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 Home page > Tribuna Libera > Precarietà. Tutti d’accordo, ma solo a parole?

Precarietà. Tutti d’accordo, ma solo a parole?

Tutti all'unanimità. Ancora ieri da destra e da "sinistra" una unica voce, un unico coro. Eliminare la precarietà. Precarietà come male della nostra società. Ma come, mi son appena svegliato da un lungo sonno comatoso? Ma se appena ieri altrettanto tutti in coro, in tutte le lingue in tutte le salse, non si gridava che esattamente il contrario! 

Dal Libro bianco di Biagi, all'ultimo editoriale dell'ultimo pennivendolo del regime, e dall'ultimo giornalista di un giornale definito di "sinista" non si faceva altro che dichiarare la scoperta del nostro toccasana per il progresso e la modernità: la "flessibilità" del mercato del lavoro, il passaggio epocale dalla "rigidità dell'uscita alla flessibilità dell'ingresso". Ma cosa è successo ora tutto di un colpo? Da Treu, a Draghi, da Sacconi a Brunetta passando per Tremonti


tutti, chi più chi meno non fanno che parlare chi in toni più apocalittici chi più problematici, ma tutti pongono al centro dei problemi del lavoro i giovani e la precarietà. Sarà che l'ultimo sondaggio di Berlusconi ha certificato che non esiste famiglia italiana che non abbia un figlio precario in casa? Che essere precario vuol dire, esclusivamente sul piano economico, non poter pianificare una vita di coppia, una famiglia, una vita e quindi consumi e quindi, in una logica tutta capitalistica, far girare la macchina della
produzione/consumo/profitto? Che anche con tutta la buona volontà non si
riesce a far scendere il tenore di vita a livello dei paesi africani o orientali (e fino a quando poi?).

Bene, mi son detto, finalmente, chi aveva torto fino a qualche anno e mese fa, ora vede riconosciuto la propria verità. Certo non mancano ancora gli ultimi giapponesi sull'isola deserta. Da Ichino a Bonanni, fino ad Angeletti e Marchionne, certo anche qui chi più chi meno, chi con toni apocalittici chi più problematici, continuano a dire che o si portano i lavoratori a condizione di prospettiva e di vita al di sotto dell'ultimo paese più sperduto della più profonda era medioevale o non riusciremo ad uscire dalla crisi, e non imboccheremo le radiosi vie del progresso e della felicità. Ma, forse, rimangono, prima voci dominanti, ora solo voci isolate. Ma... un dubbio mi assale! Fra tutte le voci contrarie al precariato, non ho sentito una, dico una che abbia anche indicato quale dovrebbe essere la strada per il reintegro e l'uscita dalla precarietà? Di condanna, si che ne ho sentite di voci, ma la soluzione, e la strada da imboccare, nessuna. Non sarà che ora, son tutti d'accordo, sì.... ma solo a parole?

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.114) 15 novembre 2010 11:53
    Damiano Mazzotti


    Si solo parole... Gli italiani amano perdersi in chiacchiere...

    Infatti lo sai che differenza c’è tra un italiano e un africano?

    L’africano ha la pelle più scura...

    Ma forse c’è un’altra differenza... L’italiano ha una grande paura di morire e quindi crea e si crea un sacco di problemi per evitare di pensare alla morte... 

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