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’Ndrangheta: blitz a Milano e Reggio Calabria. Arrestati anche giudice e consigliere regionale

Col passare delle ore emergono sempre più dettagli in riferimento agli arresti scattati ieri mattina tra Milano e Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta sulla cosca della ‘ndrangheta dei Valle-Lampada, che ha visto finire in manette anche chi, nel gioco di “guardie e ladri”, normalmente dovrebbe stare dalla parte delle guardie.

Alcuni nomi in particolare destano indignazione, per il loro ruolo istituzionale e per i reati che gli vengono contestati. Iniziamo con Giuseppe Vincenzo Giglio, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria. Secondo quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Giuseppe Gennari, Giglio si sarebbe fatto corrompere per favorire la carriera della moglie, Alessandra Sarlo, che è stata dirigente provinciale e nel luglio 2010 è diventata commissario straordinario dell’Asl di Vibo Valentia. Proprio questa Azienda sanitaria provinciale, guarda caso, è stata sciolta nel gennaio 2011 per infiltrazioni mafiose.

Il gip Gennari fornisce un profilo dettagliato di Giuseppe Vincenzo Giglio, che qui riportiamo:
 
"Il giudice Giglio fa la cosa peggiore per chi, come lui, riveste un ruolo istituzionale delicatissimo e di garanzia della legalità: egli strumentalizza il proprio ruolo e la propria autorevolezza per interessi privati... e lo fa con un livello di spregiudicatezza veramente inquietante.

Dietro la veste del garante rigoroso delle istituzioni Giglio accetta ogni compromesso, fornisce notizie riservate ai mafiosi, fornisce notizie parimenti riservate ad un politico, adotta cautele del comunicare degne di un associato a delinquere, richiede favori per la moglie con una protervia che non ammette rifiuto". 

Nell’indagine è coinvolto anche il cugino di Giglio, che di professione fa il medico e che avrebbe appoggiato la candidatura di Leonardo Valle (appartenente all’omonimo clan) in un comune dell’hinterland milanese. L’avvocato di Palmi, Vincenzo Minasi è invece accusato di aver raccolto notizie riservate sul clan Valle, così come il consigliere regionale calabrese del Pdl Giuseppe Morelli
 
Quest’ultimo è accusato anche di concorso esterno in associazione mafiosa e rivelazione di atti giudiziari coperti da segreto. Questa mattina, oltre all’ufficio di Morelli al Consiglio regionale di Calabria, è stata perquisita anche un’abitazione intestata alla moglie a Roma e le sedi di alcune società di cui Morelli avrebbe una partecipazione insieme ad alcuni affiliati della ‘ndrangheta. 
 
Attualmente Morelli si trova nel carcere di Opera a Milano. Tra le figure di spicco indagate c’è anche il gip di Palmi Giancarlo Giusti, corrotto con viaggi e escort in cambio di favori al boss Giulio Giuseppe Lampada
 
In un’intercettazione telefonica tra Giusti e Lampada il gip avrebbe addirittura detto: “Non hai capito chi sono io… sono una tomba, peggio di… ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice”. La famiglia Lampada, intorno a cui ruota tutta l’inchiesta culminata nella giornata odierna, puntava a realizzare una fitta rete di conoscenze imprenditoriali e politiche per agevolare i propri affari, legati in maniera predominante al gioco d’azzardo.
 
Tra le “conoscenze” di cui potevano vantarsi spiccano i nomi di Armando Vagliati, consigliere comunale del Pdl, e Antonio Oliverio, ex assessore provinciale della giunta Penati recentemente assolto nell’ambito delle inchieste “Tenacia” e “Infinito”. Ma non è finita qui: secondo la ricostruzione fatta dal gip Gennari i Lampada nel 2009 avevano intenzione di tentare la scalata ai Monopoli di Stato per ottenere la concessione dei giochi d’azzardo. 
 
A tale scopo, l’ “amico” Giuseppe Morelli, tramite l’onorevole Mario Valducci (Pdl), aveva procurato loro una serie di contatti con i dirigenti stessi dei Monopoli.
 
Giulio Lampada si sarebbe anche incontrato con il sindaco di Roma Gianni Alemanno il quale, del tutto ignaro di chi realmente fosse il suo interlocutore, ne avrebbe tessuto le lodi pubblicamente citandolo ad esempio dell’imprenditoria calabrese.
 
Nulla di strano per Giulio Lampada, boss di primo livello che sa muoversi bene anche in Vaticano, come si evince da un’intercettazione del 9 novembre 2009 nella quale comunica all’avvocato Minasi che il giorno precedente è stato nominato Cavaliere di San Silvestro dal Vaticano, "con nomina del Monsignore Tarcisio Bertone”.
 
E sempre Giulio Lampada, insieme a Leonardo Valle e Raffaele Firminio, secondo il gip Gennari “hanno ostacolato il libero esercizio di voto, in occasione di competizioni elettorali, facendo confluire preferenze su candidati a loro vicini, tra i quali Sarra Alberto, per le regionali in Calabria dell'aprile 2005 (non venne eletto, ndr), attualmente sottosegretario alle Riforme e semplificazione amministrativa (della Giunta regionale, ndr); Alati Giuseppe Adolfo, nelle elezioni al Comune di Reggio Calabria del maggio 2007 e della Regione Calabria del maggio 2010; Oliverio Antonio, alle elezioni per il Comune di Milano del maggio 2006, assessore della Provincia di Milano agli Affari generali, Turismo e moda, fino a maggio 2009; Morelli Francesco, per le regionali in Calabria del marzo 2010, attualmente consigliere regionale”.
 
E ancora: “Zobbi Tarcisio, alle elezioni politiche dell'aprile 2008, consigliere della Provincia di Reggio Emilia dal 2004 al 2009; Vagliati Armando, nelle elezioni alla Provincia di Milano del giugno 2009 e alla Regione Lombardia del marzo 2010; Fedele Luigi, alle elezioni per la Regione Calabria del maggio 2010, attualmente consigliere regionale”.
 
 
Lampada, Valle e Firminio avrebbero anche organizzato eventi e riunioni per i loro amichetti politici in prossimità delle competizioni elettorali, come ad esempio una serata al Café de Paris di Roma qualche giorno prima delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008.
 
A questa serata, in particolare, avrebbero preso parte Francesco Morelli e Vincenzo Giglio (arrestati questa mattina), insieme a Giuseppe Chiaravallori (vice presidente dell’autorità garante per la protezione dei dati personali) e all’onorevole Antonio Buonfiglio, nonché all’allora Ministro delle Politiche Agricole Forestali Gianni Alemanno.
 
Il Café de Paris, ricordiamolo, nel luglio del 2009 venne sottoposto a sequestro in quanto “nella diretta disponibilità della famiglia mafiosa Alvaro e in particolare di Vincenzo Alvaro, attraverso prestanome”.
 
 
(Valentina Magrin)
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