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Obama, l’Europa e il G20...Un percorso tutto in salita

Non sarà una passeggiata la visita che il presidente degli Stati Uniti Barak Obama intraprende per il G20 del 2 aprile a Londra.
Non sarà facile per diversi motivi, primo fra tutti l’eterogeneità dei componenti di questo summit che vanno, tra gli altri, dall’Australia alla Corea del Sud, dal Brasile e Argentina,alla Russia, Cina, India, Arabia Saudita e Africa del Sud, Regno Unito, Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale.

Un insieme di capi di stato e di governo che rappresentano un terzo della popolazione mondiale, il 90 per cento del prodotto interno lordo globale e l’80 per cento del commercio mondiale, ivi compreso quello inter-europeo.
Ma non sarà soprattutto, quella di Obama, una visita attesa con tutta la gioia e l’aspettativa piena di speranza come è stata quella che il presidente non ancora eletto aveva fatto in Francia, Germania e Inghilterra lo scorso luglio. Allora gli animi di quei Paesi erano quasi unanimemente rivolti ad un futuro presidente che avrebbe potuto, con la sua carismatica presenza, far dimenticare la contestata amministrazione Bush.
 
Oggi il clima che accoglie Obama è totalmente cambiato. Se ne sono già viste alcune avvisaglie dalle manifestazioni che molte città europee ed extra-europee hanno inscenato i giorni scorsi. La più significativa e affollata da migliaia di contestatori si è avuta sabato scorso a Londra come riferisce la Cnn, una marcia denominata “Put people first con lo scopo di attirare l’attenzione del G20 su lavoro, distribuzione equa della ricchezza mondiale, rispetto dell’ambiente.
 
Gli striscioni: “Emergenza clima”, “Fine del blocco di Gaza”, “Il Pianeta prima del profitto”, “Non vogliamo pagare noi per la loro crisi”, “Lavoro e non bombe” sono sufficientemente eloquenti per capire il dissenso che una buona parte del pianeta nutre nei confronti dell’Occidente capitalista. E’ una sfida come scrive, il New YorkTimes, che il presidente Obama dovrà affrontare per vincere il risentimento verso un capitalismo di stile americano e la resistenza alle sue ricette in economia.
 
Tuttavia l’opinione di molti commentatori oltre atlantico è che Obama e gli Usa saranno a Londra più per “ascoltare” che per “proporre”. E’ risaputo infatti che, come scrive il Los Angeles Times, parecchi Paesi dell’Unione Europea divergono dagli Usa in tema di economia. Per esempio Francia e Germania dissentono sul richiamo di Obama a spendere di più per sostenere l’economia, mentre addirittura il Presidente Ceco descrive il progetto di Obama come “una strada che porta dritto all’inferno”. E neppure hanno sottoscritto, i leaders europei, il richiamo del Presidente Obama verso un maggiore impegno comune in Afganistan.
 
In ogni caso il G20 sarà una grande occasione di confronto tra diversi indirizzi intesi a far fronte alla crisi economica globale e, per la prima volta nella storia dei Paesi occidentali, non sarà più la sola America a dettare le leggi del mercato e della finanza. 
 

Commenti all'articolo

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.2) 1 aprile 2009 10:54

     Tedeschi da una parte americani ed inglesi, come al solito, dall’altra, con i francesi che cercano di mediare. Questo è lo scenario del confronto in corso in questra tornata del g20. Francesco Giavazzi nell’editoriale del corriere di oggi con un titolo d’effetto "non far morire i mercati" ben spiega la divergenza di fondo.
     Personalmente penso che abbiano ragione gli americani. Una giusta riforma delle regole dei mercati non può non accoppiarsi con la ripresa quanto più rapida possibile degli stessi.
     Diversamente la crisi economica sarà di tale portata che ci impiccheremo con le belle regole nuove.
     Decisiva, come troppo spesso succede in questi anni, sarà la posizione cinese.
     E’ propabile che i cinesi appogino moderatamente gli americani anche perchè se quel mercato non dovesse riprendersi i cinesi pagherebbero un prezzo enorme con le loro smisurate riserve in $.
     Tuttavia la reazione dei mercati di fronte ad un fallimento di questo appuntamento potrebbe aggravare notevolmente la pur pesantissima crisi dell’econmia reale.
     Insomma siamo di fronte ad un momento cruciale della storia di tutt noi, non v’è dubbio.

    • Di virginia (---.---.---.236) 1 aprile 2009 12:51

      Hai ragione, Rocco. E’ davvero un momento cruciale ed io temo molto che questa "ammucchiata" come tutte quelle che in questi mesi l’hanno preceduta a cominciare da Davos, sia più uno show che un vero e proprio impegno. Temo che, se pure a parole si troverà l’intesa, di fatto la realtà possa smentirla.
      Speriamo bene e speriamo che i giornali mainstream non si limitino, come sempre, alle foto di gruppo, tanto ridicole: i piccoli davanti, poi i meno piccoli, e dietro gli spilungoni. Tutti con una faccia allegra che fa pensare ad una scampagnata più che ad un lavoro impegnativo.
      Intanto i Governi tutti insieme spenderanno per questo incontro tanto quanto il solo presidente Obama:20 milioni di dollari. L’opulenza, però, non è più simbolo di potenza. O no?

    • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.2) 1 aprile 2009 13:16

       Il fatto che Obama sia arrivato con 500 persone spiega quanto ritengano importante la cosa gli americani.
       Quel che sta emergendo in borsa è che da soli gli americani non ce la fanno a far ripartire il ciclo.
       Questa è una cosa senza precedenti che dimostra quanto si sia trasformata l’economia planetaria.
       Per un paese esportatore come il nostro questa è un’assoluta tragedia ed anche il nostro governo che ha sempre minimizzato comincia a capire che la politica dello struzzo non funziona.
       Se non circolano i soldi, nel senso che non ci sono acquirenti in giro per il mondo, a chi lo vendiamo il costosissimo made in Italy?
       La gente, anche qui in Agoravox, sembra pensare che questa storia, cioè l’andamento dei mercati, sia semplicemente una cosa da ricchi e non li riguarda. Anche i cartelli come quelli che hai riportato tu, Virginia, la dicono lunga su quanta confusione ci sia in giro. 
       Bisogna sforzarsi di far capire a tutti, a quanti più possibile, che anche se molti di noi non investono in nessun mercato, la relazione tra mercati ed economia reale è così stretta che se vanno male i primi non va certo bene la seconda. un’impresa che vale dimeno vuol dire meno occupazione, meno possiblità di investimenti, ecc.
       Oggi ci si rivolge al governo per tutto: sussidi, sussidi, sussidi...
       Nei talk show tutti chiedono, chiedono come se le risorse fossero infinite, invece si stanno restringendo ogni mese di più.
       Ma chi paga? Meno PIL meno entrate per lo stato è bene ricordarselo e se la crisi si aggrava le entrate, dunque, diminuiscono.
       Allora o lo sforzo concertato rimette in moto le cose, almeno quel tanto che basta per riprendere a muoversi, oppure prepariamoci al peggio.
      Io ho deciso di fare l’orto.........

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