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Palestina: la trattativa bloccata

E’ curioso come si accusi con molta determinazione Israele di non tenere minimamente (e arrogantemente) conto delle risoluzioni ONU e delle prese di posizione della Comunità Internazionale in merito al suo conflitto pluridecennale con il mondo arabo e palestinese in particolare.

 

Poi, quando lo fa, come nel caso della sospensione di mesi (sei, dieci, dodici?) dell’ampliamento degli insediamenti nei Territori o a Gerusalemme Est, allora si dice che quella sospensione era stata "imposta" dalla Comunità Internazionale.

Non che lo Stato ebraico abbia acconsentito ad una moratoria come gesto di disponibilità alla trattativa. No, questo va negato a priori. In questo caso - ma solo in questo - la Comunità Internazionale avrebbe avuto la forza di "imporsi"ad Israele mentre di solito non ce la fa proprio.

Verità o manipolazione della comunicazione? Il fatto che per un anno non si siano costruite case per i coloni e che, d’altra parte, la trattativa con i palestinesi non abbia fatto il minimo passo avanti, pare che non significhi niente. Invece significa, eccome se lo fa.

Significa che la moratoria è stata fatta (s)cadere dai palestinesi seguendo una precisa road-map al contrario: dalla possibilità di trattativa all’impossibilità determinata dal continuo ampliamento di quelle colonizzazioni che loro stessi hanno contribuito a riattivare, semplicemente rifiutando di sedersi al tavolo come interlocutori del processo di pacificazione, proprio nel momento in cui lo Stato ebraico aveva acconsentito a fare un gesto distensivo.

E’ proprio impossibile pensare, invece, al braccio di ferro interpalestinese fra ANP e Hamas (riconciliatisi dopo anni di guerra aperta grazie al nuovo corso egiziano e - forse - sotto i buoni auspici del nuovo Impero ottomano di Erdogan)? Ad un accordo fra i due contendenti di casa Palestina fondato su un delicato equilibrio fra il nuovo corso di Abu Mazen (la scelta unilaterale di chiedere all’ONU il riconoscimento del nuovo Stato) e l’intransigenza di Hamas alla trattativa con “l’entità sionista” ?

Qualsiasi strada è percorribile (cioè non porta ad una nuova guerra civile) tranne che quella della trattativa. Delicatissimi equilibri che fanno infiammare di entusiasmo le folle arabe fino alla commozione palestinese che, certo, merita tutto il rispetto. Ma entusiasmo che potrebbe essere destinato a collassare nuovamente se, alla fine, la trattativa con Israele continuerà a non trovare sbocchi. Anche se la colpa verrà poi rigettata come sempre sull’avversario al di là del muro.

Che i palestinesi non si fidino del nemico ebraico è scontato ed anche comprensibile; che il nemico ebraico non si fidi di loro è altrettanto scontato e altrettanto comprensibile. Che i giochi interni alle due formazioni più significative della galassia palestinese siano una delle cause principali del fallimento di ogni tentativo, almeno quanto i giochi interni al Parlamento israeliano, forse sarà il caso di ricordarselo. Che tutti i brutti e cattivi stiano solo da una parte, invece, sarebbe proprio l’ora di dimenticarselo.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.54) 30 settembre 2011 15:57

    Ma che significano le parole “trattative”, “negoziati”, “processo di pace” e simili davanti all’evidenza di un processo di pulizia etnica che dura da oltre un secolo? Cosa si dovrebbe trattare? Quale contenuto dovrebbero avere i negoziati? Tu mi cacci di casa, per poi contrattare l’uso della cucina e del bagno? Mi sembra una grossolana presa in giro della cosiddetta “opinione pubblica” che è poi in realtà solo l’ “opinione pubblicata” di quanti possiedono i giornali o ne hanno l’accesso.

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 30 settembre 2011 16:24
    Fabio Della Pergola

    Il commento pubblicato mi pare discutibile: "pulizia etnica che dura da oltre un secolo" è un’affermazione non dimostrabile. Non mi risultano atti di pulizia etnica compiuti da ebrei dal 1911. Ci sono state terre acquistate legittimamente fino alla metà degli anni ’40. Al contrario nel 1929 la comunità ebraica di Hebron (una comunità molto antica, non sionisti di recente immigrazione) fu aggredita con molti morti e feriti e i sopravvissuti furono costretti a fuggire. Questo è stato per quello che ne so, il primo episodio documentato di ’pulizia etnica’ che vide come vittime degli ebrei palestinesi. Negli anni venti c’era la possibilità di accordi finalizzati ad una convivenza. Si espresse a favore dell’immigrazione ebraica anche Feisal nuovo re di Siria (e Palestina) poco prima di essere spodestato dai francesi ed esisteva un partito arabo-ebraico favorevole ad uno stato multietnico. Che questa ipotesi sia stata seppellita non dipende unicamente dai sionisti ma anche dai nazionalisti arabi. Non voglio fare la storia del conflitto, ma direi che con la fine di questa prospettiva è rimasto solo il conflitto armato e, da qui, un’unica possibilità - per farlo terminare - che è quella della trattativa di pace. A meno che non si ritenga praticabile ed eticamente corretto pensare ad una espulsione di tutti gli ebrei da Israele e la distruzione dello stato ebraico. Che mi pare complicata (e sanguinosa) come proposta.

    Se questo termine non piace non so che farci; l’alternativa è la guerra continua. Mi pare che sia stata la strada scelta anche (non solo) dai paesi arabi e dai palestinesi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Io preferisco continuare a parlare di trattative, di processo di pace e simili...
    Ricordo che nel 2003 la trattativa arrivò ad un accordo informale (Ginevra) che poi fu bocciato purtroppo da una consultazione popolare. Ne ho parlato in un altro pezzo.

    In questo spazio comunque mi pare che le posizioni diverse dalla mia abbiano ampio spazio, no ?

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