che le compagnie pagano per la concessione sia tra il più basso del mondo.

Nessun guadagno, dunque, che possa giustificare operazioni cosi rischiose. Nessun riscontro in termini di petrolio perché non ci libererà dalla dipendenza.

Contro la trivellazione del mare si sono mossi i cittadini, tra cui anche firme famose come Luca Zingaretti, che si aspettavano anche l’appoggio del ministro all’ambiente Stefania Prestigiacomo. Sembra però, che il ministro non voglia porsi in prima persona che anzi, sembra abbia interessi di famiglia nell’affare trivelle.

 

Interessi, dunque, non si capirebbe altrimenti la ricerca di petrolio là dove già si sa che, qualora ci fosse, non basterebbe comunque a soddisfare neanche la minima parte del nostro fabbisogno. Interessi che - visti gli investimenti programmati, bisogna presupporre ci saranno degli utili - faranno guadagnare un bel po’ di soldoni alle compagnie e niente agli italiani.

E qualora ce ne fosse in quantità sufficiente, il prezzo della benzina in Italia non diminuirebbe comunque, un po’ come quando aumenta con l’aumentare del costo del petrolio ma non diminuisce con la diminuzione.

Gli italiani si troverebbero a fare i conti poi, non solo con eventuali incidenti, anche con la deturpazione del paesaggio

Tornando agli interessi, non si capisce comunque da dove possano venire non essendoci una produzione significativa. È un po’ come se si aprisse un’azienda sapendo dall’inizio che non produrrà sufficientemente per coprire le spese. Inoltre, in caso di incidente, le spese per limitare il disastro, la pulizia del mare e il recupero delle spiagge sarebbero oltremodo eccessive per un’operazione che, apparentemente, non ha utili.

Fonte notizia: il fatto quotidiano.it miglio, unità di misura

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