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Osservatori in Siria, ma il regime fa strage a Homs

Anche ieri è continuata l’offensiva del regime siriano di Bashar al Assad a Homs. La città, dilaniata da nove mesi di repressione, ha ricevuto gli osservatori della Lega Araba.

Nel corso dell’ultimo attacco lanciato dalle forze di sicurezza sarebbero state uccise oltre 30 persone, e secondo i movimenti dell’opposizione, Damasco non permetterebbe agli ispettori internazionali di muoversi liberamente, consentendo l’accesso solo in alcune aree.

A complicare il lavoro degli osservatori la scarsa quantità di documentazione video. Le immagini che fuoriescono dalla Siria vengono diffuse esclusivamente attraverso i social network. Una tv araba ha riferito, inoltre, che il regime avrebbe ordinato anche il ritiro di alcuni carri armati poco prima dell’arrivo della delegazione panaraba.

Dopo l’incontro con il governatore di Homs, il gruppo degli ispettori si è recato in altre due zone calde della protesta: la provincia nordoccidentale di Idlib, al confine con la Turchia, e Hama.

Si sentono spari a Homs anche con gli osservatori della Lega araba presenti in città. Secondo l’opposizione, che ha diffuso un video degli attacchi, 31 persone sono state uccise dal fuoco dell’esercito governativo. Il quartiere più colpito sarebbe quello di Baba Amr, dove però gli inviati dell’organizzazione panaraba non sono riusciti ad arrivare, come spiega Burhan Ghalioun, leader del consiglio nazionale siriano da Parigi: «Ho parlato con gli osservatori della Lega araba che sono arrivati ad Homs, abbiamo chiesto loro perché non siano andati al quartiere di Baba Amr, loro ci hanno risposto: “Abbiamo chiesto mezzi per spostarci e non ce li hanno dati, non abbiamo supporto logistico per arrivarci”. Sono dunque prigionieri del sistema siriano».

Si muovono in gruppi di dieci, i 50 osservatori arrivati finora, sono chiamati a controllare che il governo non spari più sui suoi oppositori. Damasco ha impedito l’accesso nel Paese ai media indipendenti, rendendo difficile la verifica delle informazioni sulla realtà del conflitto in corso.

Ma la protesta non si placa. Almeno 70 mila siriani ieri mattina sono scesi in piazza a Homs mentre gli osservatori della Lega Araba giungevano in città. Lo riferiscono gli attivisti, precisando che i manifestanti si sono radunati a Khalidiya, una delle zone più martoriate dalla repressione del regime di Bashar al-Assad. Quasi in contemporanea, l’agenzia di stampa siriana ha reso noto che un presunto gruppo terroristico ha sabotato un gasdotto in città, mentre al confine con la Turchia le forze di sicurezza sono state impegnate in uno scontro a fuoco contro un gruppo armato che cercava di entrare in territorio siriano.

In vista dell’arrivo degli osservatori della Lega Araba, il regime ha ritirato alcuni carri armati dalla periferia di Homs. Secondo gli attivisti le autorità avrebbero inoltre fatto sparire dall’obitorio cittadino centinaia di cadaveri e trasferito i detenuti in basi militari, dove gli osservatori non hanno accesso. Il team della Lega Araba è incaricato di monitorare l’attuazione del piano di pace accettato da Damasco. La squadra di 50 osservatori è stata divisa in gruppi che visiteranno diverse zone del Paese. La notte scorsa, intanto, le forze di sicurezza hanno portato a termine un’altra massiccia offensiva contro i ribelli, uccidendo – secondo fonti dell’opposizione – oltre 30 persone nel villaggio di Al Inshaat.

In un video pubblicato su Youtube, un membro della delegazione della Lega araba si intrattiene con un gruppo di oppositori: uno di loro chiede di andare a Baba Amr dove la repressione va avanti con decine di esecuzioni, la delegazione però si rifiuta, subito dopo si sente uno sparo e il delegato arabo abbandona in fretta l’area.

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